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L'11 novembre si festeggia San Martino, patrono, tra gli altri, di militari, mendicanti, vendemmiatori e viticoltori.
In campagna si tratta di una data che fissa la scadenza dei contratti di affitto e mezzadria dei terreni agricoli, secondo una tradizione che si perpetua da secoli. Già in passato, infatti, era usanza che la gestione dei terreni e delle cascine, affidata dai proprietari a lavoratori periodici, avesse come data di inizio il giorno di San Martino, per andare a scadere il medesimo giorno dell'anno successivo.
Questa ricorrenza faceva sì che lungo le varie terre si verificassero veri e propri spostamenti di intere famiglie intente a trasferirsi da un appezzamento all'altro portandosi appresso le loro masserizie. Tutta questa movimentazione ha fatto nascere il detto, utilizzato quando si parla di trasloco, di "fare San Martino".
Ma San Martino è noto anche per i molteplici proverbi e le tradizioni ad esso legate. Ad esempio, il periodo autunnale nel quale, dopo aver avvertito i primi freddi, ritornano condizioni climatiche di tempo sereno e tepore, è definito estate di San Martino.
Questo detto prende le mosse dalla leggenda che narra dell'incontro tra Martino di Tours, che seguito diventerà santo, ed un mendicante seminudo che pativa il freddo sotto un acquazzone.
Martino, senza esitazione, con la spada tagliò in due il proprio mantello e fece dono di una delle due metà all'uomo, affinché lo usasse per proteggersi. Immediatamente, il cielo si schiarì e la temperatura divenne mite, quasi che improvvisamente fosse tornata l'estate. La notte seguente sognò Gesù, che gli rivelò di essere lui stesso il viandante.
Proprio nei giorni a ridosso dell’11 novembre, le botti di vino vengono aperte per l’assaggio del vino nuovo (da qui il proverbio "A San Martino ogni mosto diventa vino"), così come in quel tempo si consumano castagne.
Ecco allora che queste usanze sono state prese a prestito da un famoso poeta, Giosuè Carducci, che le ha riproposte nei versi del componimento intitolato appunto, manco a dirlo, “San Martino”. Anche Giovanni Pascoli, in “Novembre”, cita l’illusione derivante dalla fugace estate di San Martino.
Borgata San Martino a Giaveno
La chiesa attestata nel 1031 e il mulino del 1218 (“lu mùliŋ du Détu”) ci dicono che la borgata San Martino è uno degli insediamenti più antichi di Giaveno. Come la vicina borgata Villa sorgeva a guardia dell’ampio terrazzo naturale di Giaveno, accessibile attraverso strette porte a gomito. Quella di Villa, esclusa dal traffico dalla rettilinea via Pio Rolla, ha avuto un crollo qualche tempo fa, quella di San Martino (Ruata Sangone) è ancora oggi l’incubo dei camionisti, che per fortuna hanno alternative.
L’antica cappella, citata in un documento del 1031 come dipendente dal Monastero di San Solutore, andò distrutta e non compare nella mappa Rabbini del 1865. Quindi è sicuramente posteriore a questa data l’edificio che l’ha sostituita (nella foto sopra), la piccola ma graziosa e ben tenuta chiesa dedicata a San Martino, presso la quale si celebra la festa patronale del borgo nella ricorrenza del santo.
Il nome di rione San Martino viene ancora dato alla parte più alta della frazione Ruata Sangone, ed il santo viene festeggiato l’11 di novembre con una bella processione.
L’elemento più caratteristico della festa è sicuramente il Santo dal rosso mantello che guida a cavello la processione attraverso il borgo, seguito dai membri dell’Antica Società di San Martino, che ancora oggi organizzano la festa.
Pochi sanno che compatrono del borgo è San Camillo de Lellis, che nel 1500 entrato in ospedale come malato si trasformò in infermiere e assistente spirituale, rivoluzionando con l’ordine dei Camilliani l’assistenza infermieristica.
Chi era San Martino?
Ma chi era davvero San Martino, cui in Italia sono dedicate oltre 900 chiese?
Tra i fondatori del monachesimo, nacque a Sabaria Sicca, in Ungheria, intorno al 316. Il nome gli venne assegnato in onore di Marte, dio della guerra. Insieme ai genitori, durante l’infanzia si trasferì a Pavia, dove il padre aveva ricevuto un podere quale tribuno militare veterano.
Nel 331, in virtù di un editto imperiale, anch’egli, come altri figli di veterani, fu obbligato ad arruolarsi nell’esercito romano ed inviato in Gallia. Il suo incarico, all’interno della guardia imperiale, era di garantire l’ordine pubblico, occuparsi del trasferimento dei prigionieri, nonché della protezione della posta imperiale e della sicurezza di personaggi importanti.
L’incontro con il mendicante si narra che avvenne appunto in Gallia durante una ronda notturna nell’inverno del 335. La notte successiva, a Martino apparve in sogno Gesù, che rivolgendosi agli angeli lo indicava come il soldato romano che lo aveva vestito. Al risveglio Martino si accorse che il suo mantello era integro e lì comprese che, da catecumeno, sarebbe dovuto divenire cristiano, ricevendo il battesimo durante la Pasqua successiva.
All’età di circa 40 anni lasciò l’esercito per dedicarsi alla diffusione del cristianesimo. Nel 361 fondò a Ligugé il primo monastero dell’Europa occidentale e nel 371 venne nominato Vescovo di Tours. Fu uomo di grande carità e giustizia, oltre ad avere fama di taumaturgo.
Morì l’8 novembre 397 a Candes-Saint-Martin, dove si stava occupando di arginare contrasti sorti all’interno del clero locale. La sua commemorazione, tuttavia, non avviene né il giorno della nascita né quello del decesso, bensì l’11 novembre, data in cui venne celebrata la sua sepoltura.
Per maggiori informazioni su San Martino a Giaveno leggi anche: Guido Ostorero, San Martino a cavallo e San Camillo infermiere