Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Il Rinascimento valligiano ha nelle opere del chivassese Defendente Ferrari uno dei suoi elementi uniformanti. Si passa dalle innumerevoli tavole conservate nelle chiese di Avigliana – quando non pervenute alle grandi istituzioni museali torinesi in seguito alle dispersioni avvenute con il governo francese –, all’attività per la Sacra di San Michele, commissionatagli dall’abate commendatario Urbano di Miolans, al grande polittico di Ranverso, donato nel 1531 dalla comunità di Moncalieri per una scampata epidemia, alla Natività oggi nella sala capitolare di San Giusto di Susa, a sua volta proveniente dalla certosa di Banda.
Susa, Cattedrale di San Giusto. Defendente Ferrari, Natività, 1511.
Sant'Antonio di Ranverso. Defendente Ferrari, Polittico della Natività, 1531
Avigliana, con le sue botteghe o con le sue scelte percepite come di estremo aggiornamento, diventa un vero punto di riferimento per la Valle: scomparso ormai Antoine de Lonhy, per la decorazione della cappella di Sant’Antonio nella parrocchiale di Salbertrand verrà chiamato nel 1508 il pittore aviglianese Giovanni Dideris.
Per contro il polittico di Jacopino de Mottis del 1491, oggi in cattedrale a Susa, transitato per la certosa di Banda da quelle di Pavia e forse di Mombracco, non nasce per la committenza valligiana e dunque non costituisce un esempio di fortuna della pittura lombarda di matrice leonardesca.
Contemporaneamente, nel campo ancora poco indagato della scultura lapidea cinquecentesca, in Alta Valle si impone la bottega dei Roude di Melezet (frazione di Bardonecchia). A Mathieu Roude vanno assegnati il portale del 1512 di San Giovanni Battista a Salbertrand e quello prossimo al 1514 della parrocchiale di Nostra Signora delle Nevi a Bousson, mentre un presunto discendente, Jean Roude Gros “du Mellesè”, lascia la propria firma, nel 1573, sul fonte battesimale della parroc- chiale di Sant’Ippolito a Bardonecchia.
Anche per la scultura lignea l’area sottoposta alla giurisdizione della prevostura d’Oulx vede nascere e far fortuna maestranze autoctone (che devono essere analizzate nella ricchezza degli scambi culturali con l’immediato Oltralpe). In tale direzione si impongono per qualità i prodotti usciti dalla bottega franco-piemontese del così detto Maestro della Messa di san Gregorio, che prende il nome dall’ancona della Messa di san Gregorio della parrocchiale di Chateau Beaulard, purtroppo in tanta parte trafugata.
Dal tardomanierismo alla fine del XVIII secolo, in pittura, i committenti di prestigio si indirizzano verso gli artisti della corte sabauda, anche nelle aree politicamente rientranti nel Delfinato al di qua dei monti. Da tempo la critica ha posto nella giusta luce le scelte di gusto del cardinale Maurizio di Savoia che fa pervenire al santuario della Madonna dei Laghi di Avigliana una copia da Caravaggio, il San Maurizio di Guido Reni, una pala di Antonio Maria Viani, un San Francesco in adorazione del Crocifisso ricondotto a Carlo Vacca, caravaggesco di origini saluzzesi. Ancora alla committenza di Maurizio di Savoia, abate commendatario, si devono le pale del cremonese Viani pervenute alla Sacra di San Michele intorno al 1622.
Più recente la riscoperta della fortuna dei pittori attivi per Carlo Emanuele I di Savoia lungo la Valle della Dora Riparia. A Susa vengono commissionate tre pale a Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, rispettivamente in San Giusto (Sacra Famiglia con san Giovannino, sant’Anna e san Gioacchino), in San Francesco (Madonna col Bambino e san Francesco) e alla Madonna del Ponte (Incoronazione della Vergine tra i santi Rocco e Sebastiano), in un periodo in cui la città è oggetto di particolari attenzioni da parte della famiglia ducale impegnata nelle rinnovate opere di fortificazione. Sulla scia del successo ottenuto in città dal padre, la Confraternita di San Carlo, intorno al 1649, affiderà a Orsola Maddalena Caccia l’esecuzione del prestigioso dipinto raffigurante San Carlo Borromeo in adorazione del Nome di Gesù.
Bardonecchia, fraz. Melezet. Chiesa parrocchiale di S. Antonio Abate.
Sorprendenti le scelte operate a Oulx per gli altari della chiesa della prevostura. Negli anni di reggenza dell’istituzione da parte di membri della famiglia Birago (di origini lombarde) vengono commissionate due pale (1630, Madonna col Bambino tra i santi Francesco e Lorenzo e Madonna del Rosario) – oggi in parrocchiale – a Bernardo Orlando, milanese, conservatore dei quadri e dei disegni di Carlo Emanuele I. Gli orientamenti della committenza a Oulx si erano già manifestati con chiarezza nel 1626, allorché la pala per l’altare maggiore della parrocchiale dell’Assunta veniva affidata a Mario Zuccaro.
Una differenziazione tra aree di Alta e Bassa Valle si manifesta più nettamente nella seconda metà del Seicento. Se ad Avigliana il punto di riferimento restano gli orientamenti della corte sabauda, come dimostrano i due dipinti di Charles Dauphin per il santuario della Madonna dei Laghi (episodi della Vita di san Francesco e di sant’Antonio da Padova), indirizzi recepiti pure dalla famiglia Fornelli di Bussoleno, che affida la pala per l’altare delle Anime a Bartolomeo Caravoglia, nell’area sottoposta alla prevostura si predilige l’attività dei pittori Dufour, non tanto nelle persone di Pierre e Laurent (impegnati a Torino per i cantieri ducali e prolifici ritrattisti), quanto piuttosto in quella parte di bottega operante in Maurienne, coordinata da Gabriel Dufour (costanti i rapporti tra le due sedi della bottega, come attestano i modelli che Pierre e Laurent invieranno a Gabriel e che resteranno “in produzione” sino al primo Settecento).
Si guardi in particolare alle pale firmate da Gabriel per la parrocchiale di Rochemolles, commissionate dal prevosto Faure (Madonna col Bambino tra i santi Pietro e Paolo del 1698 e Madonna del Rosario coi santi Domenico, Antonio Abate e Caterina da Siena del 1703).
Susa, Museo Diocesano. Maestro della Messa di S. Gregorio, Madonna di Vazon, inizio XVI sec.
Rochemolles, Parrocchiale di S. Pietro. G. Dufour, Vergine col Bambino e i SS. Pietro e Paolo, 1703.
Un’alternativa tutta locale ai più prestigiosi Dufour dovette essere l’operato del pittore e religioso Jacques Roux, attivo nella seconda metà del XVII secolo, alle prese con interventi da ritenersi “minori” (pale per altari laterali, Apostolati). Una particolare eccezione rispetto a tali opzioni si riscontra nella pala posta all’altare maggiore della parrocchiale della Novalesa, commissionata, con il prestigioso retablo, dall’abate commendatario Giovanni Battista Isnardi di Caraglio a Sebastiano Taricco (nell’orbita del pittore di Cherasco muove pure la pala all’altare maggiore della parrocchiale di Sant’Antonino, forse non lontana dagli importanti lavori compiuti nel 1698).
Se in pittura hanno il sopravvento i pittori della corte sabauda, la forte tradizione della scultura franco-piemontese sembra reggere sino agli inizi del Settecento, perlomeno in alta Valle. Gli anni trenta e quaranta del Seicento sono dominati dalla personalità di Jean Clappier di Bessans (si vedano in particolare a Giaglione, nel Museo di Arte Sacra, le statue di San Sebastiano, 1630 e di Santo Stefano, 1642, per le quali il nostro mise in campo doti non comuni di ricerca del naturalismo, mai rinunciando a una classica compostezza).
La produzione di Etienne Fodéré (anch’egli di Bessans nella confinante Maurienne), nel primo decennio del XVIII secolo, è attestata dai casi della cattedrale di San Giusto (statue dei Santi Pietro e Paolo all’altare di Santa Croce) e ancora una volta da quelli della parrocchiale di Giaglione (Santi Caterina, Lucia, Pietro, Paolo e Santo vescovo).
Sauze d’Oulx, Parrocchiale di S. Giovanni Battista. Chaffrey Faure, retable, 1703-04.
La fama dell’intagliatore Jacques Jesse di Embrun, attivo per il retablo dell’altare maggiore della parrocchiale di Oulx negli anni 1670-1676, i cui stilemi possono essere riconosciuti in un buon numero di analoghi manufatti dell’epoca (ma anche nella vasta produzione di portoni intagliati), trova fieri concorrenti nella bottega autoctona dei Faure di Thures (di Jean Faure il retablo dell’altare maggiore della parrocchiale di Salbertrand risalente al 1667, di Chaffrey Faure quello della parrocchiale di Sauze d’Oulx datato 1703-1704).
Tra le rare ma importanti eccezioni alla regola non vanno dimenticati l’Annunciazione seicentesca della cattedrale di Susa, assegnabile a uno scultore valsesiano, e il retablo dell’altare del Rosario nella parrocchiale di Ferrera Moncenisio di ambito lombardo-piemontese risalente al 1683.
Il Settecento, a partire dalla Bassa e Media Valle, apre la strada ai più celebri scultori in legno attivi per la corte: da Carlo Giuseppe Plura (documentabile attraverso i casi di Chiusa San Michele e della Madonna del Ponte a Susa), all’ambito di Giuseppe Antonio Riva e di Ignazio Perucca (come dimostra il busto reliquiario di San Francesco di Sales dal Tesoro della Cattedrale al Museo Diocesano), a Giuseppe Maria Bonzanigo (Madonna Addolorata della Confraternita di San Carlo a Susa), in contrapposizione a quanto uscito dalla bottega del misterioso Maestro di Bousson.
Per quanto riguarda la pittura del XVIII secolo, in assenza di una produzione locale qualitativamente competitiva, i committenti si orientano nuovamente sul mercato torinese, scegliendo dapprima la produzione di Michele Antonio Milocco, particolarmente legato ai cantieri di regio patronato, come ben dimostrano le vicende delle chiese pinerolesi (si vedano i dipinti realizzati per Villar Focchiardo, Sant’Ambrogio e Bruzolo), poi quella di Vittorio Amedeo Rapous (in particolare, nella Parrocchiale di Sant’Ambrogio, le stazioni della Via Crucis del 1783).
Leggi anche: LE ARTI FIGURATIVE IN VALLE DI SUSA (1: DALL’XI AL XV SECOLO)
Testo e foto tratti dalla guida "Valle di Susa, Itinerari di Cultura e Natura Alpina", realizzata a cura del Progetto "Valle di Susa, Tesori di Arte e Cultura Alpina" nel 2010.