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Il solstizio d'inverno – per chi vive nell'emisfero nord del pianeta – è il momento in cui il Polo Nord è il più distante possibile dal Sole; il solstizio d'estate, al contrario, è quello in cui è più vicino.
Il termine solstizio deriva dal latino solstitium: sol-, "Sole" e -sistere, "fermarsi”; nel solstizio d'inverno il Sole smette di "calare" rispetto all’equatore celeste e dal giorno successivo le ore di luce ricominciano a crescere. Avviene in una finestra che va dal 20 al 23 dicembre, a causa della non perfetta corrispondenza tra il calendario e l'anno solare, che dura 365,2422 giorni.
Nel 2024 il giorno del solstizio è sabato 21 dicembre, che sarà la giornata più corta dell'anno: alla nostra latitudine le ore di luce saranno soltanto 8 e 45. La durata di questa giornata, infatti, varia in base alla latitudine, e le differenze sono notevoli anche solo tra le diverse parti d'Italia: a Palermo, ad esempio, il giorno durerà quasi 25 minuti in più che a Roma e 55 minuti in più che a Belluno.
Solstizio d’inverno – foto Starwalk
Nel momento del solstizio d'inverno i raggi del Sole nel nostro emisfero arrivano con il massimo dell'inclinazione e sono dunque i più deboli dell'anno. Non solo: il sole basso all'orizzonte fa sì che sul versante meridionale delle nostre valli alcuni paesi e borgate rimangano costantemente in ombra.
Il fenomeno è particolarmente evidente nelle valli più strette oppure caratterizzate, come le nostre, da un andamento Est-Ovest, che fa sì che il versante sud faccia da schermo ai raggi solari.
In Valle di Susa i centri storici dei paesi del versante Sud più addossati alla montagna, Chiusa San Michele, Vaie e Villar Focchiardo, ma anche Venaus e Beaulard (per non citare che i casi più "eclatanti"), rimangono senza sole anche per parecchie settimane, mentre i paesi del versante nord al contrario restano sempre soleggiati.
Situazione simile in Val Chisone, da Prali a Inverso Pinasca (il termine "inverso" in piemontese indica proprio il versante all'ombra...) ed in Val Pellice, da Lusernetta a Bobbio Pellice.
Il fenomeno è evidente in questa foto, scattata da Stefano Cenna al Frais, dove risultano evidenti le differenze di soleggiamento dei due versanti, quello sud in primo piano all'ombra e quello nord ben illuminato di fronte. In quella sopra al titolo, scattata in bassa valle, il versante di fronte, illuminato, è quello a nord, mentre nel versante sud è solo la Sacra di San Michele a godere di un'ultimo raggio di sole.
Dal giorno del solstizio le giornate riprendono ad allungarsi: un evento sempre molto atteso e celebrato fin dall'antichità, e non solo dai territori "all'ombra" delle valli, vogliosi di uscire dal periodo della "brina perenne".
Come cambiano le stagioni – foto Starwalk
Il solstizio d’inverno coincideva infatti per i romani con una festa pagana, chiamata “Sol Invictus”, nata per simboleggiare la rinascita. Era anche usanza, a cavallo del solstizio, di organizzare banchetti e scambiarsi regali come dadi, candele, libri, abiti e piccoli animali domestici. Una celebrazione che sembra dunque avere molte somiglianze con i nostri festeggiamenti del Natale.
Foto di Maria Rita Brun
Nel calendario celtico Yule (21 dicembre), incarnava il momento in cui la notte è più lunga del giorno e segna il passaggio dalle Tenebre alla Luce.
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Inoltre, Il solstizio d’inverno non coincide con il giorno più freddo dell’anno: gli oceani terrestri hanno infatti la capacità di assorbire parte dell’energia solare e rilasciarla in modo graduale nel tempo, causando un ritardo tra il momento in cui il sole ci irraggia di meno e quello in cui si percepisce più freddo; nel nostro emisfero le temperature si trovano infatti al minimo tra gennaio e febbraio.
Non a caso i giorni della Merla, quelli più freddi secondo la tradizione popolare, vanno dal 29 al 31 gennaio.
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