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Giaveno entra molto presto nella storia sabauda: il nome ricorre in un documento del 1103, quando il Conte Umberto III cede i suoi diritti sul paese e sulla Val Sangone all'abate di San Michele della Chiusa. La donazione sarà confermata nel 1209 da Tommaso I.
Il borgo e le sue dipendenze continuano ad essere fortemente legati alla storia dei Savoia, a partire dal celebre Parlamento riunito il 24 maggio 1286 presso la borgata Villa, nei prati verso il Sangone, nei pressi della Torre delle Streghe.
Vi convengono, con grande sfilata di cavalli e spolvero di abiti, 12 delegati dell'alta nobiltà piemontese, 13 Castellani, gli Abati di San Michele, San Giusto e Novalesa e una ventina di rappresentanti dei comuni del Piemonte. È la prima volta in cui sono tutti convocati: una sorta di stati generali.
Nel 1263 alla morte del diciannovenne Bonifacio, figlio di Amedeo IV, la successione sarebbe dovuta passare a Tommaso III figlio di Tommaso II: i domini della casata si sarebbero così riuniti in un unico uomo. I fratelli di Amedeo, hanno invece avanzato le loro pretese e, dopo varie vicissitudini, sono rimasti come pretendenti Filippo, figlio di Tommaso III e Amedeo, fratello di quest'ultimo.
Nel 1284 si sono affidati all'arbitrato della Regina Vedova d'Inghilterra Alienor e del Re Edoardo I che hanno optato in favore di Amedeo.
Questi ora pretende, per rendere legittimo il lodo, la conferma nell'adunanza di Giaveno. Il risultato finale di quel Parlamento consultivo, presieduto dal Castellano di Avigliana, è scontato: Amedeo diviene Conte di Savoia con il nome di Amedeo V.
Borgata Villa, Arco o Torre delle Streghe.
Nel 1379 un decreto papale introduce a San Michele la Commenda: il Conte Amedeo VI e i suoi successori hanno il privilegio di nominare gli Abati Commendatari. Giaveno è così ricondotta sotto il dominio diretto dei Savoia.
L'interesse della Casata per il paese si concretizza però solo nel XVII secolo, quando il Principe Maurizio, quarto figlio di Carlo Emanuele I e di Caterina d'Austria, ne fa una delle mete preferite: trasforma l'antico castello in una graziosa residenza che godrà per due secoli la presenza della corte torinese.
Maurizio è stato avviato, per motivi diplomatici e politici, alla carriera ecclesiastica fin dalla tenera età: il padre, per poter "aver sempre la più gagliarda parte nel pontificato", lo vuole cardinale.
A quindici anni ottiene da Papa Paolo V la porpora. Nel mondo romano acquista tale prestigio da influenzare l’elezione di Papa Urbano VIII, ma il 21 settembre 1642, cinquantenne, rassegnerà le insegne cardinalizie per sposare la nipote quattordicenne Luisa Ludovica Cristina, figlia della Madama Reale Cristina di Francia e di Vittorio Amedeo I, assumendo il titolo di Principe di Oneglia e la carica di Governatore di Nizza.
Nel 1611 è nominato Abate Commendatario di San Michele, diventando quindi Signore di Giaveno: frequenta con assiduità il paese e la valle.
Maurizio di Savoia nelle vesti di Cardinale, ancora fanciullo, e di Principe.
Il luogo gli piace, nelle sue lettere è felice di soggiornarvi “vuoi per la mitezza dei costumi dei suoi abitanti, vuoi per l’amena e salubre sua giacitura”.
Il castello dove alloggia, edificato dai monaci benedettini, risale al 1279. Nel 1363 è diventato la sede del potere temporale dell’Abate: fino al 19 maggio questi ha governato dal maniero di Sant’Ambrogio, ma in quella data le truppe di Filippo II di Savoia-Acaia, in lotta contro Amedeo VI, lo hanno fortemente danneggiato.
Giaveno si è così trasformata in un’importante Cittadella circondata da mura e torri. Un inventario del 1598, presente all’Archivio di Stato torinese, elenca pochi mobili, un paio di materassi e una misera dotazione di stoviglie: ciò fa presumere una certa decadenza nonostante i Savoia lo utilizzino come base per salire all’Abbazia. Maurizio decide di farlo rinascere: diverrà un “degno albergo di un figlio di Carlo Emanuele I”.
L'antico bastione medievale.
I lavori di ristrutturazione iniziano ad ottobre del 1620: il progetto è affidato al Capitano Carlo Morello, un ingegnere militare al servizio del Duca di Savoia. Gli interventi procedono a ritmo serrato per 5 anni, e cambiano totalmente il volto dell'antico edificio.
Il 1622 è l'anno in cui l'attività nel cantiere è massima: la presenza del Capitano è assidua. Fra il maggio e l'agosto alloggia alla Taverna dei Tre Re di Gaspare Valetto, proprio sulla piazzetta del maniero, e cospicue somme gli sono versate per l'affitto dei cavalli con cui si sposta.
Il Ricevitore Giacomo de Giacobbi, uomo di fiducia del Cardinale, ha l’incarico di seguire la costruzione e di pagare operai, braccianti, artisti e decoratori. La direzione dei lavori è nelle mani del Mastro da muro Bartolomeo de Giacobbi: realizza personalmente anche alcune opere. È un’impresa imponente: compete con le maggiori residenze ducali del tempo.
Non ne rimangono né disegni né piante, ma la documentazione d’archivio lo presenta ricco di ambienti. La torre nuova affianca quella rotonda medievale: sono collegate da una galleria ornata da colonne e contro colonne in pietra di Chianocco, scolpite e decorate dal Picapietre luganese Giorgio Casella.
Ci sono l'appartamento della torre destinato al Cardinale, quello delle sue sorelle, le Serenissime infante Maria e Francesca Caterina, terziarie francescane, il guardarobba del principe Tommaso, un ampio salone per ricevimenti, una cappella nuova e la cucina. Minusieri e tapisseri, giunti da Pinerolo, arredano questi spazi già rifiniti con legni di noce, colonne in pietra e capitelli.
Si realizzano poi la crotta, il pozzo e la giacera, la ghiacciaia, per “riponer il ghiaccio in essa per la provisione del castello”.
L'esterno rispecchia i gusti del tempo: fattura semplice, tante finestre ed alcuni poggioli con modiglioni in pietra. Un grandioso parco, 17 giornate, circa 64 mila metri quadrati, completa la residenza seguendo la sponda del torrente Ollasio.
Annovera varie specie di alberi ad alto fusto: platani, olmi, carpini, pioppi e pini, messi a dimora nel novembre del 1622 e riccamente concimate con la “condutta di druggia”. Sono piantati secondo il classico disegno all'italiana: lunghi viali rettilinei, le alee. Piante di limoni, in grossi vasi di pietra, incorniciano gli spazi verdi rettangolari in cui il parco è diviso.
Elemento caratteristico sono le fontane: getti e zampilli che prendono spunto dai giochi d'acqua ammirati dal Cardinale nelle ville romane. Il Principe acquista, per 1200 scudi, dai nobili locali De Feis e Roy, la bealera del mulino e fa realizzare una condotta per portare l'acqua derivata dal Sangone all'interno del parco.
Il 2 giugno 1622, dopo un lungo e costoso trasporto, è collocata la fontana principale: un mascherone, di gusto tardo manieristico, dalla grande bocca spalancata, scolpito direttamente nel travertino di Chianocco dal picapietra Giacomo Fontana.
Uomo sensibile, artista, collezionista e letterato dalle abitudini raffinate e dispendiose, il Cardinale promuove, nel 1615, anche la costruzione di una delle più gradevoli residenze torinesi: la Vigna del Cardinale, oggi Villa della Regina.
Nel 1691 il castello è saccheggiato e parzialmente incendiato dalle truppe francesi del generale Nicolas Catinat: i francesi cannoneggiano le mura giavenesi, aprono una breccia ed entrano. Depredano la residenza sabauda, parecchie case e quasi tutte le chiese.
Successivamente l'edificio, parzialmente riparato, è solo più usato per salire all’Abbazia e trovare refrigerio alla calura estiva torinese. L’immobile viene totalmente ristrutturato nel corso del 1800: Costantino Sclopis e il Commendatore Molines lo donano alle suore del Cottolengo come Casa di Ricovero dei Poveri Vecchi. Oggi è un grande condominio residenziale (nella foto).
A fine 1700 anche il parco è pressoché scomparso: nel 1783 dopo il taglio di alcuni grossi alberi e visto lo stato irreversibile di deperimento, il comune ottiene di poter avere i terreni per ridurli a coltivazioni. Solo una parte riesce a sopravvivere all'interno di alcune ville.
Il mascherone della fontana attualmente orna la piazza di fronte al municipio.
(Foto di Claudio Rosa)