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Le vicende di Sant'Antonio Abate sono note soprattutto attraverso la Vita Antonnii, opera del suo discepolo Atanasio di Alessandria. La Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine e le storie popolari lo raccontano guaritore e conquistatore del fuoco.
Antonio nasce a Coma, l’odierna Qumans, in Egitto, verso il 251, rimasto orfano si ritira in solitudine presso il deserto per vivere da eremita.
Sulle montagne del Pispir, oggi Deir el Maimun, inizia a compiere guarigioni, consolare gli afflitti e istruire discepoli, tanto che si formano due gruppi di monaci, uno dimorerà sulla riva orientale del Nilo e l’altro su quella occidentale. Nell'ultima parte di vita, nel deserto della Tebaide, ricerca nuovamente l’isolamento.
Muore il 17 gennaio 356, a circa 106 anni, ed è sepolto in segreto. Nel 561 se ne scopre il sepolcro: le spoglie sono allora traslate ad Alessandria e poi a Costantinopoli.
Intorno all’anno 1000, Jocelin, Conte di Chateau Neuf d'Albon, uomo pio dalle visioni mistiche, visita la Terra Santa e di ritorno, a Costantinopoli, le riceve in dono dall’Imperatore. Giunto in Delfinato le interra a La Motte aux Bois, oggi Saint Antoine l’Abbaye, nei pressi di Vienne: le ossa vengono puntualmente riesumate per seguire i Cavalieri della famiglia nelle spedizioni militari al fine di guarirli dalle ferite.
La statua di Sant'Antonio custodita a Ranverso.
Nel 1070 Guigue di Didier, un discendente, erige una chiesa per custodirle: vi accorrono folle di ammalati, soprattutto di ergotismo che si sta diffondendo in tutta Europa aggiungendosi al fuoco di Sant'Antonio, l’herpes zoster, malattia, virale e con sintomi simili che affligge gli strati più poveri della popolazione per scarsità alimentare e igienica. Curate con conoscenze mediche minime e ritenute un unico morbo, le due patologie provocano febbri che consumano proprio come il fuoco e affezioni dolorosissime che conducono spesso a cancrene e ad amputazioni degli arti.
Il nobile Gaston de Valloire, dopo la guarigione del figlio Guerin dal “fuoco”, fonda con lui ed altri Cavalieri, la tradizione li indica in 7, una Confraternita laica ed un hospitium presso la chiesa, per assistere i malati-pellegrini.
Nel 1083 il complesso è posto sotto la supervisione dei Benedettini.
Papa Urbano II nel 1095, durante il Concilio di Clermont, riconosce ufficialmente la Confraternita, ora formata da infermieri e frati laici. Consente loro di allevare maiali perché il grasso è usato nella cura della malattia: saranno raffigurati, simbolicamente, in ogni loro chiesa e nell'iconografia del Santo assieme al bastone a forma di tau, il simbolo della Congregazione, che lo sorregge.
Gli animali, che per essere riconoscibili portano un campanellino all'orecchio, possono razzolare liberamente nelle strade, mangiando i rifiuti e gli avanzi delle case.
Il Sodalizio è governato da un Gran Maestro e dalla Casa Madre dipendono le Precettorie guidate dal Precettore. L'abito è una veste nera con cucito, all’altezza del cuore, un Tau di panno celeste.
Nel 1297 si svincola dai Benedettini: Papa Bonifacio VIII, con bolla del 10 giugno, lo trasforma in un ordine religioso di Canonici Regolari retti dalla Regola di Sant'Agostino: nel Capitolo Generale del 1298 si daranno il nome di Ordine dei Canonici Regolari di Sant'Antonio di Vienne. La Casa Madre diviene Abbazia e dipende direttamente dal Pontefice.
Saint Antoine l’Abbaye oggi.
La presenza degli Antoniani è accertata a Susa intorno al 1186 ma di fatto la prima Precettoria italiana è quella di Buttigliera Alta, in località Ranverso. Un incendio del 1422, i saccheggi degli Ugonotti intorno al 1567 e quelli napoleonici, non permettono di stabilirne con esattezza la data della fondazione: verosimilmente alcuni anni dopo l’arrivo a Susa.
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Il 17 gennaio, giorno dedicato al Santo, si svolge, probabilmente sin dai primi tempi, una celebrazione molto sentita che permane anche dopo la soppressione dell’ordine e il passaggio dei beni, nel 1776, all’Ordine Mauriziano.
In quella data le proprietà antoniane in Piemonte sono imperniate a Ranverso e Torino.
Sant'Antonio di Ranverso.
polittico di Defendente Ferrari.
A Ranverso vi sono chiesa, convento, le parti rustiche di servizio e le non piccole dipendenze agrarie, site principalmente in Bassa Valsusa. A Torino, in collina, qualche appezzamento di terra e una vigna, in via Po, presso Piazza Vittorio, dove oggi hanno sede la fondazione Accorsi e alcuni istituti dell'università, la chiesa e il convento: su un portone si riconosce ancora il tau.
Le due chiese, mai state parrocchie, hanno tradizioni e pesi pii, ossia obblighi assunti in perpetuo in cambio di benefici o legati, come celebrazione di messe di fondazione o elemosine, talvolta di origine assai antica.
Tra i “pesi” di Ranverso è annoverato “l'anniversario di Moncalieri”, strettamente legato alla dedicazione del polittico cinquecentesco, opera del pittore vercellese Defendente Ferrari, esposto sull'Altare Maggiore della chiesa: è onorato proprio il 17 gennaio.
A Moncalieri gli antoniani hanno una base importante fra il 1300-400, ma è nel 1530 che si salda il legame con Buttigliera: la Comunità dona alla Precettoria, come devozione al Santo per essersi liberata dalla peste, il polittico. Sulla struttura lignea dorata che lo incornicia campeggia lo stemma cittadino: nella copia del contratto stipulato tra la città e l'artista per l'esecuzione dell’opera, trasmessa il 29 dicembre 1861 dall'assessore Maldini al Cappellano Don Quartino, si legge come i delegati della città, recatisi a Ranverso, ne abbiano ottenuto il permesso dallo stesso Abate.
Negli ordinati comunali del 24 aprile 1530 si scopre che la concessione permette di apporre l’arma cittadina anche sulle vetrate e sull’altare maggiore: quasi una sorta di assunzione di patronato. Il voto prevede anche, annualmente, la donazione di un pane di cera e il versamento di uno scudo.
L'Ordine Mauriziano si accolla la situazione che trova al subentro. È fra le righe delle carte dell’epoca che si rintraccia la descrizione della celebrazione: quella che si era soliti fare da lungo tempo ma che nessuno si era mai curato di mettere per iscritto.
La celebrazione del 17 gennaio
Il 17 gennaio si celebra Messa solenne e cantata alla presenza della delegazione ufficiale di Moncalieri che nei giorni precedenti ha anche indetto le questue per l’acquisto della cera. Segue la presentazione delle offerte: vari doni in natura, quindi il pranzo e la distribuzione delle elemosine ai poveri dei dintorni. Si vigila strettamente che la notorietà della festa non dia luogo ad abusi.
La ricorrenza, così come l'Ordine, è soppressa durante gli anni napoleonici per poi essere ripresa alla Restaurazione: lo storico Aubin-Louis Millin nel suo Voyages en Savoie, en Piemont, a Nice et a Gènes, pubblicato nel 1816 a Parigi, afferma che dal 1805, dopo aver espresso il rammarico per l'interruzione dovuta ai danni provocati alla Precettoria dal passaggio delle truppe austro-russe e francesi, Moncalieri se ne è assunta l’onere.
Con il ritorno dell’Ordine riprende la celebrazione e proseguirà fino al tardo 1800: nei documenti si legge, ad esempio, che il 15 gennaio 1835 il sindaco moncalierese assicura la sua presenza “come il solito antichissimo voto di questa città” prevede.
La data viene spostata a settembre: il viaggio dalla cittadina e il guado del Po sono più agevoli.
Ranverso in una stampa del 1845.
A Torino Sant’Antonio si festeggia in modo diverso: Messa solenne officiata dai Canonici, cantata con accompagnamento di musicisti e, nel pomeriggio, davanti alla chiesa, Benedizione dei cavalli della Corte Sabauda, le cui scuderie, in Contrada della Zecca, oggi via Verdi, sono poco distanti. Seguono i Vespri solenni e l’omaggio ai celebranti di cioccolata calda e guanti di pelle, quelli che si calzano per montare a cavallo.
Nel 2007, a Ranverso, viene ripristinata la festa: Messa con Benedizione dei prodotti agricoli e dei pani, distribuzione di quest’ultimi, Benedizione degli animali e dei mezzi agricoli sul piazzale, sfilata dei trattori e pranzo organizzato dall’associazione dei Coltivatori Diretti.
Affresco di San Biagio a Ranverso (Claudio Rosa).
Il culto di Sant'Antonio non è monopolio degli antoniani, lo si celebra dovunque vi siano campagna, uomini e animali e non è l'unico culto agrario testimoniato a Ranverso, seppure il più importante e il più tenace.
Sant'Isidoro, ad esempio, è protettore dei bovari che lo onorano, come emerge dagli inventari della chiesa del 1777, nella cappella a lui dedicata: la prima a sinistra sul lato nord. Nell'unica cappella della navata di destra, affrescata da Giacomo Jaquerio, è dipinto San Biagio circondato da animali domestici e selvatici che sollevano il muso verso la sua figura. È festeggiato pochi giorni dopo Sant'Antonio.