Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Alessandro Manzoni era molto scrupoloso: accurate ricerche storiche precedevano le sue opere, che dovevano basarsi su fatti reali. Per questo quando lo scrittore scrive la sua seconda tragedia, l’Adelchi, si trova di fronte a un dilemma: da dove era passato l’esercito di Carlo Magno?
Era infatti storicamente accertato che Carlo Magno sconfisse il re longobardo Desiderio nella battaglia delle Chiuse, aggirando lo sbarramento fortificato che chiudeva la val di Susa tra il Caprasio e il Pirchiriano, tra il Castello del Conte Verde di Caprie (Castrum Capriarium) e Chiusa di San Michele.
Nel Chronicon novalicense Manzoni trova scritto che un giullare traditore avrebbe mostrato ai Franchi, fermi da mesi nell’Abbazia di Novalesa, un percorso che, scendendo verso Giaveno e poi ad Avigliana, avrebbe consentito non solo di aggirare la barriera, ma di prendere alle spalle i nemici. In un altro testo, il Liber pontificalis di Agnello Ravennate, la strada sarebbe stata provvidenzialmente indicata a Carlo Magno da un diacono, il Diacono Martino, inviato dall'arcivescovo di Ravenna su disposizione del Papa.
Nell’Adelchi Manzoni sposerà questa seconda ipotesi, forse ritenendo il Chronicon troppo fantasioso. Restava da verificare la fattibilità dell’aggiramento proposto dal Diacono Martino e, non conoscendo affatto i luoghi, lo scrittore interpella un conoscente piemontese.
Castrum Capriarium (Fulvio Giorgi).
Nella lettera al fratello di Modesto Paroletti, Manzoni scrive: «…l’autore di una cronaca del Monastero della Novalesa (…) che riempì il suo libro di favole, entra in maggiori dettagli (sulla calata di Carlomagno), i quali benché pur misti di favoloso, potrebbero meritare qualche riguardo, giacché vi potrebbe essere una parte di tradizione vera conservata in quel luogo dove Carlomagno soggiornò per qualche tempo.
Egli dice dunque che a Carlo fu indicata una strada sconosciuta e che egli, seguendo la guida, marciò partendo dalla Novalesa “per crepidinem cuiusdam montis in quo usque in hodiernum diem via Francorum dicitur”.
Nella valle d’Aosta trovo una Villafranca, che per la somiglianza del nome mi dà sospetto di essere questa via Francorum. Discendendo da questo monte secondo il cronista, pervenne Carlo “in planiciem vici cui nomen erat Gavensis”.
Il commentatore interpreta Giaveno; ed io non trovo questo Giaveno nelle mie carte, non abbastanza dettagliate. Vorrei ora sapere se partendo dalla Novalesa vi sia una strada che pei monti conduca a Giaveno e di là a Susa e di quanti giorni a un dipresso ne sia il cammino1».
Oggi Google Earth gli avrebbe risolto il problema, invece non conoscendo i luoghi e mal interpretando la risposta di Paroletti, Manzoni prende una cantonata e, anziché ipotizzare la discesa di Carlo Magno lungo il versante sud della valle (destra orografica della Dora), con il passaggio in Val Sangone per arrivare a Giaveno e di lì scendere ad Avigliana evitando le mura chiusine, lo fa passare a nord, attraverso la Valle di Viù.
Mappa rielaborata da “Le chiuse: realtà e rappresentazioni mentali del confine alpino nel medioevo” di Emanuela Mollo, in “Bollettino storico-bibliografico subalpino”, LXXXVI (1986).
Come scrive Emanuela Mollo: “Evidentemente Manzoni non conosceva affatto la valle di Susa e i luoghi menzionati nella cronaca e a questa sua lacuna si collega una questione solo apparentemente oscura: perché la descrizione del percorso seguito dal diacono Martino corrisponda alla valle di Viù e non alla val Sangone.
L’autore stesso ce ne fornisce implicitamente la spiegazione nel “Discorso su alcuni punti della storia longobardica in Italia”, in cui scrive: «Il punto dove i Franchi si posero in battaglia è indicato espressamente dal monaco novaliciense, e quadra benissimo con le altre posizioni conosciute: divennero, dic’egli, e si radunarono al vico Gavense. Giaveno infatti è posta al di qua della Chiusa, e a poca distanza. Pare quindi che quei Franchi sieno discesi per la Valle di Viù».
Il Paroletti doveva quindi aver risposto alla lettera di Manzoni, cassando probabilmente l’ipotesi concernente Villafranca, che verrà infatti ripudiata nel “Discorso”, e dando indicazioni su Giaveno, con l’uso, forse non esplicito, del riferimento orografico per localizzare la zona. È sufficiente che il Manzoni abbia interpretato la destra orografica come la destra effettiva della valle ed ecco che Giaveno risulterebbe in val di Viù anziché in val Sangone2”.
1 Lettere, a cura di C. Arieti, in Tutte le opere di Alessandro Manzoni, VII-I, Verona 1970,).
2 Da Le chiuse: realtà e rappresentazioni mentali del confine alpino nel medioevo di Emanuela Mollo, in “Bollettino storico-bibliografico subalpino”, LXXXVI (1986).
Continua al leggere sul sito "Scuola Guido":