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A fronte delle sedi di castellania di antica istituzione, nel corso del Duecento si può osservare un paesaggio punteggiato da nuove architetture fortificate – solitamente di modesta entità, sebbene già in muratura– realizzate da famiglie signorili nei centri abitati della Valle o nei relativi patrimoni
fondiari.
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Quelle che raggiungono le ambite prerogative giurisdizionali possono avere la definizione di castrum, per le altre vale la definizione più generica di domus – più o meno fortis – ma la distinzione architettonica risulta meno evidente di quanto una lettura meramente istituzionale presupporrebbe.
Mattie, Casaforte di Menolzio.
Tali strutture presentano alcuni connotati fortificatori (solitamente merlature al coronamento e feritoie nel fusto), ma sono interpretabili piuttosto come centri residenziali e di potere di famiglie locali, coordinate dall’autorità comitale. Tra i numerosi edifici conservati pare emergere una sorta di tipo ricorrente, ossia un robusto edificio a pianta quadrata o rettangolare in muratura lapidea, con superficie interna abitabile, sviluppato in altezza su tre livelli (un basamento-magazzino, una sala di rappresentanza e una stanza privata) coronati da un cammino di ronda merlato.
Citiamo le caseforti di Mattie (antecedente la fine del Duecento) e di Meana (di dimensioni più contenute e probabilmente di poco successiva), o – in contesto interno dell’abitato – di Villar Focchiardo (riedificata negli anni quaranta del Trecento) e San Didero, e infine il complesso della casaforte di Chianocco, realizzata nel medesimo orizzonte cronologico e oggetto di ripetuti interventi di ampliamento.
Il centro che presenta architetture di maggior rilievo è San Giorio, villanova promossa dai Savoia nel 1226 e successivamente infeudata alla famiglia dei Bertrandi, promotrice di ambiziosi interventi di riorganizzazione territoriale. Di particolare interesse il castello, la cui torre maestra è probabilmente la prima torre cilindrica realizzata in Valle ed è ora riferita a maestranze sabaude transalpine, reclutate dalla potente famiglia nella seconda metà del Duecento.
San Giorio di Susa, Castello.
Alla medesima committenza (1328) è da riferire la cappella di San Lorenzo posta nei pressi della chiesa parrocchiale, che conserva uno dei cicli affrescati più significativi del primo Trecento in Valle di Susa.
Spostando l’attenzione alla parte delfinale della Valle, recenti indagini archeologiche hanno riportato alla luce buona parte dell’ampio castello della famiglia signorile dei de Bardonisca, sopra il Borgovecchio di Bardonecchia.
In attesa dell’auspicabile ulteriore estensione dell’indagine, è ora riconoscibile un perimetro quadrangolare, realizzato mediante opere di terrazzamento del versante, difeso ai due vertici meridionali da torri cilindriche. All’interno della cortina, raccolta attorno alla Tur d’Amun (unico elemento finora superstite in elevato) lo spazio aperto è stato progressivamente saturato nel tardo Medioevo da spazi di rappresentanza e vita comune, associati a magazzini e depositi, abbandonati nel corso del Settecento.
Il restauro promosso dal comune ha consentito di rendere fruibile al pubblico il sito, presso il quale è stato allestito un piccolo parco archeologico. Non si sono invece probabilmente conservate tracce dell’altro castello, il Bramafam, passato al diretto controllo delfinale nel primo Trecento: il sito, smantellato nel 1574, è stato rifortificato a fine Ottocento per controllare l’accesso al tunnel ferroviario del Fréjus.
Tur d’Amun a bardonecchia.
Anche le signorie ecclesiastiche esercitano il controllo dei propri patrimoni fondiari con la costruzione di centri fortificati, residenza dei funzionari amministratori. Ricordiamo il palazzo di Sant’Ambrogio, sede del castellano nominato dall’abbazia di San Michele della Chiusa, e i due castelli concessi dai Savoia al monastero di San Giusto di Susa, ossia San Mauro di Almese (è conservato il campanile dell’antica prevostura, fortificato nel primo Trecento) e il castello di Caprie, i cui consistenti resti murari riferibili a fasi due-trecentesche sono denominati – senza evidente fondamento – “castello del Conte Verde”.
Condove-Caprie, Castello del Conte Verde.
Le fortificazioni collettive
Oltre alla cinta muraria tardoantica di Susa, oggetto di manutenzione fino all’evidente situazione di inadeguatezza manifestata nel primo Seicento, in Valle sono conservati alcuni perimetri murari medievali di una certa rilevanza architettonica.
Sant’Ambrogio e Bussoleno, quest’ultimo importante centro di mercato e di transito, vengono circondate da mura dopo la metà del Trecento, periodo di insicurezza endemica.
Il complesso di fortificazioni urbane più consistente è quello di Avigliana: ai piedi del castrum comitale si sviluppa infatti un attivo centro commerciale e metallurgico, la cui vitalità è testimoniata da un corpus unico di edilizia residenziale due-trecentesca protetta – in fasi diverse – da una cinta muraria con porte monumentali. Carattere comune delle soluzioni difensive citate è l’adozione di torri di cortina a pianta circolare o semicircolare, alcune delle quali conservate.
È ascrivibile al tipo delle difese collettive erette su iniziativa sabauda anche la fortificazione del Molare di Villar Dora, sebbene al momento non siano più riconoscibili le cortine del ricetto attestate dalle fonti.
Segna invece tuttora il paesaggio la torre cilindrica detta Torre del Colle, opera del Maestro Bertrando (1289-1290): nel fusto sono ricavati spazi abitabili, dotati di camino, feritoie e copertura sommitale a volta.
Caratteri simili alla torre del Molare presenta quella di Buttigliera (la così detta Bicocca), il cui più modesto diametro induce a ipotizzare però solo una funzione di presidio e controllo.
Per la parte delfinale della Valle ricordiamo il compatto ricetto di Exilles, le cui difese esterne sono costituite dalle massicce pareti delle abitazioni stesse.
Fortificazioni “alla moderna”
La formazione degli Stati nazionali moderni e l’aggiornamento delle tecniche militari comportano una radicale trasformazione delle architetture fortificate, nella forma e nei rapporti con il territorio. Le principali ripercussioni di tale assetto sono tuttora rilevabili nei segni a scala vasta (tracciati stradali, fossati, trinceramenti in quota), mentre le architetture sono state demilitarizzate e smantellate nel Settecento.
Nei decenni successivi alla rifondazione del Ducato sabaudo (dopo il trattato di Cateau-Cambrésis del 1559), il nodo su cui si concentrano rinnovate attenzioni è il passo di Susa, che dalla metà del Trecento era considerato confine inerte tra Savoia e Regno di Francia.
Del disegno generale di fortificazione intrapreso da Gabrio Busca e Giacomo Soldati dal 1592, durante le guerre di religione, non restano tracce architettoniche rilevanti: il forte di Santa Maria a nord di Susa e il sistema di sbarramento territoriale di Gravere (forti di San Francesco, del Monmorone, del Rocco del Molaro e della Rocchetta), dopo aver dimostrato la loro inefficacia nelle campagne francesi del 1629-30 e nuovamente del 1690, vengono di fatto smilitarizzati, a favore di una piazzaforte di scala decisamente maggiore sull’altura della Brunetta, a nord di Susa, verso la Valle Cenischia.
Exilles, Forte. Veduta dell’esterno.
Exilles, Forte. Cortile del Cavaliere.
Del grande cantiere, avviato da Antonio Bertola già prima del trattato di Utrecht e concluso solo nel tardo Settecento, restano solo tracce murarie e gli imponenti sbancamenti della roccia, che non hanno potuto essere cancellati dallo smantellamento subito durante l’occupazione napoleonica nel 1797-1798.
Anche per parte francese, le imponenti opere del forte di Exilles – dirette prima da Jean de Beins nel primo Seicento, poi da Vauban tra il 1692 e il 1708 – non sono attualmente leggibili. Dopo la presa sabauda (1708) il forte viene prima riparato, ma poi sostanzialmente ripensato alla luce del ribaltamento di 180 gradi della logica difensiva imposto dal nuovo confine di Stato. Anche le opere di parte sabauda (progetti di Ignazio Bertola e di Lorenzo Bernardino Pinto) vengono comunque smantellate tra il 1796 e il 1797.
L’impianto dell’attuale edificio risale al periodo della Restaurazione (progetti di Giovanni Antonio Rana, dal 1818, cui subentrano Antonio Francesco Olivero e Agostino Verani), con una prima sostanziale conclusione in età carlo-albertina; ulteriori fasi fortificatorie sono realizzate dopo il passaggio della Savoia alla Francia (1860) e negli anni settanta-ottanta dell’Ottocento. Definitivamente dismesso dopo la seconda guerra mondiale, il forte è stato acquisito dalla Regione Piemonte nel 1978 e dal 2000 è stato restituito alla fruizione pubblica e dotato di strutture museali.
Per quanto riguarda le fortificazioni “alla moderna”, il patrimonio più consistente e prezioso – nella sua intrinseca fragilità – è tuttavia da considerarsi il reticolo di trinceramenti, strade e fortini realizzati in quota, sul crinale dell’Assietta tra le Valli della Dora e del Chisone, coordinati con la piazzaforte di Exilles e con il poderoso vallo di Fenestrelle. Teatro dell’epica resistenza sabauda del 1747, i trinceramenti in terra e pietra sono tuttora in parte riconoscibili e visitabili con itinerari escursionistici, ma necessitano di un quadro generale urgente di tutela.
Architetture del Novecento
La stragrande maggioranza quantitativa di opere fortificatorie tutt’ora conservate è riferibile alla fase compresa tra gli anni ottanta dell’Ottocento e il periodo tra le due guerre. Tali architetture, sostanzialmente sotterranee, sono caratterizzate dal cospicuo uso di opere in galleria, associate a imponenti gusci in calcestruzzo armato, corazzato in acciaio.
Bardonecchia, i resti del forte Jafferau.
La conoscenza di tali manufatti è stata avviata per iniziativa di associazioni culturali sensibili alla tutela del patrimonio militare moderno, e alcune importanti iniziative di studio e valorizzazione hanno già portato l’attenzione sulle zone più ricche di manufatti, in attesa di una strategia più ampia di conservazione e valorizzazione.
Citiamo il forte dello Chaberton (nella foto di copertina, eretto tra il 1898 e il 1910 a quota 3130 metri, una delle fortificazioni più alte d’Europa) e le numerose opere dell’area del Moncenisio (alcune allagate dopo la costruzione della nuova diga, altre recuperate e rese fruibili al pubblico), passate alla sovranità francese dopo la Seconda Guerra Mondiale; ricordiamo infine le opere fortificate lungo la strada militare in quota da Salbertrand (forti Fenils e Pramand) allo Jafferau (a monte di Bardonecchia).
Testo e immagini sono tratti dalla guida "Valle di Susa, Itinerari di Cultura e Natura Alpina", realizzata a cura del Progetto "Valle di Susa, Tesori di Arte e Cultura Alpina" nel 2010.