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La bandiera del Piemonte sventola su tutti gli edifici pubblici della regione, accanto al tricolore italiano ed alla bandiera europea. Lo stemma e il gonfalone della Regione furono adottati nel 1984, mentre la bandiera, o meglio il “drapò”, venne assunto a bandiera ufficiale e “simbolo” della Regione Piemonte con la Legge regionale 24 novembre 1995: entrambe sono ora sostituite dalla Legge regionale 31 maggio 2004 n. 15 (testo coordinato sulla disciplina di stemma, gonfalone, bandiera, sigillo e fascia della Regione).
A differenza di altre regioni italiane, il Piemonte non scelse un logo di concezione moderna ma insegne radicate nella storia: ecco come la pubblicazione “Regione Piemonte: stemma, gonfalone e bandiera”, edita nel 2014 dal Consiglio Regionale, racconta la nascita della bandiera piemontese.
La Sacra di San Michele illuminata con la bandiera piemontese in occasione dei festeggiamenti per il 50° anniversario della Regione Piemonte. La foto qui sopra è di Marco Siano, quella accanto al titolo di Mac Marco Raimondo.
La nascita della bandiera piemontese
15 agosto 1424, Thonon in Alta Savoia (Francia): nella piazza principale, gremita di aristocratici e di popolo, alla presenza degli ambasciatori di Borgogna e d’Inghilterra, ufficiali di corte e alti ecclesiastici il duca di Savoia Amedeo VIII investiva il primogenito Amedeo iunior – un ragazzino di circa 12 anni – del titolo di principe di Piemonte, e il secondogenito Ludovico (11 anni) di quello di conte di Bâgé.
Il maresciallo di Montmayeur, prima carica militare del ducato, annunciava ad alta voce ai due principini la modifica del loro stemma, stante la decisione del padre: Amedeo avrebbe aggiunto alla croce argentea in campo rosso, insegna paterna, un lambello azzurro con tre pendenti; Ludovico avrebbe aggiunto invece una bordura azzurra, dentata.
E’ questo, in un certo senso, l’atto di nascita dello stemma del Piemonte: o meglio, è la prima volta che il nome della regione, concessa ora in appannaggio al primogenito del duca di Savoia, veniva associato allo stemma che questi portava già da tempo. I segni aggiuntivi imposti da Amedeo VIII ai figli si dicono in araldica “brisure” o “spezzature” e servono a indicare la posizione di un individuo in seno alla linea di successione, o di un ramo specifico all’interno di un’intera casata. Il “lambello” in particolare è una figura geometrica, una sorta di rastrello, di norma a tre denti, che i figli primogeniti aggiungevano allo scudo famigliare, vivente il padre (è tutt’ora in uso tra i principi ereditari delle case regnanti europee, come il principe di Galles e quello delle Asturie). I primogeniti dei Savoia ne facevano uso almeno sin dall’inizio del Trecento: troviamo la croce con il lambello su affreschi dell’epoca, a Susa, e sul sigillo di Edoardo, erede del conte di Savoia, nel 1308.
Ma cosa s’intendeva con Piemonte al tempo di Amedeo VIII? Nel XIII secolo i documenti indicano con questo termine la pianura compresa tra il Sangone e il Po, comprensiva di Pinerolo e Torino. Sarà questa l’area che nel 1295 verrà assegnata, nella complessa spartizione del patrimonio ereditario tra i vari esponenti della casa di Savoia, a Filippo, signore del Piemonte e poi, per via della moglie, principe della lontana Acaia (un dominio in Grecia, nel Peloponneso, presto perduto e a lungo rivendicato). All’inizio del Trecento compare nei documenti un secondo Piemonte: quello compreso tra Tanaro e Stura di Demonte, sottomesso dagli Angioini. Carlo II d’Angiò si dice conte di Piemonte almeno dal 1304.
Nel 1418, gli Acaia si estinguono, e anche di fatto il Piemonte ritorna nelle mani del duca: è la svolta che permette una presenza sempre più massiccia dei Savoia in Italia settentrionale, e difatti Amedeo VIII inizierà la sua espansione a est, annettendo Vercelli e Chivasso. E ancora, rispetto all’odierna regione, mancavano il Saluzzese, il Monferrato e parte del Piemonte orientale, che sarebbero arrivati tra la seconda metà del Cinquecento e quella del Settecento.
Amedeo iunior - che muore, nemmeno ventenne, nel 1431 - emana nel suo appannaggio degli atti di governo, ai quali è apposto il suo sigillo con lo scudo ornato di croce e lambello. Così, col tempo, lo stemma che il principe di Piemonte portava in quanto primogenito del duca di Savoia, identificò anche il principato. Molto più tardi, sotto Vittorio Amedeo II ormai re di Sardegna, la croce col lambello entrerà anche nel grande stemma composito che i Savoia adoperavano per indicare la complessità dei loro dominii.
Nell’ordinamento politico e amministrativo del regno d’Italia, il 20 maggio 1930 la croce col lambello venne assegnata alla Provincia di Torino (che per estensione corrispondeva in parte al Piemonte storico), con lo scudo sormontato dalla caratteristica corona che la Consulta Araldica del regno aveva ideato per le province.
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Istituite poi le Regioni italiane in base al dettato costituzionale, queste si diedero tutte degli stemmi o dei marchi ufficiali. Per il Piemonte il primo atto ufficiale è legge regionale 16 gennaio 1984, che adottava ufficialmente uno stemma e un gonfalone.
La genesi storica delle due insegne dava luogo a una coesistenza apparentemente paradossale. Lo stemma, rosso con la croce argentea (ovvero bianca: in araldica i due colori si equivalgono) con il lambello azzurro, era quello del principato di Piemonte, ed era quindi un’antica insegna di origine dinastica. Il gonfalone rosso, blu, arancio - con l’aggiunta dello stemma al centro - derivava invece dal vessillo rivoluzionario ideato dal giacobino Giovanni Antonio Ranza per la “nazione Piemontese”, innalzato per la prima volta nel 1796 dall’effimera Repubblica di Alba in nome dei principi di libertà, fraternità, eguaglianza.
Il gonfalone della Regione Piemonte