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La valle di Susa, che si estende su un territorio lungo circa 80 km, mette a disposizione di turisti e residenti un'offerta molto ampia, da qualunque punto di vista la si prenda in esame: pratiche sportive, offerta culinaria, artigianato, ambiente e molte altre peculiarità. Tra tutte, non va certo dimenticata la ricca offerta a livello di arte e di storia.
Addentrarsi nella valle di Susa da turisti o viverla da residenti, senza aver mai visitato almeno uno dei cinque monumenti che vi andremo a proporre, è sicuramente un grave handicap. Una mancanza che vi priverà di toccare con mano il fascino e la ricchezza di un territorio che possiede un patrimonio veramente ineguagliabile.
Abbazia di Sant'Antonio di Ranverso
La prima tappa per chi giunge da Torino è senza dubbio quella alla Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso. Appartenente all’Ordine Mauriziano, cui è stato ceduto nel 1776 a seguito della soppressione dell’ordine degli Antoniani, il complesso, sul quale si sono susseguiti interventi architettonici dalla fine del XII al XV secolo, ha uno stile gotico.
Si compone di Chiesa, sagrestia e chiostro, cui fanno da concentrico l’antico ordine ospedaliero degli Antoniani, poi trasformato in cascina, chiamata cascina Bassa per distinguerla dalle altre due, dette “di levante” e “di mezzo”. Le cascine attualmente non sono visitabili per problemi di staticità.
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Ricco di innumerevoli testimonianze artistiche, il complesso custodisce affreschi raffiguranti le storie di S.Antonio Abate, risalenti alla seconda metà del XIII secolo, ed il ciclo di “Imago Pietatis”, ad opera di Giacomo Jaquerio, che impreziosice l’abside, il presbiterio e la sagrestia.
L’altare si fregia invece del polittico di Defendente Ferrari, risalente al 1530. Accanto alla chiesa ed al convento c’è un chiostrino, un giardino con tre campate ad arco, riaperte e restaurate dal D’Andrade, architetto che lasciò altre testimonianze in valle di Susa.
Sant'Antonio di Ranverso: la facciata (Emanuele Di Nauta) e il polittico di Defendente Ferrari
Sacra di San Michele
Lasciata la Precettoria ci si avvicina sempre più a ciò che avevamo già visto stagliarsi maestosa appena usciti dalla galleria autostradale: la Sacra di San Michele. Raggiungibile in auto soltanto salendo da Avigliana, potrà essere visitata da chi predilige mezzi alternativi alla vettura anche salendo a piedi lungo le due mulattiere (partenza da Sant’Ambrogio e Chiusa di San Michele) o mediante via ferrata che parte da Sant’Ambrogio. L’abbazia, posta in cima al monte Pirchiriano, è stata eletta simbolo della Regione Piemonte, ed è candidata ad entrare a far parte del patrimonio Unesco.
Si tratta di uno dei più grandi complessi religiosi della regione, edificato prima dell'anno mille, intorno a cui aleggiano storie che miscelano verità e leggenda. Accessibile anche ai disabili, dall’alto del suo terrazzo la vista si staglia sulla valle sottostante fino a raggiungere, nelle giornate nitide, la basilica di Superga.
All’interno, meritano una citazione lo scalone dei morti e il portale dello Zodiaco (fatevi spiegare dalle guide perché i segni zodiacali in esso raffigurati siano undici e non dodici), ma anche la torre della Bell’Alda che le sta vicino. La chiesa principale custodisce le spoglie di membri della casata reale dei Savoia.
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L’abbazia è il centro di una linea retta che la collega ad sette luoghi di culto dedicati all'arcangelo Michele: Skellig Michael (Irlanda), Saint Michael's Mount (Cornovaglia), Mont Saint-Michel i(Francia), la Sacra, Monte Sant’Angelo in Puglia, il Monastero di San Michele Arcangelo di Simi (Grecia) e Stella Maris ad Haifa (Israele). Dalla prima scalinata di accesso è ben visibile la statua dedicata all’Arcangelo, realizzata dallo scultore altoatesino Paul dë Doss-Moroder.
Affidata alla gestione dei padri Rosminiani, la Sacra di San Michele offre in determinati periodi dell’anno visite speciali a sezioni solitamente non accessibili, quali la biblioteca ed il museo del quotidiano. Ospita spesso anche altri eventi culturali e concerti, pubblicizzati sul sito ufficiale.
Sacra di San Michele: vista dall'alto (Luca Martinacci) e Scalone dei morti (Stefano Zanarello)
Susa romanica
Proseguendo in direzione alta valle è d’obbligo una tappa nella Susa romanica. La cittadina è una sorta di museo a cielo aperto. Offre infatti reperti archeologici di sicuro interesse, visitabili in qualsiasi momento e senza necessità di prenotazione.
L’arena romana, l’arco di Augusto, porta Savoia sono alcuni di essi, collocati breve distanza dal centro abitato. Nell’arena, risalente al II-III secolo dopo Cristo, si svolgevano sia i combattimenti tra gladiatori che le scene di caccia. Dopo il V secolo venne progressivamente abbandonata e le alluvioni del torrente Merdarello, che scorre a breve distanza, contribuirono al suo seppellimento sotto il terriccio.
Fortunatamente, a fine anni ‘50, l’anfiteatro venne riscoperto e ricostruito, permettendogli di mostrarsi nuovamente nella sua interezza. Di forma ellittica, misura 45x37 metri e vanta il primato di essere il più piccolo anfiteatro di età romana in Italia. Era ornato da decorazioni bronzee, ora custodite nel museo civico di Susa.
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Porta Savoia è invece uno degli accessi alla cinta difensiva realizzata nel II secolo per fronteggiare le invasioni barbariche. Costituita da due torri cilindriche con aperture sfalsate, si presenta oggi con l’altezza delle torri ridotta rispetto alla misura originaria.
L’Arco di Augusto, in marmo bianco, fu realizzato nel 9-8 a.C. per sancire l’alleanza con Roma ed è uno degli archi più antichi dell’età romana. Nel suo fornice, alto 8,85 metri e largo 5,86 si incornicia il Rocciamelone, il monte che domina la città di Susa e che veniva ritenuto sacro per la sua presenza druidica.
Susa offre comunque numerosi punti di interesse storico e religioso che abbracciano secoli diversi: il Castello della contessa Adelaide, la cattedrale di San Giusto, l’acquedotto romano, la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, sono solo alcuni di essi. Vale la pena scoprirli tutti, approfittando del ricco dettaglio offerto nell’apposita sezione dal sito comunale.
Susa: la cattedrale e il Campanile di San Giusto, Porta Savoia e l'Arco di Augusto
Abbazia di Novalesa
Poco più a monte di Susa, in val Cenischia, si trova l’abitato di Novalesa, un piccolo comune di circa 500 abitanti. Il territorio ha un suo appeal in particolar modo nella stagione estiva: le sue splendide cascate, raggiungibili con una semplice passeggiata nei boschi, sono infatti abituale punto di approdo di gitanti in cerca di frescura.
Ma Novalesa è altresì famosa per l’omonima abbazia benedettina dedicata ai Santi Pietro ed Andrea. Datata 726, racchiude al suo interno l’edificio monastico, la chiesa abbaziale, il parco e le quattro cappelle medievali con affreschi coevi (da non perdere la Cappella di Sant'Eldrado).
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Luogo di pace, di silenzio e di meditazione, offre anche la possibilità di visitare i musei interni (archeologico e del restauro del libro), oltre che di ritirarsi saltuariamente a vita monastica per chi fosse interessato. Maggiori dettagli, orari ed informazioni, sul sito www.abbazianovalesa.org.
L'Abbazia di Novalesa e gli affreschi della Cappella di San Eldrado
Forte di Exilles
Infine, già in alta valle, stupisce per la sua imponenza il Forte di Exilles. La sua unica pecca è quella di non essere sempre accessibile.
Le sue origini sono incerte, ma si sa che intorno al 1155 esisteva già, rappresentando il confine estremo del principato dei conti d’Albon. Fortificazione militare, assunse il ruolo di fortezza bastionata all’inizio del Seicento, mentre prima era un vecchio castello.
Nel 1681 ed il 1687 ospitò nelle sue prigioni la “Maschera di ferro”, il personaggio la cui identità è rimasta sconosciuta. Ristrutturato e rimodernato nei primi anni del Settecento, subì anche il ribaltamento del fronte difensivo. Questo accadde in virtù del trattato di Utrecht che, nel 1713, assegnò la dignità regia a casa Savoia. Oggetto di lunghe contese tra Francia ed Italia, fu completamente raso al suolo dai francesi dopo il trattato di Parigi del 1796.
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Grazie all’interessamento di Vittorio Emanuele I, tra il 1821 ed il 1829 fu ricostruito così come lo vediamo oggi, frutto dell’ingegno di Antonio Rana e Francesco Olivero. Dopo essere stato definitivamente abbandonato dai militari dopo l’armistizio del 1943, fu acquisito dal Demanio militare ad opera della Regione Piemonte.
Forte di Exilles: esterno (Cristina Gulivetto) e cortile interno
Allora, che ne dite, vi abbiamo convinti che vale la pena farsi un giro in valle di Susa o no?