Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Secondo l’opinione comune, la patata venne portata in Piemonte dalle truppe rivoluzionarie francesi, che con essa nutrivano i soldati. In effetti, in Francia, la patata era divenuta molto popolare da qualche anno, quando Antoine Augustin Parmentier ne aveva esaltato le virtù nel saggio “Traité sur la culture et les usages des Pommes de terre, de la Patate, et du Topinambour”.
François Dumont, "Portrait d'Antoine Parmentier" (1812).
Ma davvero furono i Francesi a fare conoscere la patata ai Piemontesi, o la sua esistenza era già nota sul nostro territorio? Probabilmente la prima zona d’Italia a conoscere questa pianta fu la Lombardia, essendo che essa apparteneva alla Spagna, e gli Spagnoli furono coloro che la introdussero per primi in Europa, iniziando poi a coltivarla in Galizia. Sappiamo che gli inizi non furono facili: i contadini si rifiutavano di coltivarla, oppure se ne servivano per nutrire i maiali.
Parmentier scoprì le patate in Germania quando (soldato farmacista nell’esercito di Luigi XV durante la Guerra dei Sette Anni), venne fatto prigioniero dai Prussiani, e con esse nutrito: dunque i Tedeschi, non solo la apprezzavano e la conoscevano, ma incaricavano i pastori di fare delle prediche nelle chiese per diffonderla.
E la patata era già ben conosciuta anche dai Belgi, visto che la prima attestazione della patata in un trattato culinario si trova nell’ “Ouverture de Cuisine”, di Lancelot de Casteau, Maitre-Cuisinier del Principe-Vescovo di Liegi.
Nell’ “Ouverture de Cuisine” la patata compare in ben quattro ricette, con il nome di “Tartoufle”. Parmentier nella sua opera chiama la patata “Pomme de terre”, ma il “Dictionnaire de la Langue Française” di Émile Littré, ci dice che essa era conosciuta presso il popolo con il nome di “Tartaufle”.
Liegi, 1604: ricette per cucinare la "Tartoufle", nell'"Ouverture de Cuisine" di Lancelot de Casteau.
“Dizionario Piemontese-Italiano, Latino e Francese, compilato dal Sac. Casimiro Zalli di Chieri”. Edizione seconda, Carmagnola, Tip. Pietro Barbiè, 1830.
Ne “Lou Tresor dóu Felibrige ou Dictionnaire Provençal-Français”, pubblicato nel 1878, Frédéric Mistral ci dice che invece in Provenza il termine ben vivo manifestandosi, a seconda della zona, come “Tartifle”, “Tartiflo” o “Tantiflo”. Nell’edizione del 1886 del suo “Dictionnaire de la Langue Française”, Émile Littré ci dice che il termine “Tartaufle” era ormai caduto in desuetudine.
Nel Piemonte del 1799 quello era il termine che usavano anche i Piemontesi: infatti, quando l’agronomo Giovanni Vincenzo Virginio (che viene considerato il nostro Parmentier) la assaggiò la apprezzò tantissimo, tanto da volerla proporre all’Accademia delle Scienze, perentandola come “pomi di terra, detti volgarmente (dal popolo), tartiffle”.
Il titolo del suo libercolo, pubblicato in Torino dalla Stamperia Reale, era, appunto: “Trattato della coltivazione delle patate o sia pomi di terra volgarmente detti tartiffle, dato in luce dall'avvocato Vincenzo Virginio, Socio ordinario della Reale Società agraria di Torino e di altre Accademie, dedicato agli accurati Agricoltori del Piemonte”.
Dunque, quando Virginio mostrò il suo tubero agli Accademici, il popolo già la conosceva. Nei Dizionari piemontesi usciti negli anni seguenti, come il Capello del 1814, lo Zalli del 1830, il Ponza del 1847, il Righini di Sant’Albino del 1859, il Pasquali del 1869, la patata è denominata, oltre che “Poum ‘d tera”, “Tartìffla”, “Tartifla”, o “Tartìfôla”.
Torino, 1799: “Trattato della coltivazione delle patate" Vincenzo Virginio.
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È interessante scoprire, nei coevi dizionari di milanese o di genovese, che i Lombardi e i Liguri denominavano le patate “Tartiffoli”.
Insomma, da quello che abbiamo detto, sembrerebbe che “Tartiffla” fosse il nome della patata quando si usava solo per nutrire il bestiame, mentre quando assunse ufficialmente all’onore delle tavola, divenne il “Pomo di terra”.
È rimasta ancora memoria di questa parola, nel nostro linguaggio? Nel piemontese no, ma nel francoprovenzale parlato nelle nostre valli, sì.
Infatti, “Tartìfla” è il termine con il quale è conosciuta la patata nei patois francoprovenzali del Piemonte, della Valle d’Aosta, della Savoia e della Svizzera francofona: chi non ha mai assaggiato, salendo qualche volta al Moncenisio, la “Tartiflette”, un corposo piatto savoiardo, a base appunto di patate, cipolle, reblochon e pancetta?
Una "tartiflette" savoiarda.
Sopra al titolo: I mangiatori di patate (De Aardappeleters), dipinto del pittore olandese Vincent van Gogh, realizzato nel 1885 e conservato al Museo Van Gogh di Amsterdam.