Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Un antico mulino ad acqua del 1884, il primo che in valle viene recuperato non soltanto per fini didattici. Una collaborazione avviata con gli agricoltori e gli artigiani del territorio, per una filiera alimentare tutta (o quasi) valsusina. E soprattutto la passione e l’entusiasmo del suo fondatore, Massimiliano Spigolon, che si è dato l’obiettivo di far rivivere in Valle di Susa la coltivazione di grani e cereali antichi, un patrimonio da riscoprire e valorizzare.
Queste le caratteristiche del Mulino Valsusa, un progetto che Massimiliano ha battezzato “Per un futuro più buono”: promuovere un gusto ed una salute migliore portando in tavola pani e dolci realizzati con prodotti coltivati sul territorio e valorizzando la biodiversità.
Le farine macinate a Bruzolo finiranno infatti non solo nelle nostre case ma soprattutto in panifici, pastifici, pasticcerie, pizzerie e ristoranti del territorio: moltissime sono le collaborazioni che sono nate e che nasceranno, sia con soggetti pubblici che con i privati. «Vogliamo essere un progetto in grado di generare entusiasmo e ravvivare le collaborazioni, capace di sviluppare filiere corte e produzioni agricole locali – ci dice Massimiliano. - Per questo abbiamo incontrato e condiviso il progetto con moltissime persone, cercando di coinvolgere tutta la filiera».
Al Mulino Valsusa si lavorano grani antichi, tradizionali e moderni: molti arriveranno dalla Valle di Susa proprio grazie a queste importanti collaborazioni con gli agricoltori del territorio. Per ora i coltivatori sono una decina, e grazie a loro i terreni seminati con antiche varietà sono passati in un anno da 6mila a 120mila, ed hanno coinvolto sia la bassa che l’alta valle.
Tutti i contadini che hanno aderito a questa collaborazione sanno che il Mulino Valsusa non li lascerà soli, anzi li aiuterà nel raccolto. Per questo è stata acquistata dal Giappone una speciale trebbiatrice parcellare in grado di lavorare piccoli terreni, che può quindi essere utilizzata anche in montagna.
Per ora vengono commercializzate due farine, dai nomi molto particolari: Facondia e Prosperosa. «Sono nomi italiani in disuso che cerchiamo di recuperare, esattamente come facciamo per i grani», spiega Massimiliano. Entrambe le farine sono declinate in diverse varianti (con più o meno crusca) e sono il frutto di una lavorazione che unisce tradizione e tecnologia, ovvero macine in pietra naturale e strumenti tecnologici per un miglior controllo e automatizzazione dell’attività.
La molitura a pietra consente di macinare i chicchi interi: in questo modo il germe e la crusca si amalgamano con la farina. La scarsa velocità della ruota mobile mantiene bassa la temperatura durante la molitura, e fa sì che la farina non corra alcun rischio di surriscaldamento, preservandone al meglio le qualità organolettiche e le proprietà nutrizionali ed ottenendo farine non impoverite di vitamine e proteine.
Ma non ci si ferma qui: l’obiettivo è quello non solo di ampliare le superfici coltivate, ma anche di affiancare a queste farine altri prodotti, grani antichi, castagne, antichi mais piemontesi, per i quali sono già partiti i primi test. Perchè il futuro deve essere più buono per tutti.