Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Gòffre, Gaufre, Gofri, Gôfre... si chiamano in tanti modi, a seconda del luogo, ma ovunque sono delle cialde croccanti, preparate con farina, acqua e lievito e cotte su apposite piastre di ghisa. Tradizionalmente erano preparate come sostituto del pane, soprattutto in inverno in quanto le popolazioni montane avevano difficoltà a scendere a valle per panificare.
Il loro nome, e anche la loro origine, risentono evidentemente dell'influenza francese. Nel corso del 1800 la “piccola Occitania” era infatti quella zona del Piemonte che dalla Val di Susa arriva fino alle Alpi Marittime, ed era strettamente correlata con l'Occitania, ovvero il territorio di lingua d'oc, geograficamente collocabile al sud della Francia, nelle aree comprese tra le Alpi e l'Oceano Atlantico, la Loira e i Pirenei.
Tra questi due territori erano frequenti gli scambi commerciali e l'emigrazione stagionale, sopratutto delle donne, che dalle nostre valli si recavano oltralpe per la raccolta delle olive e della mimosa, oppure per lavorare come domestiche, setaiole e balie. Molti piatti comuni dell'area alpina sono nati quindi da questi scambi: la provenzale ratatouille divenne nella valli cuneesi ratatouia, la soma d'aj che si preparava nei vigneti piemontesi durante la vendemmia divenne aioli, consumato in provenza il giorno di Sant'Andrea durante la raccolta delle olive.
Nel caso dei gofri l'ispirazione arriva dalle gaufre francesi, ma mentre queste ultime sono delle cialde dolci preparate con una pastella a base di latte, uova e farina (altrove conosciute con il nome di waffle), quelli valsusini sono semplici cialde di pane croccante, tradizionalmente serviti con il bross. Quest'ultimo è un miscuglio di formaggi, tradizionalmente preparato con i resti di varie tome, fatto fermentare in recipienti di terracotta finchè non ne risulta una crema; la fermentazione è poi fermata aggiungendo della grappa. Il formaggio che ne risulta ha un sapore molto forte, anche il termine bros (o bross) sembra venga dalla parola piemontese che significa “bruciare”. “Mac l'amor a l'è pi fort che 'l bros” recita un vecchio proverbio piemontese (soltanto l'amore è più forte del bros).
In comune con le cugine francesi i gofri della Val di Susa hanno la caratteristica forma a nido d'ape, nella dizione occitana infatti la parola gòffre indica proprio il favo del miele.
Un tempo ogni famiglia aveva la sua piastra di ghisa da scaldare sulla stufa a legna e la tradizione vuole che le piastre seguissero i pellegrini in viaggio verso i conventi e servissero a preparare in origine le ostie. Come abbiamo detto i gofri erano il sostituto povero del pane, e in questo caso potevano anche essere tagliati a strisce sottili e aggiunti alla zuppa (ad esempio di cavolo) oppure inzuppati nel latte della colazione al mattino.
Oggi fanno la loro comparsa in molte fiere e sagre della Val di Susa e li troviamo farciti con prosciutto, salame, pancetta, formaggio, sono buonissimi con i formaggi d’alpeggio del Moncenisio, o in versione dolce, accompagnati da miele, marmellate o crema al cioccolato.
La ricetta tradizionale prevede l’utilizzo di una gofriera in ghisa (goufrìe o fer à gaufre, due piastre sovrapposte e incernierate su un lato in modo che si aprano a libro), ma in casa si potranno preparare anche con una più comune piastra per waffle o una cialdiera elettrica (di quelle utilizzate per la preparazione delle cialde dei coni gelato).
Se non avete la gofriera in ghisa potete cuocere i Gofri utilizzando una piastra elettrica per waffle o coni gelato
La ricetta
Ingredienti (dosi per circa 4 Gofri):
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5 g di lievito di birra
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250 g di farina 00
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250 ml di acqua tiepida
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Sale
Preparate una pastella morbida sciogliendo il lievito di birra nell’acqua tiepida, unite poi la farina (anticamente si utilizzava miscelare in parti uguali farina di frumento e farina di segale) e un pizzico di sale. Lasciate lievitare questo composto in una ciotola coperta per almeno 3-4 ore.
Trascorso questo tempo scaldate la piastra, ungetela da entrambi i lati strofinando con un pezzo di lardo infilzato su una forchetta e versatevi un po' di impasto, distribuendolo uniformemente; chiudete la piastra e fate cuocere il gofri per circa 6 minuti (3 per lato sulla piastra tradizionale che va girata sopra il fornello). A fine cottura il gofri dovrà risultare dorato e croccante e va consumato caldo per non perdere la sua fragranza.
Per finire una curiosità: in tempi di magra o nei giorni di astinenza quaresimale sulla piastra di ghisa al posto del lardo veniva strofinata una mezza cipolla.
Oggi come allora i gofri si possono gustare nelle fiere, i roumiage, le feste patronali, dove lingue e tradizioni si mescolano e basta una fisarmonica o una ghironda per fare festa con canti e danze.
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