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La denominazione del luogo in cui si svolse la battaglia non può non incuriosire: Assietta infatti, italianizzazione di assiette (piatto) rispecchia la configurazione pianeggiante del terreno, pur essendo in alta quota.
Il periodo storico in cui si colloca la battaglia risale alla guerra di Successione Austriaca, che durò dal 1740 al 1748. Morto l'imperatore Carlo IV d'Austria, secondo la Prammatica Sanzione, la costituzione imperiale, la successione spettava alla figlia Maria Teresa. Francia, Spagna e Prussia sostennero invece come legittimo pretendente Carlo Alberto di Baviera, mentre in appoggio a Maria Teresa intervennero l'Ungheria e Carlo Emanuele III, re di Sardegna.
Nel 1747 la Francia e la Spagna decisero così di attaccare il Piemonte attraverso il brianzonese. Gli eventi e il resoconto della battaglia, qui riportati, sono tratti dalla gazzetta "I Granatieri" del 19 luglio 1887, numero speciale stampato in occasione del 140° anniversario della battaglia. L'articolo che riferisce i fatti del 19 luglio 1747, porta il titolo Il fatto d'armi dell'Assietta. Lo riportiamo integralmente.
A nord del Colle di Abriès si stacca dalle Alpi Cozie il contrafforte che divide le acque della Dora Riparia da quelle del Chisone. Al contrafforte danno speciale importanza militare il dominio che esercita sulle due valli tra cui è compreso, e le numerose mulattiere che lo attraversano, per colli ben praticabili, collegando le due valli, e la cresta pianeggiante, ed i versanti non aspri né ardui.
Il Colle dell'Assietta è tra gli altri specialmente importante, perché in quel punto la cresta si allarga in altipiano e perché per esso si collegano il forte di Exilles, che sbarra la valle della Dora, e quello di Fenestrelle che serra la valle del Chisone.
L'altopiano dell'Assietta (Federico Pregnolato).
Le operazioni di un esercito che dal Monginevro tenda a Torino, contenute tra i massicci dell'Ambin e del Rocciamelone da nord e quello di Monte Albergian da sud, devono necessariamente svolgersi per la Val Dora e la Val Chisone, sicché la difesa mantenendosi col nerbo delle forze sull'Assietta ed appoggiandosi ai due forti che ho menzionati, può efficacemente opporsi all'invasore, attaccandolo a massa sui fianchi, dall'alto in basso.
E l'altipiano dell'Assietta fu occupato dal conte Bricherasio quando nel 1747 ebbe da Carlo Emanuele III l'incarico di opporsi al cavaliere di Bellisle che minacciava di invadere il Piemonte.
I franco-spagnoli, con 50 battaglioni, 5 squadroni e 13 pezzi d'artiglieria, valicarono il Monginevro in tre scaglioni di marcia il 14 luglio, ed il 18 vennero a trovarsi di fronte ai soli 13 battaglioni che il conte Bricherasio aveva sottomano: il 19 si combattè.
Per la eccessiva inferiorità di forze il Bricherasio dovette acconciarsi a difendere l'altopiano che in pochi giorni con trinceramenti di sassi era stato rafforzato alla meglio. La Testa dell'Assietta e il Gran Serin, che sorgono il primo ad ovest ed il secondo a est dell'altipiano, distanti tra di loro un 1500 metri, pel dominio esercitato tutt'attorno erano i due punti più importanti della posizione e vennero più fortemente occupati.
Dei 13 battaglioni (9 di piemontesi e 4 di austriaci) che erano agli ordini del Bricherasio, il 1° battaglione del Reggimento Guardie fu destinato ad occupare la tenaglia della Testa dell'Assietta, perché evidentemente contro questa tenaglia si sarebbe volto il maggiore sforzo dell'attaccante e il Reggimento Guardie aveva, primo fra molti altri, il diritto di occupare in battaglia il posto d'onore, cioé quello dove maggiore era il pericolo.
I franco-spagnoli dovevano con due colonne centrali attaccare di fronte la Testa dell'Assietta mentre altre due colonne dovevano aggirare da destra e da sinistra l'altipiano.
Il combattimento principiò col fuoco di 7 pezzi d'artiglieria francese contro la Testa dell'Assietta. I Piemontesi, sprovveduti d'artiglieria, né potendo far uso del fucile per la sua corta gettata (meno di 200 metri) furono costretti a rimanere inerti sotto il fuoco del nemico aspettando che si pronunciasse l'attacco.
Planimetria dei trinceramenti settecenteschi dell'Assietta.
Il cavaliere di Bellisle verso le quattro e mezza pomeridiane diede ordine di muovere all'attacco della Testa dell'Assietta: i Piemontesi lasciarono avvicinare le due colonne dell'attaccante a brevissima distanza e quindi apersero su di esse un fuoco efficacissimo, sicché furono costrette ad arrendersi. Dopo replicati sforzi per vincere la resistenza del nemico, dopo di aver subite perdite enormi, i francesi furono obbligati a ritirarsi fuori della zona battuta dalla fucileria per riordinarsi e prepararsi ad un nuovo attacco.
Frattanto sulla sinistra i francesi guadagnavano terreno e il maresciallo di campo d'Arnault muoveva in due colonne d'attacco contro la tenaglia della Testa dell'Assietta, difesa dalle Guardie, e giunto al coperto, a portata di pistola si lanciava di corsa sull'opera.
Nessun assalto fu mai più vigoroso: due marescialli di campo, d'Arnault e d'Andelot, marciavano in testa alle due colonne: le prime righe erano interamente composte d'ufficiali: i francesi arrivarono fino al piede dei trinceramenti.
I granatieri del 1° battaglione Guardie, saldi sul muricciolo, facevano col fuoco, colle baionette, coi sassi, una strage di francesi e subivano dal canto loro molte perdite.
Benché i francesi fossero tanto superiori di numero e vigorosamente attaccassero e le opere più vicine alla tenaglia fossero già state perdute dai Piemontesi, i bravi granatieri non si persero d'animo e, sdegnando la copertura dei trinceramenti, stettero impavidi contro il fuoco d'artiglieria e di fucileria, dritti sui parapetti: il tenente colonnello conte di San Sebastiano, che comandava il battaglione Guardie, primo al pericolo, dava a tutti l'esempio irresistibile dell'eroismo.
Il cav. di Bellisle, comandante supremo dei franco-spagnoli, impaziente d'indugi, accorse a piedi sul luogo della lotta e impugnata una bandiera la piantò su di una piccola breccia fatta dai suoi nella tenaglia. Ma l'ardimentoso generale pagò cara la sua audacia: il granatiere Elena delle Guardie lo ferì prima di baionetta al braccio, poi di piombo ad una spalla.
Malgrado le ferite il Bellisle rimase al suo posto e colla voce e coll'esempio continuò ad animare i suoi finché un colpo di fucile sparato dal granatiere Adami delle Guardie lo stese morto a terra.
Al Colle dell'Assietta si prepara la rievocazione della battaglia (Federico Dovis).
Poco dopo, poiché la lotta continuava accanita, cadde anche il maresciallo di campo d'Arnault, ma i francesi con un vigore disperato continuarono negli assalti e i granatieri piemontesi, consumate tutte le munizioni, a colpi di baionetta e di sassi strappati ai loro trinceramenti sempre li respinsero. Frattanto la colonna francese che aggirava da destra era giunta sotto la testa del Gran Serin e l'aveva attaccata: il conte di Bricherasio mandò un ordine al conte di San Sebastiano di abbandonare la Testa dell'Assietta e di ritirarsi colle Guardie sul Gran Serin per rafforzarlo.
Il conte di San Sebastiano, vista la difficoltà grande di eseguire l'ordine avuto, sotto il rinnovarsi assiduo degli attacchi nemici, e riconosciuta, perché presente sul luogo, l'importanza di mantenere la Testa dell'Assietta che, perduta, avrebbe servito di riparo al nemico, domandò che l'ordine gli fosse rinnovato e il Bricherasio lo rinnovò.
Allora il San Sebastiano domandò un ordine scritto e come l'ebbe ricevuto, perché proprio in quel momento i francesi con nuova furia ripetevano un attacco, decise di non eseguirlo esclamando: "In faccia al nemico non possiamo volgere le spalle". Queste parole accesero di nuovo entusiasmo i soldati e l'attacco fu respinto.
Frattanto la colonna che attaccava il Gran Serin, tre volte battuta, desisteva dall'impresa e si ritirava: la vittoria era compiuta. Pochi giorni dopo i franco-spagnoli rivalicarono la frontiera.
L'importanza e l'accanimento di quella lotta disuguale si può misurarla dalle perdite patite dai francesi che lasciarono sul campo 5300 soldati e 430 ufficiali, tre quarti circa morti e un quarto feriti: tra i morti furono 2 generali, 5 brigadieri e 9 colonnelli.
Per contro i piemontesi non perdettero che 7 ufficiali e 185 soldati: tra i primi fu il marchese Fassati comandante la compagnia granatieri delle Guardie».
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La battaglia dell'Assietta costituì l'ultimo e decisivo episodio della guerra, che si concluse con la pace di Aquisgrana nel 1748. Ovviamente ebbe notevole importanza per il Piemonte, che vide così aumentare il proprio prestigio tra gli Stati europei che, più di un secolo dopo, lo vedranno realizzare l'unità d'Italia.
Da più di cinquant'anni, la terza domenica di luglio, l'Associassion Festa dël Piemont al Col ëd l'Assieta ricorda il combattimento con la celebrazione della Messa e con la rievocazione, grazie a centinaia di figuranti ed al Gruppo Storico Pietro Micca, di alcuni momenti della Battaglia (le foto in sopra e quella accanto al titolo sono di Claudio Allais).
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