Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Il “gran bollito misto piemontese” o semplicemente “bujì” come lo chiamano i piemontesi, è un secondo piatto tipico della regione che come tanti altri vanta origini molto antiche.
L'usanza di utilizzare la bollitura come metodo per cuocere la carne pare risalga addirittura ai Longobardi, arrivati in Piemonte intorno al 568, con immensi carri trainati da diverse paia di buoi. Questi usavano aggiungere all'acqua per bollire le carni aceto, miele, erbe e tutte le spezie a disposizione (i più ricchi potevano permettersi anche le spezie più “esotiche” che arrivavano dai paesi lontani). Forse è grazie ai Longobardi che nasce il “carpione” come metodo di cottura/conservazione a base di aceto o vino agro.
Ancora Vialardi, nel 1854, scriveva:”il bue ucciso di fresco non è buono a mangiare, ma è eccellente per fare sughi e brodi buoni”, a testimonianza del fatto che il bollito fosse entrato anche nelle cucine della corte.
Sembra che sia stato proprio Vittorio Emanuele II, che di questa pietanza andava ghiotto, ad introdurre l'usanza dei sette tagli di carne, accompagnati da sette “ammennicoli” e sette salse, così che per alcuni il bollito piemontese è conosciuto anche con il nome di "Bollito storico risorgimentale piemontese".
Annibale Carracci, Bottega del macellaio, 1585 circa.
La regola aurea del sette prevede come abbiamo detto sette tagli di carne:
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scaramella (bianco costato di reale, parte alta del reale)
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punta di petto
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fiocco di punta
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cappello del prete (parte superiore della scapola con muscoli)
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noce (muscolo della coscia)
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tenerone (muscolo lungo della spalla traversato da cartilagine)
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culatta (parte superiore della groppa tra sottofiletto e coscia)
Sette ammennicoli o frattaglie di carne:
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gallina
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testina di manzo
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zampino di vitello (da disossare)
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lingua di bue
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lonza (petto sottile ed un po’ grasso da scottare prima al forno con aromi e rosmarino)
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coda di bue
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cotechino
Sette anche le verdure, variabili a seconda della stagione, a titolo d'esempio si possono avere:
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cipolline passate nel burro
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patate lesse
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rape lesse
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foglie di verza bollite
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zucchini ripassati al burro
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finocchi ripassati al burro
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carote lesse
Infine sette le salse di accompagnamento:
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bagnèt verd (bagnetto verde)
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bagnèt ross (bagnetto rosso)
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bagnet ëd tomàtiche e povron (bagnetto di pomodori e peperoni)
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senape
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sàussa d'avije (salsa delle api, così chiamata perchè preparata con miele e noci)
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salsa al rafano
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cognà d'uva (una sorta di composta fatta con uva nera, mele, pere e altri frutti)
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Questa preparazione ha una tradizione molto radicata in Piemonte, tanto che il 27 ottobre 1984 a Castagnito e Guarene (in provincia di Cuneo) viene istituita con cerimonia ufficiale la Confraternita del Bollito.
Il Consorzio di tutela della Razza Piemontese di Cuneo propone le regole del bon ton del gran bollito misto piemontese:
“Sul tavolo pane, grosse “grisse” e pane di Re Carlo Alberto con le noci, olio e pepe, ciotole di sale grosso da spargere sulla carne togliendolo poi col coltello al momento di fare il boccone, piattino di burro da schiacciare con le patate bollenti, ampolle di olio extra vergine per condire le patate, per allungare i bagnetti e le salse, ampolle di aceto di vino rosso per correggere e ritoccare i bagnetti e le salse.
Il commensale si presenti ben vuoto, riposato e ben disposto, non faccia calcoli di tempo e men che meno di calorie.
Utilizzi un coltello affilatissimo e due piatti, 1 per le sole carni e 1 per i bagnetti e contorni di verdura.
…Non si mischino i bagnetti, non si beva acqua specie in principio, si morda piccolo nel pane e grosso nella carne, è un mangiare da signori!” (estratto da “a tavola con il gran bollito piemontese”)
Altri libri di cucina tradizionale riportano come per mangiare il bollito la regola impone di “ricominciare da capo” almeno tre volte. In tutto questo è facile capire come si tratti di un piatto da grandi tavolate, adatto ai banchetti di un tempo o alle tavole dei ristoranti.
Benchè siano previste ricette “ridotte”, più semplici da realizzare nella cucine familiari, e che prevedono “solamente” otto tipi di carne (muscolo, scaramella, cappello del prete, lingua di vitello, testina,coda, gallina o cappone e cotechino), siamo comunque di fronte ad una notevole quantità di carne, che se avanzata deve essere in qualche modo riutilizzata e “valorizzata” in altre preparazioni.
Ecco allora che nella gastronomia piemontese ritroviamo anche numerose ricette che prevedono l'uso della carne avanzata del bollito.
Dalle più semplici come l'insalata di bollito, dove la carne ormai fredda viene accompagnata a fagioli, cipollotti o cipolla affettata e condita con olio, aceto, sale e pepe; o come il bollito in salsa, dove la carne già bollita viene accompagnata da una salsa di pomodoro insaporita con alloro, rosmarino e chiodi di garofano, in una sorta di spezzatino.
Probabilmente lo stesso vitello tonnato, famosissimo antipasto della cucina piemontese, nasce con lo stesso intento, lasciando che la salsa tonnata insaporisca la carne ormai fredda.
La carne del bollito finiva nel ripieno degli agnolotti, e si utilizzava per farne polpette (balòte in dialetto).
A dire il vero il Piemonte non è l'unica regione in cui le polpette si preparano con la carne lessata, anche a Milano e a Roma si recuperano le carni del bollito per questa preparazione.
Anche se già nel XV secolo la parola “polpetta” era presente nei ricettari, come nel “Libro de Arte Coquinaria” di Maestro Martino, si trattava in realtà di involtini di carne insaporiti con sale, prezzemolo, maggiorana o altre erbe aromatiche e cotti allo spiedo.
Sarà Pellegrino Artusi, nel suo noto manuale “La Scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene” (del 1891), a presentarci le polpette così come le conosciamo oggi in Piemonte: “Non crediate che io abbia la pretensione d'insegnarvi a far le polpette. Questo è un piatto che tutti lo sanno fare... Intendo soltanto dirvi come esse si preparino da qualcuno con carne lessa avanzata...Tritate il lesso colla lunetta e tritate a parte una fetta di prosciutto grasso e magro per unirla al medesimo. Condite con parmigiano, sale, pepe, odore di spezie, uva passolina, pinoli, alcune cucchiaiate di pappa, fatta con una midolla di pane cotta nel brodo o nel latte, legando il composto con un uovo o due a seconda della quantità. Formate tante pallottole del volume di un uovo, schiacciate ai poli come il globo terrestre, panatele e friggetele nell'olio o nel lardo...”
In molte famiglie piemontesi il pane bagnato nel latte veniva sostituito da patate lesse che danno alle polpette una consistenza morbida, quasi cremosa, in contrasto con la crosticina croccante di pan grattato.
La ricetta delle polpette
Le polpette di lesso e patate si preparano con:
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500g di carne lessata (può essere manzo, pollo, coniglio, oppure un misto di carni)
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500 g di patate
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3 uova
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3 cucchiai di parmigiano grattugiato
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1 pizzico di noce moscata
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sale, pane grattugiato e
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olio per friggere (ottimo l’olio di semi di arachide)
Si fanno bollire le patate con la buccia finché risultano tenere. Nel frattempo si trita la carne lessa; per fare questo sarebbe meglio usare un tritacarne, perchè con un mixer o un robot da cucina la carne risulterebbe eccessivamente spappolata.
Quando le patate sono cotte si pelano e si schiacciano con lo schiacciapatate, quindi si mescolano alla carne tritata, si uniscono le uova e si insaporisce il tutto con un pizzico di noce moscata e il parmigiano grattugiato.
Si regola di sale e si formano con le mani delle polpette poco più grandi di una noce, dandogli una forma leggermente schiacciata.
Si passano le polpette nel pane grattugiato e si friggono in abbondante olio ben caldo finché risultano dorate da tutti i lati. Si scolano su un foglio di carta assorbente e si servono ben calde.
Altre ricette di Rosa Del Gaudio sul blog Il Folletto Panettiere