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Il Comune deriva il suo nome dall'antica denominazione "Praum Molle", ad indicare un territorio umido e cedevole dove abbondano le sorgenti, che si riversano nell'alto vallone del Risagliardo, torrente che a San Germano confluisce con il Chisone. Il solco vallivo è stretto al suo imbocco, e poi si distende a ventaglio tra il Castelletto della Vaccera, il Grand Truc e la dorsale di Inverso Pinasca.
Molte sono le borgate sparse sui due versanti del Risagliardo, tanto che non esiste un capoluogo vero e proprio, anche se il Municipio si trova nella piccola borgata di Lussie. Il Comune fu soppresso nel 1928 e accorpato, assieme a Inverso Porte, a San Germano Chisone, e divenne nuovamente autonomo nel 1954. Il suo stemma, che richiama l'antico nome latino della località, raffigura il piccone e la vanga, simboli delle attività locali: il lavoro agricolo e quello minerario.
La Storia
La zona è ricca di incisioni rupestri (Roccho Clapìe - Roccho Vellho ecc.) di cui vanta alcuni reperti fra i più importanti del pinerolese.
Il territorio comunale è legato alle vicende dei Valdesi: Pramollo non fu esente da questo nuovo movimento religioso ma, essendo terra ducale, non fu toccato dalle grandi persecuzioni che raggiunsero la Val Chisone, in particolare Pragelato e le vicine valli francesi Argentière, Vallouise e Freissinière.
Nell'accordo di Cavour del 1561, non essendovi menzionato Pramollo, può ritenersi fosse un'isola rimasta cattolica, attorniata da comunità che hanno tutte aderito alla Riforma: il vallone di Riclaretto, Inverso Pinasca, Angrogna, Roccapiatta, San Germano.
La conversione alla Riforma nel 1573, in seguito ad una disputa, pose alla guida spirituale del vallone il pastore Francesco Garino, in sostituzione al parroco Sincero Biglione e, da tale data, la storia di Pramollo è del tutto simile alle vicine comunità riformate delle Valli.
Durante il XVII secolo l'ordine di demolizione dei templi interessa anche quello costruito nella zona dei Dormigliosi, mette in opera uno sbarramento nella zona ancor oggi chiamata della "Barricata", riuscendo ad impedire l'ingresso nel vallone ai soldati. Ma il tempio sarà, poco tempo dopo, comunque demolito.
Poi è la peste, attorno al 1630, con le sue terribili distruzioni, ad interessare la comunità e la morte di 11 su 13 predicatori nelle Valli, farà affluire ministri di origine svizzera cosicché da allora e fino agli inizi del XX secolo, tutti gli scritti e le predicazioni saranno in francese.
Nel 1686, durante l'eroica difesa di San Germano, le truppe del generale Catinat riuscirono ad aggirare i trinceramenti del luogo (Lâ Baricadda) salendo le pendici del colle Laz Arâ dalla val S. Martino, che già si era arresa. I valligiani si erano rifugiati sulle alture di Pomeano, una vera roccaforte posta a 1003 m, ma furono costretti alla resa. Qui dai soldati francesi vennero trucidate oltre 200 persone, in maggioranza donne e bambini
Costretti all' esilio, i valdesi del vallone vengono sostituiti da famiglie cattoliche provenienti in massima parte dalla Savoia ma, già nel 1689, essi ritornano guidati da Enrico Armaud, sorprendono il presidio sabaudo di un centinaio d'uomini, annientandolo.
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Per tutto il secolo è ancora guerra: prima con la Francia, poi per la successione di Spagna e solo con il XVIII secolo la vita della comunità pare avviarsi ad una relativa tranquillità. Con il 1848 e l'editto di Carlo Alberto, si chiude la pagina dell'intolleranza religiosa.
Nella parte bassa, a Rue, su progetto di Tommaso Onofrio, architetto della Real Casa, viene costruita la splendida chiesa della Natività di Maria Vergine, a pianta poligonale e facciata neoclassica, che conserva in parte (pulpito, battesimale e campana) gli arredi che furono della chiesa di Ruata venduta ai valdesi.
Anche la componente valdese inaugura nel 1845 la sua nuova chiesa a Ruata, di forma circolare con 6 colonne doriche a sostenere un frontone triangolare orientato a valle.
Ma problemi di stabilità del terreno ne consigliarono quasi immediatamente la demolizione e la successiva ricostruzione a breve distanza dove essa è oggi. Inaugurata il 15 agosto 1888, conserva in parte l'ordinanza architettonica della precedente con all'interno il pulpito riccamente scolpito.
Una scuoletta Beckwith in borgata Pellenchi è la sede del Museo Valdese, che, oltre a riprodurre una tipica aula scolastica del secolo scorso, contiene una ricca documentazione sulle scuole valdesi di San Germano e Pramollo ed un archivio fotografico. Lo si può visitare in qualsiasi momento chiedendo la chiave ai vicini.
La grafite, il saras e le rape...
Un tempo nella zona erano attive alcune miniere di grafite, di cui restano ancora alcuni imbocchi di gallerie, qualche baracca di minatori e il complesso estrattivo di Siassera – Vasèt.
Fra le peculiarità della zona non va dimenticato il famoso formaggio “Saras del fen”, una ricotta salata costituita da siero di latte vaccino ovino e/o caprino con l'aggiunta dal 5 al 15 % di latte intero. Durante la stagionatura, che dura dai 25 ai 30 giorni, la ricotta è avvolta in un involucro costituito dal fieno ottenuto da un'erba particolare, che ha il compito di mantenere morbido il formaggio.
Un altro elemento che caratterizza Pramollo è la rapa, che ha generato anche una leggenda:
"Una volta a Peumian, una borgata di Pramollo, piantarono una rapa che divenne così grossa da doverla sterrare facendo scoppiare una mina. Il pezzo più piccolo andò a finire al Vir 'd Gouch (la curva di Malanaggio) e fermò l'acqua del torrente Chisone che straripò ed allagò tutto il paese di San Germano,formando un lago.
Da allora San Germano diventò "la babiera", cioè l'ambiente in cui vivono bene i rospi, i sangermanesi di conseguenza vennero chiamati "babi".
Gli abitanti di Pramollo invece furono soprannominati "rava" perché il loro territorio era tutto cosparso di pezzi di rapa, in seguito alla scoppio di quella di Peumian…"
Le incisioni di Roccho Clapìe
Roccho Clapìe (1500 m) è un monumento imponente sito sulla destra orografica del torrente Risagliardo, di fronte a Roccho Vëllho e punto di intersezione di tre itinerari.
Presenta su un'area di 24 mq oltre 700 incisioni di epoca differente: coppelle emisferiche raggruppate o disposte geometricamente, segni cruciformi, simboli solari, canaletti, asce, che fanno di questa roccia uno dei complessi monumentali più importanti delle Alpi Occidentali, studiato a fondo dal CeSMAP negli anni '70.