Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Forse può stupire trovare la coltivazione dell’olivo in un ambiente montano come quello delle valli alpine ma, anche se i primi documenti che testimoniano la presenza di olivi risalgono al 1800, fin dal 1200 abbiamo notizie di dazi imposti dalle città di Rivoli, Avigliana, San Giorio e Susa per il transito dell’olio d'oliva.
In un territorio da sempre segnato da transiti e scambi di civiltà, la cultura dell’olio di oliva è certamente iniziata in epoca romana (la Valle fu oggetto di transiti romani verso le Gallie citati anche da Cesare nel “De Bello Gallico”), per poi proseguire sotto la dominazione di Franchi e Saraceni.
La sua diffusione si fa risalire alla cultura cristiana, nella quale l’olivo ha sempre avuto un grande significato simbolico. A partire dal XII secolo furono infatti alcune comunità monastiche (Certosini, Agostiniani, Francescani) ad introdurre sui versanti assolati delle Alpi la coltivazione della vite, del fico e dell’olivo. L’olio ricavato però, almeno all’inizio, era destinato alle funzioni religiose e non utilizzato come alimento.
Nel circondario dell'antica Segusim romanica l'olivo ha resistito per secoli dimenticato e ignorato. Nei territori di Susa, Mompantero, Giaglione, Gravere, Foresto, sono state ritrovate almeno 50 ceppaie di olivo che sono la testimonianza certa di una antica olivicoltura.
Nel 726, a circa 8 km da Mompantero, Susa e Giaglione, venne fondata l’abbazia di Novalesa, che controllava il transito del Moncenisio e aveva possedimenti sia in valle (e quindi nei territori dove si sono ritrovate le antiche ceppaie), sia oltre le Alpi, a Grenoble, Vienne, Briancon, Gap ed Embrun. Ma sono interessanti soprattutto i possedimenti di Arles. località che ancora oggi è zona olivicola e dove la coltivazione di questa pianta risale al tempo dei Greci.
La particolare conformazione geografica Est-Ovest della valle di Susa, dove l'illuminazione solare privilegia il versante alla sinistra orografica della Dora, ha permesso (e permette ancora oggi) a questo territorio di essere una sorta di enclave di flora mediterranea.
Con grande probabilità le popolazioni locali hanno moltiplicato e coltivato le varietà più resistenti alle avversità del clima montano, ed anche la presenza di antichi terrazzamenti riscontrati nei luoghi oggetto di ritrovamento delle ceppaie costituiscono un’ulteriore testimonianza di questa antica olivicoltura.
Oliveto Sperimentale Alpino "Roceja Attiva" di Sergio Enrietta
Con l’irrigidirsi del clima, l’ulivo era sparito dalle vallate alpine e la sua diffusione arrivava a lambire le montagne solo intorno ai grandi laghi del Nord Italia. I cambiamenti climatici degli ultimi anni, però, hanno reso gli inverni alpini più miti, convincendo alcuni agricoltori della possibilità di reintrodurre la coltivazione dell’ulivo anche in Val di Susa.
Le antiche ceppaie sono state riscoperte dall'appassionato olivicoltore valsusino Sergio Enrietta (potete conoscere le sue attività sul Gruppo Facebook dedicato al suo oliveto sperimentale), e sono ora oggetto di studio, per indagarne l'origine e le proprietà organolettiche.
SCOPRI DI PIÙ: Un "Oliveto Sperimentale" sulla Roceja di Borgone: il paradiso degli ulivi di Sergio Enrietta
Le indagini genetiche condotte su 28 ceppaie hanno messo in evidenza che 21 di queste sono riconducibili alla varietà Frantoio, qualità tipica degli ambienti assolati al di sotto dei 700 metri. Sette invece, proprio quelle più vicine al vecchio confine col Delfinato (ora Francia) sono strettamente imparentate con la cultivar francese Aglandau (che qui prospera anche oltre gli 800 m slm).
A Borgone la Sagra dell'Olio
La coltivazione di olivo in Valle di Susa è da qualche anno ricominciata anche a livello professionale. Il primo a fare questa scommessa è stato Giuliano Bosio, che sulla collina di Almese assieme al vino (Giuliano è uno dei produttori del "mitico" Baratuciat...) si dedica alla coltivazione dell'olivo, producendo olio extra vergine da cultivar Leccino e Peranzana.
Dal 2021 anche Giorgio Rossetto di Borgone ha trasformato la sua passione per l'olivicoltura in una professione, e propone sulla montagna di Borgone olio extravergine di oliva ed attività di fitness e trekking tra gli ulivi, dove le montagne disegnano panorami incantati.
La reintroduzione dell’ulivo nei territori di montagna sta così generando ripercussioni positive per l’economia. Dal punto di vista agricolo l’olivicoltura permette di sfruttare porzioni di terreno oggi abbandonate e difficilmente adatte ad altre coltivazioni.
Ma soprattutto la diffusione dell’olivo ha ricadute interessanti anche sulla tutela e sulla valorizzazione del territorio: insieme ai vigneti, gli uliveti contribuiscono a mettere il territorio in sicurezza ed a creare un paesaggio attrattivo anche a fini turistici.
Si stima infatti che attualmente la porzione di territorio che va da Gravere ad Almese ospiti ben 4mila ulivi, di cui 1.500 solo a Borgone.
Proprio a Borgone, dove buona parte degli antichi terrazzamenti, una volta impiegati per la coltivazione della vite, sono stati convertiti in uliveti, da qualche anno la prima domenica di giugno si svolge la Sagra dell'Olio Valsusa, un appuntamento divenuto ormai fisso ed inserito nella rassegna "Gusto Valsusa", che raggrippa le Sagre del territorio.
SCOPRI DI PIÙ: A Borgone la Sagra dell'Olio torna dal 1 al 4 giugno 2023