Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Cristina di Borbone-Francia nasce a Parigi il 10 febbraio 1606, terzogenita di Enrico IV, re di Francia e di Maria de' Medici, sorella di Luigi XIII di Francia e di Enrichetta Maria, sposa di Carlo I Stuart d’Inghilterra.
Non ancora dodicenne è promessa al principe di Piemonte, il futuro Vittorio Amedeo I Savoia, primogenito di Carlo Emanuele I.
L'11 gennaio 1619, a Parigi, il cardinale Maurizio di Savoia, Francesco di Sales, Vescovo di Annecy e la Regina Reggente Maria de'Medici sottoscrivono il contratto matrimoniale.
Le nozze si celebrano il 10 febbraio nella cappella del Louvre: Cristina compie 13 anni, lo sposo ne ha 32. I due non si sono mai visti prima: l’amore e i sentimenti non sono contemplati.
Tanto lei è amante della bella vita e dello sfarzo quanto lui è taciturno e poco socievole. Alle feste preferisce caccia e passeggiate solitarie, ma, ironia della sorte, sarà proprio una sontuosa cena offertagli, il 25 settembre 1637, dal duca di Créquy, a costargli la vita: al termine, probabilmente per un’intossicazione alimentare, molti convitati si sentiranno male. Vittorio Amedeo si spegnerà alle ore 2,30 del 7 ottobre.
Cristina di Borbone-Francia
Vittorio Amedeo I Savoia
Gli sposi rimangono fino al 24 settembre a Parigi, poi partono per il Piemonte. È un viaggio lento, interrotto dalle soste per i festeggiamenti organizzati da Carlo Emanuele I: è lui ad accogliere Cristina ai confini dello Stato.
In novembre, raggiungono Chambéry: la sposa è presentata alla nobiltà piemontese e savoiarda.
Domenica 9 novembre il corteo è al Moncenisio: è una radiosa giornata di sole con un cielo azzurro terso.
Carlo Emanuele I, che ha trascinato il Ducato in infinite guerre, è anche amante della cultura e dello spettacolo: le sue feste, di cui spesso è ideatore e realizzatore, sono pensate per sorprendere e lasciare senza fiato gli spettatori. Quelle acquatiche: il ricevimento sul Po nel 1585 per le sue nozze con Caterina d'Austria e poi ancora nel 1608 e 1611 in Palazzo San Giovanni, allora residenza ducale, ne sono un esempio.
I tornei a piedi e le giostre, come quelli del 12 maggio 1587 per il battesimo dei figli, Filippo Emanuele di due anni e Vittorio Emanuele appena nato, assieme a balletti e melodrammi ne sono altre prove.
Per festeggiare il matrimonio del figlio e della nuora sul Colle si avvale della collaborazione del marchese Ludovico San Martino d'Agliè: la ricchezza e l'originalità delle loro invenzioni accrescono il prestigio dei Savoia presso i rappresentanti delle potenze straniere invitati all'evento.
È novembre e tutto sconsiglia il Moncenisio, di solito già impraticabile in quel periodo: meglio fermarsi a Nizza e attendere la primavera. Quell’autunno è però particolarmente clemente: giunto a Chambery, il Duca decide, senza indugio, di valicare le Alpi perché “nel passaggio di si aspri monti, che non solo sogliono spaventare le persone ordinarie, ma anco gl’huomini più forti, e coraggiosi, potesse veder Madama, che nell'horridezza di quei monti si trovasse tutto quello, che per l'Europa è di più curioso, e memorabile”.
LEGGI ANCHE: Il Moncenisio prima della diga. Ospizi, barche e cascatelle
Il Lago del Moncenisio in una cartolina d'epoca.
L'evento è descritto nella “Relatione”, stesa a Torino da Luigi Pizzamiglio, Stampatore Ducale e pubblicata in quell’anno. Sarà anche raccontata dal benedettino Valeriano Castiglione, dal 1624 storico ufficiale di Casa Savoia.
In una decina di giorni, “sopra il lago volto alla strada corrente”, l’Architetto Ducale Carlo di Castellamonte erige un grande edificio in legno: portico a colonne e balconi ornano cinque stanze al piano terreno e quattro a quello superiore, dipinte e arredate con arazzi, tappeti e vasellame giunti da Torino: “tanto commodo, che le loro Altezze vi potessero alloggiare, il quale fu finito di tutto punto, e così presto, che rispetto alla brevità del tempo parve quasi un'incanto”.
Decine di Marrons di Novalesa e Lanslebourg, hanno trasportato al Colle, smontati, dodici grossi barconi: sono trasformati in galere.
LEGGI ANCHE: I Marrons del Moncenisio: una storia lunga oltre dieci secoli
Dal loggiato a vetrata, gli sposi assistono a una giostra combattuta, sulle acque del lago, da ottanta uomini su venti barche: si celebrano le gesta di Amedeo V di Savoia. Parecchi storici del periodo narrano che fra il 1310 e il 1316, con Luigi IX il Santo, Re di Francia, si rende protagonista della liberazione di Rodi assediata dai Turchi.
Cristina appare ai presenti probabilmente come nei suoi futuri ritratti ufficiali: lunghi boccoli castani ad incorniciare un grazioso visino ovale, con il tipico nasino all’insù delle “mademoiselles” francesi, pelle diafana, occhi vivaci e labbra rosse dal sorriso ironico. Avvenente, cocciuta e capricciosa incarna l’espressione più tipica della corte parigina: sarà una delle più chiacchierate personalità di Casa Savoia.
“A capo del lago un'isoletta formata dalla natura e modellata dall'arte” rappresenta Rodi assediata dalla flotta turca e difesa dai cristiani sotto il vessillo dell’isola e dell’aquila nera dei Savoia.
Sulla sponda sono schierati gli eserciti.
Al segnale della tromba si combatte in terra e in mare: sono state assoldate centinaia di comparse e ci sono gli uomini più importanti al seguito del Duca, lui stesso e i figli, compreso Filiberto giunto dalla Spagna per conoscere la cognata.
Gli infedeli sono sconfitti. L'esibizione è preceduta da un pranzo a base di "trutte di smisurata grandezza prese nel sudetto lago, come d'altri pesci rari del mare, e di frutte eccellenti d'ogni sorte, e massime, di cedri, limoni, e fiori, e quantità di confetture esquisite, che fù un stupore, tanto per l'abbondanza quanto per l'eccellenza".
Antonio Tempesta, Torneo in Piazza Castello per le nozze di Vittorio Amedeo I e Cristina di Francia, 1620, Galleria Sabauda Torino.
Al termine la coppia scende all’Abbazia della Novalesa, poi a Susa e a Rivoli: qui, preceduti dal Duca, sono accolti da altri intrattenimenti.
L’ingresso solenne a Torino avviene solo domenica 15 marzo 1620: gli sposi, al Duomo, sono benedetti dall’arcivescovo di Torino e Cristina riceve dal Governatore e dai Sindaci le chiavi della città. Si ritirano poi a Palazzo Ducale.
ll padiglione del Moncenisio è abbandonato al suo destino: alla fine del secolo non ne rimane che un ammasso di ruderi.
Cristina si ritrova nell’austera corte sabauda, ma dopo il suo arrivo, la sonnacchiosa e bigotta Torino scopre il gusto per la mondanità: balletti di corte come a Parigi, prime teatrali e musicali.
Al 6 dicembre, San Nicola, diventa consuetudine lo “zapato" spagnolo: scambio di ricchi regali nascosti dentro scarpe portafortuna. Autore di molte coreografie delle sue feste è il conte Filippo d’Aglié, cortigiano raffinato, suo amante e fedele consigliere. Si conoscono da quando i Duchi, per sfuggire alla peste, si rifugiano a Cherasco: a corte si mormora che lui sia il vero padre dell’erede al trono.
Nel 1630 Vittorio Amedeo I succede al genitore.
Lei prende su di sé il titolo di Madama Reale: prima perché sorella di Luigi XIII e poi perché, alla morte del marito, manterrà la reggenza in nome dei due figli piccoli, ma si firma anche “Chrestienne de France, Duchesse de Savoie et Reine de Cypro”.
Nel 1637 il Duca scompare: lei ha 31 anni. Intelligente, con uno spiccato senso politico e carattere autoritario, per un trentennio, in un contesto in cui le donne non contano nulla, concentra il potere nelle sue mani.
Nel 1648 il figlio Carlo Emanuele II assume formalmente il potere.
Madama Reale lascia questo mondo il 27 dicembre 1663. Da qualche tempo una conversione religiosa ha cambiato radicalmente la sua vita: segue fino a quindici messe al giorno e si sottopone a penitenze crudeli. È sepolta, vestita con il saio monacale, nella chiesa di Santa Cristina: l’ha fatta costruire, nell’odierna piazza San Carlo, per le Carmelitane Scalze che lei ha voluto a Torino.
Il 21 settembre 1802 la salma viene traslata nella vicina chiesa di Santa Teresa d'Avila.