Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Tutti ricordano il caso del piccolo Edgardo Mortara, il bambino ebreo di sei anni sottratto alla famiglia per farlo convertire al cattolicesimo, portato alla ribalta anche dal film del 2023 "Rapito", di Marco Bellocchio. Il fatto avvenne nel 1858 a Bologna, allora parte dello Stato Pontificio, cui fece seguito il suo trasferimento a Roma, sotto la custodia di papa Pio IX.
Nonostante le disperate e reiterate richieste dei genitori di riavere il bambino, il Papa rifiutò sempre di riconsegnarlo. La vicenda all'epoca sollevò molto scandalo, sulla stampa inglese e americana. Eppure, non tutti sanno che in Piemonte, per alcuni secoli, accadde lo stesso ai danni dei bambini valdesi, rapiti alle famiglie per farli diventare cattolici.
Una "Campagna di conversioni"
Ai tempi della Controriforma, la Chiesa prese la decisione di condurre una massiccia campagna di conversione degli "Eretici", nell'ambito della quale era consuetudine sottrarre i bambini alle famiglie "eretiche" in tenera età, a volte con la forza, a volte con l'inganno, per convertirli alla fede cattolica.
Prima di giudicare male, guardando con gli occhi di oggi, bisogna pensare che a quel tempo, e in quel contesto, si riteneva realmente di fare loro del bene, dando ad essi la possibilità di salvare l'anima. L'eresia veniva ritenuta da sempre un peccato gravissimo, e non dimentichiamo che, nella Divina Commedia, gli "eresiarchi" erano collocati all'Inferno, nella città di Dite, giacenti dentro a delle tombe infuocate.
A metà del '600, a Torino, su impulso dell'Inquisitore Generale Francesco Maria Bianchi, venne aperto l'"Ospizio dei Catecumeni", affidato alle cure dell' Arciconfraternita del Santo Spirito, allo scopo di accogliere e catechizzare gli "eretici" che decidevano di passare alla fede cattolica (fu in quel palazzo che soggiornò nel 1728 il calvinista Jean-Jacques Rousseau prima di ricevere il battesimo in Duomo).
Missionari Valdesi.
Strappare i bambini alle famiglie in tenerissima età era senza dubbio una cosa molto crudele: per questo motivo Carlo Emanuele II di Savoia, nel concedere il 18 Agosto 1655 le cosiddette "Patenti di Grazia" (con le quali perdonava i Valdesi per la loro ribellione, e accordava loro di praticare il loro culto nelle loro valli), stabiliva che: «I figliuoli dei religionari non potranno essere tolti ai loro parenti sotto pretesto che vogliono abbracciare la religione cattolica mentre sono in età minore, cioè i maschi di 12 e le femmine di 10 anni».
L'età di 12 e 10 anni veniva ritenuta idonea per una consapevole scelta religiosa. Ma i catechizzatori erano ben coscienti che un fanciullo con quegli anni, cresciuto fin dalla nascita con una diversa educazione religiosa, non solo era meno facilmente catechizzabile di un bambino in tenerissima età ma, anche dopo la conversione, poteva conservare in sé tracce del suo passato. Un bambino indottrinato a partire da quattro o cinque anni riservava invece meno sorprese al momento della "libera" scelta.
Dunque le sottrazioni alle famiglie di bambini di quattro o cinque anni, sebbene sulla carta non consentite, continuarono. E se le famiglie ricorrevano ai giudici per fare rilevare il sopruso, trovavano dei magistrati (cattolici) conniventi: spesso questi ignoravano i fatti, oppure rimandavano sine die la loro decisione, per fare in modo che i fanciulli rapiti raggiungessero l'età legale, nella speranza che optassero per il Cattolicesimo. Ma, accettando il Cattolicesimo, essi erano perduti per la famiglia di origine, perché si era convinti che essa avrebbe potuto far vacillare la sua fede.
In quei tempi, come stabilito nell'Editto del 25 Febbraio 1602, non era consentito per i Valdesi «maritarsi con donne cattoliche, né alle donne eretiche con uomini cattolici, salvo che vi preceda autentica promessa dell'eretico di cattolizzarsi, e che ne segua fra breve termine l' effetto».
È da notare che, espressamente per cattolicizzare quanto più possibile le valli valdesi, Carlo Emanuele III aprì un grande "Ospizio dei Catecumeni" a Pinerolo, affidandone la costruzione nel 1743 all'architetto Bernardo Antonio Vittone.
L' "Ospizio dei Catecumeni" di Pinerolo, opera di Bernardo Antonio Vittone
In ogni caso, questi rapimenti provocarono sempre molto risentimento dei Valdesi nei confronti dei Cattolici. Questo (assieme ai tanti altri torti subiti) fu uno dei motivi per i quali, successivamente allo scoppio della Rivoluzione Francese, allorché le armate rivoluzionarie entrarono nel 1794 in Val Pellice impiantando gli alberi della libertà, vennero accolte con gioia dai Valdesi.
La popolazione valdese divenne giacobina; e non si trattò di una scelta limitata a piccoli gruppi di borghesi (come accadeva nel resto d'Italia), ma toccò tutte le categorie sociali: dal professionista al mercante, dal contadino al montanaro. D'altronde, la Rivoluzione prometteva "Liberté, Égalité, Fraternité", e per la prima volta nella loro Storia i Valdesi videro riconosciuti diritti civili e libertà di culto.
Sentendo la situazione pericolosamente sfuggire di mano, Vittorio Amedeo III tentò di riconquistare il cuore dei Valdesi ribadendo, nel Regio Biglietto del 24 maggio 1794, che la sottrazione dei fanciulli alle famiglie per convertirli, di cui lui era consapevole, sarebbe stata consentita soltanto al di sopra dei limiti di età stabiliti, mentre al di sotto di essa sarebbe stata punita.Ma ormai era troppo tardi, perché il ciclone napoleonico avrebbe travolto tutto.
Il vescovo di Pinerolo André Charvaz (1793 - 1870).
Con la Restaurazione, si ritornò alla condizione precedente, l' "Ospizio dei Catecumeni" di Pinerolo ritornò ad accogliere ospiti e venne nominato vescovo André Charvaz (già precettore di Vittorio Emanuele II).
Il vescovo Charvaz, uomo rigido e di posizioni traditionaliste, visse come una ferita la presenza di Protestanti nelle sue valli, e ritenne fosse suo compito riuscire ad ottenerne la conversione (appoggiato in questo da Carlo Alberto e dalla Marchesa di Barolo) .
Egli, autore di pubblicazioni dal titolo "Recherches Historiques sur la Véritable Origine des Vaudois, et sur le caractère de leurs doctrines primitives", e "Guida del Catecumeno Valdese, ossia Difesa del Cattolicismo contro gli errori dei Protestanti", ebbe la soddisfazione di presiedere in Cattedrale, nel 1844, una fastosa funzione celebrante la conversione al Cattolicesimo di ventiquattro Valdesi.
Quando nel 1848 Carlo Alberto decise di emanare le Lettere Patenti di Emancipazione di Ebrei e Valdesi , egli dissentì vibratamente, perché, secondo lui, equivalevano al riconoscimento dell’eresia. La sua posizione di intransigenza era la stessa dell'abate Nicolas Bergier, il quale, ai tempi dell'Ancien Régime, si era opposto all' "Édit de Tolérance" di Luigi XVI, che nel 1787 aveva concesso ai Protestanti francesi «le droit d’exister dans le Royaume, sans y être troublés sous le prétexte de religion».
L'abate Bergier aveva scritto, a proposito dei Valdesi, nel suo Dizionario di Teologia: «Il n'est peut-être aucune secte, dont l'origine ait été plus contestée, qui ait donné lieu à des récits plus opposés et à un plus grand nombre de calomnies contre l'Église romaine, que la secte vaudoise».
È curioso notare che l' "Ospizio dei Catecumeni" di Pinerolo, nonostante l’emancipazione valdese del 1848, continuò a funzionare fino al 1894.