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Avete presente quel tipico panorama invernale caratterizzato da alberi completamente bianchi, che sembrano ricoperti da uno strato di neve? Questo fenomeno, che in meteorologia viene definito galaverna (o calaverna) è semplicemente un deposito di ghiaccio su oggetti esterni, che si verifica quando la temperatura dell’aria scende al di sotto dello zero e vi è concomitante presenza di nebbia.
Praticamente, le goccioline d’acqua dell’atmosfera diventano ghiaccio e vanno a ricoprire alberi, tetti delle case, automobili e tutto quanto incontrino sul loro percorso. Non si tratta di uno strato pesante, è un leggero deposito semplice da rimuovere, che ammanta di fascinoso bianco il paesaggio circostante.
Galaverna (questa foto e quella sopra al titolo sono di Elio Pallard).
Brina, galaverna, calabrosa o neve chimica?
Molti confondono galaverna e brina, ma si tratta di due fenomeni diversi: la brina, infatti, è un congelamento del vapore sulle superfici a seguito della perdita di calore conseguente alla notte.
La galaverna, invece, si verifica quando, a temperature inferiori allo zero, le gocce d’acqua, prive di sali e impurità, non si ordinano tra di loro dando vita ad un cristallo, ma rimangono in stato liquido. Se subentra un elemento disturbante, ad esempio un soffio d’aria, l’equilibrio viene sconvolto e si formano delle concrezioni di ghiaccio che ricoprono le superfici: ecco spiegata la formazione del candido velo glaciale.
Galaverna sulle montagne di Chianocco (Dante Alpe).
Lo stesso procedimento, a contatto con il vento intenso delle alte quote, dà origine alla calabrosa: in questo caso l’acqua sopraffusa nella nebbia, sollecitata dal vento, crea una crosta ghiacciata al cui interno sono racchiuse bolle d’aria che la rendono simile ad una spugna. La calabrosa ricopre le croci poste sulle vette, ma anche le superfici degli aeromobili.
La neve chimica, invece, è tipica delle zone caratterizzate da elevato inquinamento atmosferico, ad esempio la Pianura Padana. Si tratta di una precipitazione che avviene in assenza di perturbazioni ma in presenza di nebbia fitta: laddove si concentrano elevato inquinamento e temperature particolarmente rigide, il particolato atmosferico e i fumi aziendali vengono avvolti da cristalli di ghiaccio che cadono a terra simili a neve. Quella che si è soliti definire neve chimica nel gergo scientifico si chiama in realtà “neve da nebbia”.
Etimologia incerta, ma fascino garantito
Alcuni pensano che galaverna sia un’espressione dialettale. Questa convinzione non è completamente errata, in quanto il termine è stato inserito nei dizionari di lingua italiana soltanto a partire dal 1970. Prima, era diffuso nella parlata piemontese, ligure ed emiliano-romagnola come galaverna e nel lessico veneto e dell’Italia centrale come calaverna.
L’etimologia incerta ha alimentato alcune discussioni, ma l’ipotesi più probabile è che la parola derivi dal germanico cala, caligo, ovvero nebbia e dal latino hibernus, ovvero inverno ma anche gelo.
Meno scientifica e decisamente più poetica è invece l’interpretazione della parola galaverna alla stregua di un addobbo del gelo, una sorta appunto di “gala” invernale.
Nel linguaggio marinaresco la calaverna è la fodera in tela con cui si protegge l’asta del remo dalla sfregamento cui è sottoposto.
Galaverna sopra le nuvole (Gianluca Vinassa).
Ma la galaverna trova applicazione anche in agronomia. In questo caso si tratta di un procedimento indotto, specialmente nel periodo primaverile, che consiste nello spruzzare acqua sulle piante per preservarle dalle gelate sfruttando la liberazione del calore di brinamento. Così facendo si limita il tempo di esposizione della pianta alle temperature sotto zero. Non tutti vedono di buon occhio questo provvedimento, ritenendo che il volume dell’acqua che solidifica in alcuni casi possa arrecare danni ai germogli.
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Senza dilungarsi in analisi etimologiche o dissertazioni tecnico scientifiche, appare evidente l’aspetto più affascinante della galaverna: questo strato ghiacciato, tipico delle aree alpine e appenniniche ed indice di tempo stabile e anticiclonico, dimostra come il freddo possa disegnare incantevoli opere d’arte stratificate che rendono fiabesco il panorama circostante.
Miracoli di Ghiaccio (Stefano Zanarello).