Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Da oltre cent'anni, a fasi alterne, la famiglia di Giuliano Bosio ha coltivato la vite sulla collina di Almese, in piccole quantità per lo più destinate al consumo di famigliari, parenti e amici.
Il ciclo si era però interrotto negli anni sessanta del secolo scorso, quando le difficoltà date dalla piccola superficie fondiaria, dall'impossibilità della meccanizzazione e dall'onerosità dei trasporti, dovuti alla sfavorevole morfologia del territorio, spinsero all’abbandono ed al trasferimento nelle aree di pianura, allora in crescente fase di industrializzazione.
Giuliano Bosio, ex sindaco di Almese con un passato lavorativo nel settore dell’industria automobilistica, non dimentica però le tradizioni e nel 2004 fonda Agriforest, una piccola azienda agricola rivolta al recupero del territorio.“Ero mosso – ci racconta – da ragioni sentimentali di recupero dell'ambiente e del paesaggio agrario, che nel frattempo aveva visto ettari di vigna e castagneti trasformarsi in boscaglie impenetrabili infestate da robinie, frassini e rovi.
Volevo inoltre migliorare l’utilizzo dei 15 ettari di proprietà, che abbiamo rimesso a coltura recuperando circa 3 ettari di terreno abbandonato, convertito a vigneto, uliveto, noceto e frutteto con la massima attenzione al rispetto dell'ambiente: la conduzione delle vigne, dalla potatura alla raccolta, è tutta rigorosamente manuale, i filari sono inerbiti per evitare l'erosione del terreno e per la concimazione si utilizzano solo concimi di origine organica”.
Giuliano decide, nelle sue vigne poste a 400 e 600 metri di altitudine, di mettere a dimora vitigni autoctoni come Avanà e Becuet, e incontra il Baratuciat proprio mentre viene riscoperto grazie all’almesino Giorgio Falca, agli enti locali e all’università. “Lo assaggiai ad una presentazione ad Almese, con Petrini e Massobrio - racconta Giuliano -e ne rimasi folgorato. In quel momento decisi che sarebbe stato il vino che avrei prodotto e nel 2007 ne misi a dimora 400 piante, che ora sono diventate 4000”.
Il Gesia Veja, Baratuciat in purezza dai profumi di biancospino, sambuco, eucalipto e mela verde, dal sapore secco, ben strutturato e leggermente ammandorlato, in questi anni ha avuto numerosi riconoscimenti, come la medaglia d’argento a Londra al Decanter World Wine Award sia nel 2018 che nel 2019, e le massime quattro stelle della Guida dei Vini buoni d’Italia 2019 e 2020 del Touring Club.
Gli altri vini dell’azienda sono il rosso Le Mute, in cui la freschezza e l’acidità dell’Avanà si fondono con il colore, la struttura e la moderata acidità del Becuet, e La Goja, un rosato da vitigni Syrah con profumi delicati di rosa canina, ribes rosso e lampone.
A questi si sono recentemente aggiunti il Prussian, rosso 100% Becuét, e lo spumante Cin Cin Nato, il primo "metodo classico", ovvero Champagne, esistente al mondo da uve Baratuciat: Blanc de Blancs, Pas dosé, Brut, millesimato, 15 mesi in vetro, 12,5°. E non è tutto: nelle cantine di Bosio si stanno affinando anche le prime bottiglie di Passito, sempre ricavato dalle "mitiche uve Baratuciat".
Capriolo tra gli ulivi
Giuliano Bosio produce inoltre Olio extravergine da degustazione, da cultivar Leccino e Peranzana. Questi oli, dove il fruttato, il piccante e l’amaro sono sempre in giusto equilibrio, sono caratterizzati da una bassissima acidità, che di anno in anno varia dallo 0,03% addirittura allo 0,00%.
Gli olivi in produzione sono circa un centinaio, posizionati, a partire dal 2002, a 450 e 600 metri di altitudine, ed altri cento di “Leccio del corno” stanno per essere messi a dimora.
Non resta quindi che attendere le nuove produzioni di vino ed olio del vulcanico Giuliano Bosio certi che, come sempre, sapranno sorprendere il nostro palato e allietare la nostre giornate.