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Difficile crederci adesso, ma ad inizio '900 salendo al Moncenisio non si vedeva l'attuale diga ma si incontravano due laghi, uno grande ed uno piccolo, collegati da piccole cascatelle.
Nel 1906 la piana del Moncenisio si presentava infatti al visitatore con un lago lungo più di due chilometri, che iniziava di fronte all'Ospizio e si concludeva oltre l'Albergo della posta, con una larghezza di 1 km. Ghiacciato da novembre a marzo, il lago aveva una profondità massima di 30,5 metri ed era ricco di ottime trote, che potevano essere pescate soltato dal parroco dell'Ospizio, che ne deteneva l'esclusiva. All'interno del lago vi era una piccola isola, lunga 140 metri e larga 60, verde e completamente disabitata.
Dal lago grande, le acque si riversavano in quello piccolo formando delle piccole cascatelle. Da lì originava il torrente Cenischia, la cui portata dipendeva dal livello stagionale delle acque del lago superiore.
Nel 1904 era entrata in funzione la centrale elettrica della società Alta Italia di Novalesa, che attingeva l'acqua per alimentare le turbine proprio dal lago del Moncenisio. Già nel 1906 fu presentato un progetto per migliorare le opere di presa, collegando i due laghi tramite una galleria e realizzando un unico bacino di carico: scomparvero così le famose cascatelle, fatto che stimolò le critiche di una coscienza ambientalista "ante litteram".
Su "La Valsusa" dell'agosto 1909 si legge che "la mano dell'uomo è venuta... le cascatelle paiono ora il letto d'un torrente asciutto ed il viaggiatore pone il piede dove prima muggivano le acque spumeggianti, dove guizzavano le trote dai bei colori... al Moncenisio salgono innumerevoli persone che forse in cuor loro malediranno alle opere dell'uomo, il quale osò posare la sua sacrilega mano sopra le bellezze largamente diffuse sulla più bella delle nostre montagne".
La necessità del potenziamento della produzione di energia tuttavia non si fermò, e proseguì nel tempo: al lago naturale furono aggiunte, nel 1921, tre dighe: una ad arco, una rettilinea ed una in terra battuta, con lo scopo di sostituire i vecchi impianti di Saluroglio e Novalesa con un'unica centrale da realizzarsi a Venaus sfruttando un salto di oltre un chilometro.
Una delle vecchie dighe durante lo svuotamento totale del 2016
Con il trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947, fu riconosciuta alla Francia la sovranità sulla piana del Moncenisio. Con la rettifica delle frontiere il lago, la stazione pompe di Gran Croce, la centrale di Gran Scala ed il bacino di San Nicolao rimasero alla Francia. L'Italia raggiunse un'intesa per l'esercizio degli impianti e l'utilizzo dell'energia.
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La potenza richiesta era ancora una volta decisamente superiore a quella esistente, e così un comitato italo-francese raggiunse l'accordo per la realizzazione di un nuovo invaso, che avrebbe sommerso le dighe ed il serbatoio preesistente, rivoluzionando l'intero paesaggio.
La piana del Moncenisio fino agli anni 60 del secolo scorso: le vecchie dighe e l'abitato con l'ospizio e la chiesa (Mauro Prunotto)
Tutto il colle divenne un grande cantiere, sorse la nuova viabilità ed i nuovi insediamenti a Plan de Fontanettes, con la nuova chiesa a forma di piramide quadrangolare. La diga, progettata e costruita dall'Edf (Electricitè de France) fu realizzata da imprese italiane con una struttura mista in pietrame e terra.
Furono utilizzati 1,91 milioni di metri cubi di scavi, 7,15 milioni di metri cubi di pietrame e 6,95 milioni di metri cubi di terra. L'opera fu completata a fine 1969: la piana del Moncenisio, sepolta da oltre 50 metri d'acqua, non esisteva più.
Il lago del Moncenisio intorno agli anni 60 (archivio Gilbert Pilloud)
Il vecchio villaggio, la strada e l'ospizio napoleonico, gli alberghi e le poste furono inghiottiti dal lago, che aveva più che decuplicato la propria portata, passando da 30 ad oltre 320 milioni di metri cubi d'acqua, per alimentare le centrali idroelettriche di Venaus in Italia (con un salto di ben 1350 metri) e di Villarodin in Francia.
Ogni primavera, quando la portata del lago è minore, ponti, vecchie dighe ed altri relitti riemergono dagli abissi in modo più o meno evidente. Ma lo spettacolo completo si ha ogni 10 anni, quando il lago si svuota completamente per interventi di manutenzione ed è possibile, rispettando i tempi e le raccomandazioni del cantiere, passeggiare sul fondo del lago.
L'ultima volta è accaduto nel 2016, quando per giorni e giorni un pellegrinaggio di curiosi è salito al colle per ammirare il fondo del lago e i suoi relitti. Per il prossimo svuotamento totale bisogna dunque aspettare il 2026, quando saranno sicuramente altrettanto numerosi coloro che vorranno scoprire le testimonianze di un passato che non c'è più.
Foto archivio Gilbert Pilloud