Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Dal secondo dopoguerra fino agli anni '70 i comuni di Almese e Villardora sono stati, dopo Pecetto, il principale bacino di raccolta delle ciliegie (cirese in piemontese, ciarèsi nel dialetto almesino) destinate al consumo di Torino e della “prima cintura”.
In quegli anni nelle sere dei fine settimana, dalla prima decade di maggio alla fine di giugno, in piazza Martiri ad Almese e davanti alla “Cooperativa” di Villar Dora si svolgeva il mercato delle ciliegie, in entrambi i casi sotto ai platani tuttora esistenti.
Al mercato i “particolari” (le famiglie e le piccole imprese agricole) vendevano le ciliegie “all’ingrosso”, ossia a “grossisti” che le avrebbero poi rivendute a negozi e ristoranti. Ovviamente in questo caso i prezzi che si potevano spuntare erano molto al di sotto di quello che si poteva realizzare vendendo i frutti direttamente ai consumatori.
Le ciliegie di Almese.
Per questo, nei weekend, i raccoglitori ed i proprietari che avevano a disposizione mano d'opera poco efficiente (anziani e giovincelli), mandavano questi ultimi a vendere direttamente il prodotto sulle strade di grande passaggio. Nel caso di Almese ci si piazzava tutti ai bordi di via Avigliana, allora strada provinciale Colle del Lys.
Anche io, quando avevo 12-13 anni, ero fra questi “inviati”. Munito di pesa, sacchetti di carta e cesti pieni di ciliegie appena raccolte e ben disposte sul bordo del piano stradale, mi disponevo in piedi dentro al fosso laterale per la raccolta delle acque.
La ricompensa era la differenza fra il prezzo all'ingrosso ed il prezzo spuntato nella vendita diretta, e per me il ricavato bastava per tutto l'anno all'approvvigionamento personale degli extra: gelati, gazzose, figurine, giornaletti, prime sigarette in bustina da cinque, eccetera… A quell’epoca infatti non era uso da parte dei genitori dare soldi per il “pocket money”, e gli studenti come me la “paghetta” se la dovevano guadagnare.
Via Avigliana in una cartolina degli anni sessanta.
Il prezzo spuntato su strada ai "duminichin" (turisti della domenica) era di 120 lire/kg. Dai grossisti, a seconda dello stato di qualità della ciliegia e del tipo di cultivar, si ricavava dalle 60 alle 70 lire al kg. I negozi le vendevano a 150 lire/kg, mentre oggi ciliegie simili si possono acquistare a tra . il prezzo è 'solo' 10÷12 volte di più di allora mentre l'inflazione a occhio é stata molto di più(bisognerebbe controllare).
Era la fine degli anni '50: mio padre, operaio alla Fiat, guadagnava 60.000 lire al mese. Con questa cifra in negozio avrebbe acquistato 400 kg di ciliegie; oggi invece, che costano tra i 6 e gli 8 euro al chilo, per acquistarle ci vorrebbero 2.500 - 3.000 euro, una cifra ben superiore allo stipendio mensile di un operaio.
Molto importante era scegliere il miglior periodo di raccolta dei frutti, per poterli vendere bene. La cosa più importante era raccoglierle prima della pioggia, per evitare che assorbissero troppa acqua: in questo caso l’esposizione al sole le avrebbe irrimediabilmente spaccate...
Come predire la pioggia in mancanza del Web? Semplice: si osservava il comportamento delle formiche: quando correvano forsennate avanti e indietro verso e dal formicaio… era pioggia sicura!
La dolcezza si misurava con il palato, mentre per testare la perfetta maturazione si procedeva in due modi. In primo luogo si sezionava qualche campione per controllare l'uniformità di colore e l'assenza di inizi di pur minime marcescenze. In questo modo si sarebbe anche scoperta la presenza di gianìn, piccole larve bianche di Dittero Rhagoletis Cerasi, dette appunto "giovannini", gianìn in piemontese, perché tendono a comparire a fine giugno, dopo la festa di San Giovanni.
LEGGI ANCHE: Le ciliegie, i “gianin” e la ricetta del Ratafià
Si procedeva poi con la “prova dinamica dell'elasticità”, premendo con il polpastrello (la maturazione era perfetta se la superficie premuta rientrava velocemente), e con quella della croccantezza, ovviamente da effettuarsi con i denti...
E quelle per il consumo famigliare? Niente di tutto ciò: le migliori avevano preso la via del mercato e si mangiava il resto, quel che era rimasto: belle e brutte, chiare e scure, lesionate e non. Ed alla peggio le peggiori si potevano sempre sputare...
Giuliano Bosio, ex sindaco di Almese con tradizioni famigliari nell'agricoltura ed un passato lavorativo nel settore dell’industria automobilistica, nel 2004 ha fondato Agriforest, un'azienda agricola che produce vino e olio.
SCOPRI DI PIÙ: Giuliano Bosio, Vino e Olio in Valsusa