Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
In piemontese burro si dice "bùr" (boeuru in francoprovenzale e bör in occitano) e, già ai tempi dei nostri nonni, il miglior burro in vendita nell’area torinese proveniva dagli alpeggi posti in quota, tra le vette della Valle di Susa e le vallate circostanti.
La qualità del burro prodotto in alpeggio è eccezionale oggi come allora, sia per la ricchezza dei pascoli alpini, ricchi d'acqua e quindi di erbe e fiori (sopra al titolo i prati intorno all'alpeggio di Montebenedetto, a Villar Focchiardo), sia per l'accurata lavorazione, che consente di ottenere un prodotto unico nel suo genere.
Un tempo gli alpeggi riservavano gran parte della panna alla produzione di burro, considerato “l’oro di montagna”, tanto che il latte residuo, utilizzato per la produzione di formaggio, era così magro da portare le tome a divenire un prodotto secondario.
Solo una piccola parte della produzione di burro di malga era a disposizione della popolazione locale, la maggior parte veniva trasportata verso i grossi centri urbani o nei paesi del fondovalle, dove veniva conservato al fresco delle cantine.
Con la stagione estiva la montagna torna a popolarsi di pastori e vacche al pascolo, regalandoci l'esperienza unica ed autentica di malghe abitate e vissute. Le porte aperte degli alpeggi, i cani da pastore che fanno la guardia ed il profumo di latte appena munto ci indicano che il casaro è all'opera, secondo metodi tradizionali tramandati dai tempi più antichi.
Mucche al Moncenisio (Elio Pallard).
Il burro deriva dalla lavorazione della panna, detta anche crema e, in piemontese, la “fior del lait”, il fiore del latte. Nella tradizione dell’alpeggio la panna si ottiene per affioramento naturale: il latte della sera viene lasciato riposare in ampie vasche nel fresco della cantina e durante la notte la frazione grassa emerge in superficie, formando uno spesso strato di panna che "galleggia" sopra al latte.
La panna viene successivamente trasferita nella zangola, uno strumento che serve per sbattere la crema e favorire il processo di burrificazione, con la separazione dal liquido che lo contiene (il latticello, “lait du bur”). Una volta zangolato il burro deve essere lavato ed impastato a mano, per favorire la fuoriuscita del latticello residuo.
Infine l'impasto viene posto negli appositi stampi di legno, con il classico intaglio a forma di stella alpina o di mucca, dove assume la forma di panetto che tutti conosciamo.
Tometta e burro d'alpeggio (Azienda Agricola Giovale Manuel, Montebenedetto).
Numeri alla mano da 100 litri di latte si ottengono circa 10 litri di panna e soltanto 3 chili di burro!
Ma perché prediligere il burro d’alpeggio rispetto a quello industriale?
Sicuramente perché l’alimentazione delle vacche al pascolo è naturale ed equilibrata, nel massimo rispetto dei prodotti che offre la stagione. L'erba fresca è infatti ricca di beta caroteni, che danno al burro d’alpeggio il tipico colore giallastro e che hanno un valore nutrizionale importante come antiossidanti e precursori della vitamina A.
Ma non solo, la tipologia dei grassi presenti è composta per la maggior parte da acidi grassi insaturi: omega 3 ed omega 6, molto salutari.
Infine, la scelta è obbligata quando si parla di sapore e profumo, caratteristiche che solo un prodotto di montagna sa regalare!
Rocca Patanua (Condove). Anche le mucche si godono il panorama.