Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Parlando di antipasto piemontese sarebbe più corretto utilizzare la definizione di “giardiniera” (o anche giardiniera campagnola): questo piatto, che ha origine nella cucina contadina tradizionale, era infatti il sistema per conservare le verdure per l’inverno, che d’estate naturalmente abbondavano.
Osservando la natura l'uomo aveva imparato da tempo come conservare gli alimenti il più a lungo possibile, poiché la loro disponibilità era condizionata dalle stagioni e dalla possibilità di catturare le prede. Gli antichi avevano osservato che la frutta non raccolta rimasta sugli alberi seccava e non perdeva commestibilità, o che gli animali che restavano sepolti sotto la neve e il ghiaccio e i pesci che restavano inclusi nelle saline naturali non subivano processi di deterioramento o che questo era comunque molto rallentato.
Già nell'antica Roma il cuoco imperiale Gabrio Apicio nel suo “De re conquinaria” descriveva le modalità di conservazione della carne con miele, aceto, sale e mostarda; mentre Palladio, nel secolo IV, raccomandava di conservare le olive facendone strati compatti colmati di miele, aceto e sale.
Uno dei metodi di conservazione più antichi è l'essiccazione all'aria, che ha lo scopo di eliminare il più possibile l'acqua contenuta negli alimenti e prolungarne in questo modo la durata. Successivamente ci si accorse che i cibi essiccati al fumo si conservavano ancora meglio, così nacque l’affumicatura: il fumo deposita sulla carne delle sostanze che fungono da schermo protettivo dai batteri nocivi.
Alcune sostanze poi per loro natura sono in grado di creare un ambiente ostile alla diffusione dei batteri: zucchero, miele, sale, aceto e limone sono stati utilizzati a tale scopo in vari modi e per molti tipi di alimenti (carni, pesce, frutta e verdura).
Gli antichi si accorsero addirittura che alcuni cibi, se conservati sotto uno strato di calce, si conservavano davvero a lungo: la calce infatti, oltre ad essere molto basica e quindi ostile ai batteri, ha una funzione sigillante che impedisce la benché minima traspirazione di ossigeno, creando una sorta di sottovuoto. Questo metodo era utilizzato per conservare le uova anche per un anno intero.
Con lo stesso principio in Piemonte si conservavano i salami sotto uno strato di grasso (strutto); il “salam dla duja” o “salam d'la doja” (tipico di Novara, Biella e Vercelli) prende il nome dal contenitore dove viene lasciato a maturare, la doja appunto (in latino dolium), che è un boccale di terracotta nato per la conservazione del vino.
Originariamente la giardiniera si preparava (e in alcuni casi si prepara anche oggi) semplicemente lessando gli ortaggi in acqua e aceto; una successiva variante prevede l'aggiunta di conserva di pomodoro e in questo caso si parla più nello specifico di antipasto piemontese, che in alcune zone assume anche diverse denominazioni come “antipasto di verdure in salsa rossa” o “antipasto Gianduia”.
L'abitudine di consumare questa pietanza come antipasto però è abbastanza recente. Anche se mangiare qualche fetta di salame all'inizio del pasto è un usanza antica sulle tavole dei piemontesi, la presenza di numerose portate servite come antipasto è una moda abbastanza recente.
Si comincia negli anni sessanta, quando, in pieno boom economico, mangiare in abbondanza era diventato un modo per allontanare il ricordo della fame della guerra. I ristoranti iniziarono così ad attingere a tutte quelle preparazioni tradizionali che erano nate per scopi diversi, alcuni di questi (come il vitello tonnato o la lingua) nascevano come secondi piatti, altri erano cosiddetti piatti di “tramezzo” di solito a base appunto di verdure.
Ecco allora che la piemontesissima giardiniera o antipasto piemontese assume un ruolo di primo piano nelle entrée dei pranzi più elaborati, ma anche nelle cucine casalinghe, magari arricchito da un po' di tonno spezzettato, oppure da funghi, fettine di uovo sodo e qualche oliva.
Antipasto piemontese
Trattandosi di una conserva le dosi sono piuttosto abbondanti, ma se non volete ritrovarvi troppi vasetti in dispensa potete ridurle mantenendo le proporzioni.
Ingredienti:
Verdure:
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1/2 kg di peperoni
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1/2 kg di sedano
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1/2 kg di carote
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1/2 kg di fagiolini
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1/2 kg di zucchine
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1/2 kg di cipolline (tipo borrettane)
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1/2 kg di cavolfiori
Per il sugo:
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5 kg di pomodori passati (la passata deve essere piuttosto densa)
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2 bicchieri d’olio
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2 bicchieri di aceto bianco
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un cucchiaio di sale
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un cucchiaio di zucchero
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un pizzico di noce moscata
Per conservare:
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acido salicilico (si acquista in bustine in farmacia)
Preparazione:
Per preparare l’antipasto piemontese per prima cosa dovete lavare tutte le verdure e tagliarle a cubetti più o meno della stessa misura (lasciate intere solo le cipolline). Asciugate bene tutte le verdure e, nel frattempo, scaldate la passata di pomodoro in una pentola capace (deve essere abbastanza grande da contenere tutte le verdure), con tutti i condimenti.
Quando il sugo di pomodoro inizia a bollire dovete aggiungere le verdure in questa successione:
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per prima cosa le carote
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dopo 15/20 minuti i fagiolini e il sedano
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dopo altri 10 minuti il cavolfiore
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dopo 10 minuti i peperoni, le zucchine e le cipolline
Completate la cottura per altri 20 minuti, coprendo la pentola con il coperchio gli ultimi 10 minuti; ricordatevi di mescolare ogni tanto.
Quando l’antipasto piemontese è cotto spegnete il fuoco e lasciate intiepidire a pentola scoperta, quindi pesatelo e aggiungete 1 g di acido salicilico per ogni kg di antipasto pronto. Mescolate bene e siete pronti per invasare il vostro antipasto (naturalmente i barattoli devono essere ben puliti e asciutti).
Riempite i barattoli con l’antipasto piemontese, e prima di chiudere i barattoli versate un filo d’olio sulla superficie. A questo punto il vostro antipasto piemontese è pronto per essere riposto in dispensa ed essere consumato durante l’inverno.
L'aggiunta di acido salicilico come conservante (che comunque non altera il gusto del prodotto), consente alle verdure di rimanere più croccanti; in alternativa si possono sterilizzare i barattoli con la bollitura.
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