Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Attorno all'anno 900 la paura si diffuse nei territori della Liguria e della Provenza, nelle valli del Rodano e della Durance, per poi raggiungere il Delfinato e, di qui, le valli piemontesi e la pianura del Po. Era l'invasione dei Saraceni, provenienti dall'Oriente attraverso il Mediterraneo e dall'Africa attraverso la Spagna.
Uomini dalla carnagione scura, robusti e agili, portavano vestiti dai colori vivaci, pennacchi, ciondoli e monili, ed erano armati di scimitarre ricurve. La prima scorreria che subirono le nostre Valli avvenne nell'anno 906 e si concluse con la distruzione del Monastero della Novalesa, come raccontato anche nella “Cronaca di Novalesa”, documento storico del XII secolo di autore ignoto, che descrive la storia (e la leggenda) di uno dei monasteri più potenti dell’alto medioevo.
Il rotolo in pergamena della “Cronaca di Novalesa”.
In anni successivi la stessa sorte toccò al Monastero di Oulx, e nel 929 i Saraceni compirono incursioni anche in Val Chisone lasciando vestigia sui monti di Pragelato, sulle pendici del Pelvo («ël viol da Sarassin») e sopra Perosa (Porta Saracena).
La tradizionale Baìo di Sampeyre, in Val Varaita, è una festa che si svolge ogni cinque anni per commemorare la cacciata degli invasori musulmani, ma anche in valle di Susa sono numerose le leggende ed i toponimi che li riguardano, dalla Galleria dei Saraceni al “Maometto” di Borgone.
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La loro dominazione in Piemonte si spinse fino a Pedona, Asti, Alba, Acqui e Tortona e durò fino al 980, quando vennero respinti da Arduino Glabrione marchese di Torino. Verso l’anno mille i saraceni vennero scacciati anche dalla nostra Valle grazie all’opera di una famiglia di nobili che si sarebbe stabilita in seguito nella zona, i visconti De Bardonneche, contemporanei del fondatore della dinastia dei Savoia Umberto Biancamano.
La Baìo di Sampeyre (dal libro "Spiriti d'inverno" di Stefano Torrione).
Ma, come spesso si dice, non tutti i mali vengono per nuocere: pare infatti essere merito del popolo saraceno se oggi possiamo visitare la cittadina di Bardonecchia.
Un tempo, infatti, la conca in cui oggi troviamo la “Perla delle Alpi” sarebbe stata occupata da un grosso lago, alimentato dai torrenti mantenuti carichi dalle nevi delle cime, che aveva come emissario la Dora di Bardonecchia. Lo testimonierebbe anche l'antica denominazione della chiesa parrocchiale di Bardonecchia, Santa Maria ad Lacum, eretta nell'attuale Borgo Vecchio.
Intorno al X secolo, con l’arrivo dei Saraceni in questa parte della Valle, il lago sarebbe poi stato prosciugato. In effetti la breve strettoia che s'incontra lungo la strada statale 335, qualche centinaio di metri prima dell'abitato, nella quale trovano spazio solo il corso della Dora di Bardonecchia e la statale stessa, è ancor oggi chiamata località Roccatagliata.
Proprio qui infatti i Saraceni avrebbero aperto il varco alle acque del lago, "tagliando" la parete rocciosa che univa le pendici del monte Jafferau a quelle del Bramafam, liberando la conca dall’acqua e dando vita allo sviluppo di un florido centro abitato.
Fonti
G. Paolo Di Pascale e Alberto Re, Bardonecchia e le sue valli, Azienda Autonoma di Soggiorno di Bardonecchia, 1979.
Foto sopra al titolo: Santa Chiara caccia i Saraceni, Anonimo marchigiano, 1630 ca (foto di Stefano Bolognini da Wikipedia).