Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Le testimonianze artistiche riconducibili al periodo romanico lasciano intendere una gravitazione della Valle di Susa – e nello specifico delle prestigiose istituzioni monastiche che la costellano – verso l’area lombarda, seppure con significative eccezioni.
Lo dimostrano gli affreschi del sottotetto dell’attuale battistero di San Giusto a Susa, raffiguranti gli Apostoli in trono e i presunti committenti (tra essi sarebbe riconoscibile Olderico Manfredi, uno dei fondatori di San Giusto), databili entro il primo quarto dell’XI secolo, il velario affrescato sulle pareti della sala alla base del campanile e il coevo fregio sul fianco esterno sud della cattedrale (1020-1030 circa), riportato alla luce dai recenti restauri.
L’ambito culturale risulta immutato, pur nella ricchezza di riferimenti al contesto austriaco, nelle pitture che ornano la cappella di Sant’Eldrado all’abbazia della Novalesa, commissionate tra il 1096-1097 dall’abate Adraldo di Breme, del quale sono stati sottolineati gli stretti contatti con Odilone di Cluny e Pier Damiani.
Susa, Museo Diocesano. Bronzista lombardo-piemontese, Picchiotti Toro e leone, 1130 c.a.
Il confronto con le sculture lapidee e con l’oreficeria di poco successive amplia gli orizzonti. Si guardi alla porta dello Zodiaco della Sacra di San Michele scolpita da un atelier all’interno del quale si impone la personalità del magister Nicolò (il cantiere clusino si situa a cavallo dell’attività per le cattedrali di Piacenza e Ferrara) e ai contemporanei picchiotti in bronzo di orafo lombardo (1120-1130), facenti parte del Tesoro della Cattedrale di San Giusto oggi esposto al Museo Diocesano di Susa, alla cassa reliquiario di sant’Eldrado conservata nella parrocchiale della Novalesa, ricondotta a orafo mosano-renano del XII secolo, all’altare marmoreo scolpito per i Benedettini di San Giusto da Pietro da Lione a inizio Duecento, per concludere con la statua lignea della Madonna del Ponte (XII secolo) nella quale si fondono lontane reminescenze, lungo le rotte dei pellegrinaggi medievali, attraverso l’Alvernia e sino alla Spagna.
Novalesa, Urna di S.Eldrado, XII sec.
Fra Tre e Quattrocento spiccano gli elementi unificanti l’alta e la bassa Valle, all’insegna delle scelte di gusto operate dalla corte dei Savoia divenute trainanti. Si legga in questa ottica la presenza ad Avigliana, in San Pietro, degli affreschi del Maestro di Tommaso d’Acaia (1348- 1362), artista presente pure alla Novalesa tra il 1360-1370, negli anni della reggenza dell’abbazia da parte dell’abate Rufino Bartolomei.
L’alessandrino Giacomo Pitterio (del quale conosciamo il modo di operare sia su tavola sia ad affresco), nei decenni a cavallo tra XIV e XV secolo viene chiamato a operare a Sant’Antonio di Ranverso, in San Pietro ad Avigliana, alla Sacra di San Michele (si veda il polittico oggi alla Galleria Sabauda di Torino), nella cappella di Nostra Signora delle Grazie a Plampinet (una frazione di Névache, nella Vallée de la Clarée), e in quella di San Martino a Le Monetier-les-Bains, presso Briançon.
Celeberrima l’attività del torinese Giacomo Jaquerio in Valle di Susa. Nella chiesa della precettoria antoniana di Sant’Antonio di Ranverso lascia la sua firma in presbiterio, sotto la Madonna in trono, poi, con qualificati collaboratori, porta a termine più campagne decorative, tutte successive il 1406. Jaquerio viene chiamato alla Novalesa dal priore Vincenzo Aschieri di Giaglione per dipingere il polittico dell’altare maggiore (si vedano le tavole superstiti di San Pietro salvato dalle acque e San Pietro liberato dal carcere pervenute alla Galleria Sabauda).
La presenza di affreschi del Maestro di Lusernetta (dalla vicina Val Pellice), sull’arcone della cappella di San Mauro in San Giusto di Susa, dimostra la fortuna degli artisti di osservanza jaqueriana.
A riprova della disinvolta mobilità degli artisti di fama internazionale nel corso del XV secolo concorre la figura del tolosano Antoine de Lonhy. Nel 1462 il pittore è a Barcellona, ma il documento che lo cita lo dice residente ad Avigliana. Tracce dell’attività di Antoine si hanno a Foresto (Bussoleno), nella cappella della Madonna delle Grazie, alla Novalesa, con gli affreschi del presbiterio (teoria di Santi benedettini) e della cappella Provana, mentre al tardo polittico ora in parrocchiale a Novalesa – già all’abbazia – il de Lonhy dovette lavorare con l’ausilio di collaboratori.
Foresto, Cappella della Madonna delle Grazie. A de Lhony (?), S. Caterina, S. Bartolomeo e S. Pietro Martire.
San Giorio, Cappella di San Lorenzo. Cavalcata dei tre vivi e dei tre morti (part.), 1330 ca.
Con la metà del XV secolo si consolida la fama di botteghe itineranti locali, in grado di fondere i più svariati apporti culturali. Tra queste spicca, anche per quantità di testimonianze pervenuteci, la bottega famigliare dei Serra, originari di Pinerolo. Ad ancorarli alla Valle di Susa è in primo luogo un documento del 1466, secondo il quale a Bartolomeo Serra viene commissionato un dipinto per l’altare maggiore della parrocchiale di Bussoleno, ora scomparso; estremamente diramata la mappa delle loro presenze: da San Pietro di Avigliana (Storie di san Giuseppe e della Maddalena), alla cappella di San Sebastiano a San Giorio, all’Entrata di Cristo in Gerusalemme affrescata sulla porta d’ingresso dal battistero in San Giusto a Susa, alla cappella di Sant’Antonio Abate a Jouvenceaux presso Sauze d’Oulx.
Gli stilemi della produzione dei Serra sono inoltre fatti propri dagli anonimi maestri noti con gli pseudonimi di Maestro di Ramats e del Coignet e Maestro di Savoulx, operanti presso le parrocchiali di Savoulx e Rochemolles e presso le cappelle campestri di Ramats (Sant’Andrea), Melezet (San Sisto e N.D. du Coignet), Millaures (Horres).
Chiomonte, fraz. Ramats, Cappella di S. Andrea. Storie di S. Andrea, 1480-90.
Parallelamente a queste vicende resta saldo l’orientamento filofrancese di parte della committenza valligiana, come dimostrano gli affreschi della cappella del conte di San Giorio (commissionati intorno al 1328 da Lorenzetto Bertrandi), il coro ligneo di San Giusto di Susa, scolpito in anni non lontani dal 1320, le cui scelte iconografiche ben si addicono a un codice miniato, data la ricchezza di drôleries profuse sul pannello di baldacchino, il trittico del Rocciamelone, donato nel 1358 da Bonifacio Roero, ricco mercante e banchiere astigiano che opta per un orafo fiammingo, mentre negli ultimi decenni del XIV secolo si sceglierà l’argentiere presumibilmente lombardo Iohannes Bos de Zuinich per la croce processionale del Tesoro della Cattedrale segusina.
Susa, Cattedrale di San Giusto. Particolare del fregio del coro ligneo.
Assai articolato il fronte della scultura: se è ritenuto franco-piemontese lo scultore dei capitelli del presbiterio di San Giusto (intorno al 1320), la testa di uomo barbuto oggi in Museo Diocesano, databile tra 1365 e 1370, denuncia la gravitazione verso l’area francese di maestranze locali che ormai hanno sviluppato un’alta capacità professionale.
L’ancona in alabastro già all’altare della cappella della Vergine alla Novalesa (oggi smembrata tra Musei Civici di Torino, collezioni private e Museo Diocesano) è invece assegnata a bottega inglese della seconda metà del Quattrocento e rientra nel novero degli arredi offerti dalla famiglia Provana.
Novalesa, Cappella di S. Eldrado, Cristo Pantocratore, 1096-97.
Museo Diocesano. Scultore franco-catalano, Madonna del Ponte, XII sec.
Testo e foto tratti dalla guida "Valle di Susa, Itinerari di Cultura e Natura Alpina", realizzata a cura del Progetto "Valle di Susa, Tesori di Arte e Cultura Alpina" nel 2010.