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L’ordine Certosino
Brunone di Colonia, San Bruno, alla ricerca di una vita di silenzio e solitudine, nel 1084 fonda in Francia, nel comune di Saint-Pierre-de-Chartreuse, presso Grenoble, in Savoia, la Grande Chartreuse: la certosa-madre, ancora oggi sede del Capitolo Generale dell’Ordine Certosino. Il suo priore è la massima autorità dell'Ordine ed è chiamato Ministro Generale dell'Ordine.
L'Ordo cartusiensis, l’Ordine Certosino è uno dei più rigorosi della Chiesa cattolica. La condotta scandalosa e simoniaca dell'arcivescovo Manasse di Reims, deposto nel 1080 e scomunicato da Papa Gregorio VII, convince Bruno a seguire la sua inclinazione: una vita di distacco dal mondo. Chiede ed ottiene dal vescovo Ugo di Grenoble una impervia zona montana dell'Isère, situata presso il massiccio montuoso de la Chartreuse. Nel luogo con sei compagni, quattro chierici e due laici, dà l’avvio al monastero. Chiamato a Roma, nel 1090, come Consigliere da papa Urbano II, dopo breve tempo è costretto a seguire il Pontefice, incalzato dalle truppe dell'imperatore Enrico IV, in Calabria. Qui rifiuta ogni altro tipo di incarico ed ottiene la licenza di ritirarsi in un luogo montuoso ed appartato: nel 1091, con l'aiuto del Signore locale, il Conte Ruggero, erige la Certosa di Serra San Bruno. Alla sua morte, avvenuta il 6 ottobre 1101, viene santificato e la sua salma tradotta nella Grande Chartreuse.
La Regola, la “Consuetudines Domus Cartusiae”, è scritta tra il 1127 e il 1128, da Guigo, quinto Priore della Chartreuse: vige l'obbligo del silenzio quasi perpetuo, dell'astinenza praticamente totale dalle carni e della partizione del tempo tra preghiera e lavoro, quest'ultimo costituito principalmente da giardinaggio e trascrizione di libri. Notevole è la produzione di scritti ascetici e teologici. Le comunità che formano sono piccole a causa della loro scelta eremitica e per l’asprezza della regola, tanto che si parla di famiglie certosine. Le Consuetudines, comunque, impongono un limite massimo di tredici monaci e sedici conversi. Nei documenti valsusini sono spesso citati proprio con il termine di "eremiti”.
L’abito certosino è bianco, di lana grezza non trattata e il motto è Stat Crux dum volvitur orbis: la croce è ferma mentre il mondo gira. Adattano il rito latino alle loro particolari esigenze eremitiche: tra le particolarità la prostrazione dopo la consacrazione e l'assenza della benedizione a fine Messa. La regola poi non ammette alcuno strumento musicale.
La Grande Chartreuse di Saint-Pierre-de-Chartreuse (foto Floriel - Wikipedia).
A motivo della sua rigidità l'Ordine si diffonde in maniera lenta: al tempo del suo massimo fulgore, nel XIV secolo, conta in Europa 180 case, di cui dodici dell’ordine femminile fondato nel secolo XII.
Fin dall'inizio i chierici sono detti Padri, i laici conversi o fratelli. I Padri, o monaci del chiostro, vivono nel silenzio della cella, sono sacerdoti o futuri sacerdoti. La vocazione di converso, nata a metà del secolo XI, all’inizio è vista come una forma di vita religiosa destinata ad assistere la solitudine degli eremiti, senza però chiudersi nello stesso isolamento.
I fratelli affiancano, in modo più rilevante dei Padri, la vita di preghiera al lavoro manuale. Ad essi, nel tempo, si aggiungono i donati: all’inizio operai aggregati al monastero e tenuti solo ad alcune preghiere, che con lo scorrere del tempo diventano monaci con abito e con stile di vita simile a quella dei conversi. Non hanno però il vincolo dei voti: si donano semplicemente al monastero promettendo di servire Dio seguendo regole meno vincolanti di quelle dei fratelli, ad esempio, non sono tenuti a partecipare alle preghiere notturne.
Alla guida delle singole certose è posto un Priore: la carica non ha una scadenza predeterminata. Riceve, ogni due anni, la visita canonica da parte dei Visitatori dell'Ordine ed è sottoposto al controllo del Capitolo Generale che può deporlo. È il punto di riferimento dell’intera comunità ed è coadiuvato da un vicario.
Madonna della Losa (Gravere)
La regione subalpina è il teatro della prima irradiazione certosina in Italia: Pesio, nel comune di Chiusa Pesio nel 1172, Casotto, nel comune di Garessio nel 1173 e poi, nel 1189 Santa Maria alla Losa presso Gravere in Valle di Susa. In quell’anno alcuni monaci decidono di staccarsi dalla loro casa madre: Amartino, Pietro de Paissin, Vincenzo e Pietro Costanzo di Sant’Ambrogio ottengono dal Conte sabaudo alcuni terreni nel comune e in prossimità di Chiomonte. L'atto è stipulato il 15 giugno nel chiostro di San Giusto a Susa alla presenza del suo abate, Hyboldo, di quello di Santa Maria di Pinerolo, Guglielmo I, di quello di San Pietro di Breme, del Marchese di Monferrato, Bonifacio I, che affianca il Conte, di cinque Consiglieri e di altri personaggi di rilievo.
I monaci diventano proprietari assoluti e in perpetuo delle terre a loro donate e sono esenti dal pedaggio per animali e merci nelle terre sabaude. Un documento posteriore, una donazione del 15 ottobre 1200, indica come primo Priore Guido, o per lo meno il primo di cui si conosce il nome.
Il 19 ottobre 1193 il Monastero di San Giusto, tramite l’abate Hyboldo cede loro i suoi diritti sulla “montagna di Losa” e stringe un’alleanza che permette lo scambio di monaci fra i due enti, oltre “all’unione di preghiere e suffragi fra le due comunità religiose”.
Borgata Losa (Gravere) in una foto d'epoca.
Nel 1196, da Piacenza, Enrico VI, figlio ed erede di Federico Barbarossa, concede alla Certosa importanti esenzioni tributarie, ingiunge al comune di Torino di rispettarla, difenderla ed esentarla da pagamenti di pedaggi sul suo territorio, lo stesso chiede al Vescovo cittadino, Arduino dei conti di Valperga.
La esenta, inoltre, nei processi, dal giuramento di calunnia, dal pagamento del fodro reale e di qualsiasi pedaggio riguardante persone o cose appartenenti al monastero in qualsiasi angolo dell’Impero. Un certo Terricius, monaco della Losa, si dice essere figlio naturale proprio del Barbarossa.
Nel 1212 i privilegi saranno riconfermati dal figlio Federico di Svevia. Altre esenzioni dai pedaggi sono ottenute da Bonifacio Marchese del Monferrato e da Lamberto Vescovo di Moriana che nel febbraio 1196 accorda ai monaci libero transito sulle sue terre. Lo stesso fanno i signori del Delfinato: tra il 1192 e il 1200 Beatrice Contessa d’Albon e Duchessa di Borgogna e il figlio Andrea li dispensano da pedaggi e leida. Tutto verrà poi riconfermato dai loro sucessori.
Il 29 maggio 1197, a Rivalta, Tommaso I di Savoia, “per la salute della sua anima e dei suoi predecessori” cede loro tutte le sue proprietà nella “Valle Orsiera” e “Monte Benedetto”.
Lo stile di vita certosino stupisce la gente della Valle Susa: sono colpiti dal fatto che si occupano direttamente della coltura e del governo delle terre. In realtà sono i Conversi ad occuparsene: sono coordinati da un procuratore o correrio che assegna loro i vari lavori da svolgere: le obbedienze. Ha anche il compito dell'amministrazione temporale del monastero, e l’onere di “non far diffondere nella casa i rumori del mondo". Può essere sia un padre che un fratello.
Gran parte dei possedimenti certosini sono pascoli usati per il sostentamento dei numerosi armenti, soprattutto ovini, che nei mesi invernali scendono in pianura esentati dai vari pedaggi. Il Conte accorda anche la pastura su tutte le terre da lui dipendenti e la Certosa incrementa così le sue mandrie: in quel momento dall’attività transumante trae i maggiori proventi. Nel 1198 acquista, sul versante vallivo opposto alla Losa, l’Alpe Civina: in realtà in parte gli è donata sempre dal Savoia e in parte ceduta, per 20 soldi forti di Susa e un tributo annuale di formaggio, del valore di 4 soldi, dall’Abbazia di San Giusto di Susa: ritornerà ad essa a metà del 1300.
La Certosa di Madonna della Losa conserva un prezioso ciclo di affreschi della seconda metà del Trecento, raffigurante la serie degli Apostoli.
Fin dal 1196 sono documentate però anche liti con le comunità vicine: i Certosini, tramite acquisti e donazioni, vogliono creare attorno alla loro domus una fascia di desertum: qui nessuno non solo non può entrare ma neanche acquisire terre. Interviene il Conte ad imporre un compromesso che riconosce i diritti di chi può dimostrare un'usucapione trentennale, ma cassa tutti gli altri possessi: possono al massimo recuperare i denari dati per caparra. Vieta nuove acquisizioni. Non è sufficiente: i Certosini si ritengono troppo “disturbati”. Tommaso caldeggia un loro trasferimento in Valle Orsiera, a monte di Villar Focchiardo, ossia a Monte Benedetto.
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Montebenedetto: una delle più antiche fondazioni certosine in Italia (di Franca Nemo)