Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Probabilmente è la favola di Esopo, poi rimaneggiata da Jean de la Fontaine ed altri autori, ad averci dipinto la cicala come esempio di sfaccendatezza, paragonandola all’operosa formica che invece si dà da fare tutto l’anno e, alle soglie dell’inverno, ha accumulato grandi provviste per affrontare i mesi freddi.
In realtà il canto delle cicale, che ci accompagna per tutta l’estate, è uno dei suoni naturali più piacevoli e rilassanti da ascoltare, frutto di grande laboriosità.
Le cicale, appartenenti alla famiglia delle Cicadidae, friniscono incessantemente, con maggiore o minore intensità, in virtù dell’organo stridulatore che i maschi hanno collocato sotto l’addome. Sono gli esemplari maschili a produrre il caratteristico ed incessante concerto delle giornate calde, mentre le femmine, sfregando le ali, danno vita ad un suono secco, più difficile da percepire, che può ricordare uno schiocco di dita.
Ciò che a noi sembra un semplice canto è in realtà un richiamo sessuale per le femmine, prodotto dalla vibrazione delle lamine tese dai tendini, a loro volta collegati a muscoli laterali dell’addome. L’insetto fa vibrare queste lamine profondendosi in un vero e proprio concerto in grado di attirare la femmina: il suono è amplificato, anche fino a 20 volte, dai due timpani, impiegati come fossero casse armoniche ed ospitati dalla zona addominale in cui è presente una sacca aerea. Una volta richiamata la compagna, tra i due sessi avverranno le fasi di corteggiamento, accoppiamento e successiva deposizione (24 ore dopo) delle uova su ramoscelli o sterpi.
Vive dapprima sottoterra e poi all’aperto
La cicala ha una testa tozza, con due occhi dotati di una vista eccezionale e complessivamente misura da 2 a 4 centimetri. Le larve, appena nate, vivono a lungo sotto terra: in alcune specie questa fase dura anche qualche anno. Concluso questo periodo, la cicala uscirà dal suolo scegliendo un albero sul quale procedere alla muta.
Da ninfa, nell’arco di poche ore, si trasformerà in insetto pronto al volo, cambiando anche il suo colore: inizialmente verde-azzurro, diverrà poi marrone, tonalità che conserverà fino alla morte.
Cicala (Photo by Bill Nino on Unsplash).
Durante la permanenza sotterranea la cicala corre il rischio di venire predata dalle talpe, mentre all’aperto è minacciata dagli uccelli. Quando è ormai divenuta insetto si nutre di linfa vegetale, alimentandosi tramite il rostro, una sorta di proboscide che inserisce nella corteccia della pianta. Per questo può anche provocare danni alle coltivazioni, sottraendo liquidi indispensabili al ciclo vegetale.
Le cicale sono diffuse in tutto il mondo, in particolare nelle zone calde mediterranee e, benché siano difficili da osservare in quanto ben mimetizzate tra gli alberi, i loro concerti si ascoltano con grande facilità nei pressi di pinete ed uliveti, che sono le specie arboree da loro predilette.
Il mito della cicala
Già venerate dagli antichi greci, che le ritenevano creazione divine ed erano soliti ornare i capelli con loro riproduzioni auree, le cicale venivano anche considerate esempio di purezza, in quanto si riteneva che, alimentandosi esclusivamente di rugiada, non producessero escrementi.
Anche in Oriente nei confronti della cicala vi è grande considerazione: nella cultura giapponese la breve vita dell’adulto rappresenta il ciclo della natura e della reincarnazione. Uscendo dal suo esoscheletro chiamato exuvia dopo la muta, l’insetto viene associato alla rinascita ed alla vita oltre la morte.
In Cina le cicale vengono considerate una squisitezza alimentare e sono consumate fritte: nella provincia dello Zehejiang esiste addirittura una sagra in loro onore.
Cicala (Photo by Shannon Potter on Unsplash).
In Italia il termine cicaleccio significa un fastidioso chiacchiericcio pettegolo e lo stile di vita della cicala, privo di preoccupazioni per il domani, è stato spesso condannato, tanto da dare vita al detto “fare la cicala”, associato a chi sperpera denaro e beni.
Tuttavia questo insetto è citato da molti letterati nostrani nelle composizioni poetiche. Come non pensare a “Le cicale” di Giosuè Carducci o alla loro presenza nel meriggiare pallido e assorto descritto da Eugenio Montale?
Anche Gianni Rodari ha voluto dire la sua e, nella competizione tra formica e cicala, si schiera apertamente in favore di quest’ultima, scrivendo “Io sto dalla parte della cicala, che il più bel canto non vende, regala”. Facendoci dono di momenti di spensieratezza e serenità di cui è un peccato non disporre.
Sono parentesi che durano pochi mesi, perché, con l’arrivo dell’autunno, dopo aver deposto le uova, le cicale moriranno e sarà necessario attendere l’arrivo dell’estate successiva per poterle nuovamente ascoltare.