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A Banda, frazione di Villar Focchiardo, il tempo sembra essersi fermato: il piccolo borgo, costituito da vecchie case di pietra, è pervaso da un fascino antico e suggestivo.
Il luogo, a 670 metri di altezza, nasce nel 1205, come possedimento della Certosa di Monte Benedetto ad un'altitudine più bassa e più accessibile e acquisisce progressivamente importanza grazie alla vicinanza con il fondovalle e le sue terre più ricche e produttive ed alla coltivazione della vite e del castagno: i superbi alberi che si vedono tuttora nei suoi pressi sono la testimonianza di quella presenza certosina.
I Monaci danno vita ad una vera e propria azione di accaparramento: nei consegnamenti del 1300-400 i castagneti sono molto numerosi in quota e a valle, ma la maggiore concentrazione si raggiunge attorno a Banda e all’altra grangia, Comboira.
La Certosa di Banda in una carta del 1700.
Il processo di accorpamenti di lotti e relativi diritti su Banda inizia, in realtà, nel 1201 con l’acquisizione, dal “dominus” Chiaberto di San Giorio, di un fondo. L'11 febbraio 1205 Enrico Visconte di Baratonia e Consignore di Villar Focchiardo vende ai Certosini tutti i suoi diritti sul luogo. Il 19 febbraio questi comprano altri caseggiati da un certo Bernerio di San Giorio e dai suoi figli.
Banda è ora una grangia che funge da casa bassa e granaio monastico. Qui si curano anche i monaci della Certosa superiore, vi trascorrono l'inverno i più anziani e sostano i pellegrini che desiderano salirvi.
Le grange in origine sono un semplice luogo di raccolta dei prodotti, poi diventano un vero punto di coordinamento delle attività di una certa zona. Impianti equiparabili alle odierne aziende agricole: collocate nelle zone di influenza della certosa, dotate di strutture, di personale e gestite da un converso chiamato frater grangerius.
Durante il primo mezzo secolo di vita di Monte Benedetto, Banda, assieme a Comboira, fa da filtro e protegge la solitudine dei Padri: la maggior parte degli atti monastici sono rogati in questi luoghi.
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La prima richiesta di trasferirvi la Certosa è del 1430, ma è respinta dal Capitolo Generale dell’Ordine. Nel 1461 i Padri, sempre più disagiati nella loro sistemazione di Monte Benedetto, protestano rifiutandosi di recitare l’Ufficio e celebrare la Messa comune. Un atto con i Canali, allora signori di Villar Focchiardo, è stipulato, il 16 febbraio 1468, nella camera del Priore di Santa Maria di Monte Benedetto a Banda: forse alcuni monaci, o magari solo il Priore vi soggiornano già stabilmente nel periodo invernale. Altri rifiuti seguono nel 1473 e nel 1488.
Finalmente il 15 maggio 1498 l’autorizzazione è concessa: il provvedimento è ufficialmente motivato dal degrado degli edifici della Casa Alta e dalla necessità di ricostruirli in un luogo protetto dalla minaccia delle acque.
Due anni dopo il trasferimento è completato: quella che prima era una grangia ora è una Certosa pur rimanendo molto simile alla sua configurazione primitiva. È unica nel suo genere: questo ne renderebbe importante e necessaria la conservazione. Monte Benedetto è ridotta ad edificio per attività silvo-pastorali ed affidata al Procuratore.
Il Priore, non molto tempo prima del trasferimento a Banda, ha ampliato e riqualificato la primitiva costruzione, per fare posto all'intera Comunità: esistono già cinque celle e probabilmente rimangono tali di numero, un chiostro eretto nel 1435 e a una piccola foresteria che ora è ampliata. Si costruisce anche un mulino.
La chiesa intitolata alla Madonna degli Angeli, situata su un roccione a strapiombo, è eretta già fra il 1200 e il 1250, sicuramente ad uso dei Conversi e probabilmente del Procuratore, del Priore e di altri Padri quando si recano alla grangia. È in stile romanico ed è orientata.
Con il trasferimento i monaci si portano dietro il coro ligneo, a diciannove sedute, della chiesa di Monte Benedetto: è semplicissimo con stalli chiusi da profondi baldacchini ed è ritenuto uno degli arredi liturgici più antichi in territorio piemontese.
È realizzato con due tipi di legno, abete bianco e noce: i Certosini possiedono una segheria in loco e le specie arboree utilizzate sono presenti nell’area, questo porta a pensare che la realizzazione sia opera degli stessi religiosi. È ora ricollocato, dopo il restauro del dicembre 2011, avvenuto nei laboratori della Fondazione Centro per la Conservazione ed il Restauro per i Beni Culturali “La Venaria Reale”, presso la chiesa parrocchiale di Villar Focchiardo.
Altri arredi sono trasferiti altrove, come l’Adorazione del Bambino di Defendente Ferrari, del 1518-20, ammirabile nella sacrestia della cattedrale di San Giusto a Susa.
La struttura del nucleo odierno di Banda, adibita a cascinale ma per lo più in stato di decadimento ed abbandono, ricalca in parte la tipologia dell’antica Certosa: vi possono essere ancora individuati i resti del chiostro, la foresteria, la zona adibita alle celle dei monaci.
Parecchie sono le liti che intercorrono fra la Certosa e gli uomini di Villar Focchiardo. Sono giorni tristi per il Piemonte: pestilenze e scorrerie degli eserciti imperiali e francesi che se ne contendono il possesso. I privilegi e le esenzioni di cui ha sempre goduto la Certosa hanno ora poco valore.
La permanenza dei monaci a Banda dura poco più di cento anni: nel 1598 si trasferiscono ad Avigliana presso il convento degli Umiliati.
Nel 1630, a causa dell’ennesima guerra i Certosini rientrano però a Banda. La Comunità qui si considera “passeggera e raminga”, in attesa di una sistemazione definitiva e soprattutto meno disagiata. Il 12 dicembre 1637 il Priore, Don Pietro Caldera, sigla un accordo con l’Abate Commendatario di Novalesa e Arcivescovo di Torino, Antonio Provana dei Conti di Collegno, per il trasferimento dei suoi Padri e Conversi in quell’abbazia, dove vi sono rimasti solo tre monaci.
Ha l’approvazione di Grenoble, ma non se ne fa nulla: la Duchessa reggente di Savoia Maria Cristina di Francia, “Madama Reale”, vedova di Vittorio Amedeo I, a cui spetta l’ultimo consenso, è impegnata nelle lotte di successione con i cognati e abbandona, con il figlio, il Piemonte per la corte francese. Nel settembre 1640 rientra a Torino, ma non prima di aver visitato, il 7 e l’8, la Grande Chartreuse a Saint-Pierre-de-Chartreuse, nei dintorni di Grenoble, Casa Madre dell’Ordine Certosino, dove fa voto di costruirne una simile a Torino.
Il 6 marzo 1641, allo scopo, acquista da Ottavio Provana Conte di Collegno Palazzo Data. Nell'acquisto sono comprese le pertinenze, il giardino e i boschi: 7 giornate, 70 tavole e 9 piedi. Il 30 aprile il comune di Collegno aliena al patrimonio ducale 35 giornate e 18 tavole di terreni circostanti e 38 giornate fuori dall’abitato.
Il 23 febbraio 1643 muore il Priore di Banda ed i monaci, per ordine di Padre Argentino, Jean Marcelain, superiore Generale dell’Ordine, sono trasferiti a Collegno assieme a quelli della Certosa di Mombracco. Fabbricati e terreni legati a Monte Benedetto e Banda sono incamerati nel patrimonio del nuovo monastero: è il Procuratore di quest’ultima ad amministrare tutti i beni rimasti in Valle Susa.
Il 5 gennaio 1801, con l’invasione delle truppe napoleoniche, la Certosa è soppressa: diventa sede dell’Università degli Studi. Monte Benedetto è venduta a privati: i nuovi proprietari vi eseguono lavori per adattarla a cascina. Banda e la grangia di Moschiglione, come già Collegno, rimangono allo stato.
L’ateneo rientra a Torino nel 1814 con la restaurazione sabauda. L'amministrazione delle Finanze dello Stato, il 20 febbraio 1816, la restituisce ai Certosini. Banda e Moschiglione, nonostante le insistenze dei monaci, sono affidate al capitolo di San Giusto di Susa.
Il 29 maggio 1855 la Legge Rattazzi, che sopprime alcune comunità religiose, scaccia definitivamente i Certosini da Collegno che diviene, dal 1856, sede dell’Ospizio dei Pazzi. Moschiglione e la Certosa di Banda, incamerate nuovamente dal governo, sono vendute a privati. La chiesa di quest’ultima è affidata alla parrocchia di Santa Maria Vergine Assunta di Villar Focchiardo che a fine 1800 la riapre al culto.
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Foto di Claudio Rosa