Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Il Ministero dell’Ambiente ha elaborato il nuovo Piano Lupo: a differenza del precedente, elaborato nel 2002, che prevedeva in determinati casi l’abbattimento selettivo dell’animale, quest’ultimo sarà un “Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia”, che ne proibirà l’eliminazione e promuoverà un attento monitoraggio della specie.
Saranno 22 le azioni che il Ministero dell’Ambiente si impegnerà ad eseguire a favore del controllo del predatore: tra queste, una costante analisi dei dati Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) riguardanti la diffusione del lupo in Italia, un più elevato contrasto al bracconaggio e una maggiore informazione a proposito degli ibridi lupo-cane.
Lupo maschio in Valle di Susa (Batti Gai)
Si stima che siano presenti sul nostro territorio 293 lupi sulle Alpi e 1.580 sugli Appennini, circa il 17-18% della consistenza del lupo a livello di Comunità europea. “Serve una prevenzione attiva e diversificata dei possibili conflitti, per questo abbiamo previsto, tra le altre novità, azioni specifiche di prevenzione con interventi sperimentali che interessino specifici ambiti territoriali, anche ristretti, che vivono problematiche uniche. Occorre conoscere con la maggiore precisione possibile quanti lupi abbiamo in Italia, perché spesso si grida “al lupo, al lupo” ma si tratta di ibridi o di cani vaganti”, afferma Sergio Costa, Ministro dell’Ambiente.
Il nuovo Piano Lupo ha suscitato l’apprezzamento della Commissione Europea, delle associazioni ambientaliste (Legambiente, Wwf, Lav, Empa) e degli Animalisti italiani, da sempre contrari agli abbattimenti, ma dovrà ancora essere approvato dalla Conferenza Stato-Regioni, approvazione non scontata visto che alcune regioni sono a favore degli abbattimenti del predatore.
A protestare sono le associazioni degli agricoltori e degli allevatori che sottolineano come la presenza del lupo crei ingenti danni all’agricoltura ed alla pastorizia di montagna. Ettore Prandini, presidente nazionale di Coldiretti, ribalta le considerazioni degli animalisti, chiede di salvare “le migliaia di pecore e capre sbranate, mucche sgozzate e asinelli uccisi”, e di tutelare anche coloro che abitano e lavorano nelle aree in cui la presenza dei lupi ricomincia a manifestarsi: “non si possono costringere alla fuga migliaia di famiglie che da generazioni popolano le montagne, ma anche i tanti giovani che faticosamente sono tornati per ripristinare la biodiversità perduta con il recupero delle storiche razze italiane”.
Sergio Barone, valsusino, vicepresidente provinciale di Coldiretti, è molto pessimista: “il lupo rischia di essere la pietra tombale sull’agricoltura e sull’allevamento di montagna, che già vivono anni di enormi difficoltà. I cervi hanno segnato la fine della frutticultura, i cinghiali degli orti e delle patate, coltivazioni che ora si possono effettuare solo a prezzo di costosissime recinzioni elettrificate. Il lupo sarà il colpo di grazia: dopo aver quasi azzerato l’ovinicoltura si rivolgerà anche ai giovani bovini, e renderà sempre più difficile l’allevamento. Anche noi anni fa forse abbiamo sbagliato ad accettare la logica dei risarcimenti, ed ora ci troviamo in una situazione che rischia di essere di non ritorno. Bisognerebbe permettere agli allevatori di difendersi dai predatori, se è il caso e con le dovute autorizzazioni, anche utilizzando le armi da fuoco”.
Il Presidente dell’Uncem Marco Brussone si augura che il Piano Lupo garantisca equilibrio e sostenibilità. “Assieme alla Coldiretti evidenzio che la presenza di branchi di lupi sta scoraggiando in molte aree alpine e appenniniche l'attività di allevamento mettendo a rischio anche il tradizionale trasferimento degli animali in alpeggio che, oltre ad essere una risorsa fondamentale per l'economia montana, rappresenta anche un modo per valorizzare il territorio e le tradizioni culturali che lo caratterizzano. Senza i pascoli le montagne muoiono, l'ambiente si degrada e frane e alluvioni minacciano le città”.