Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Da sempre mi affascina la storia dell’esercito dei Franchi che, per aggirare i Longobardi asserragliati alle Chiuse, non avrebbe percorso la classica strada del fondovalle, ma una via segreta in quota, guidati da un giullare longobardo traditore. Alessandro Manzoni nell'Adelchi dà invece credito ad un'altra versione, secondo cui la strada sarebbe stata indicata a Carlo Magno dal Diacono Martino, inviato dall'arcivescovo di Ravenna su disposizione del Papa.
Da bambino la mia curiosità deve essere stata alimentata dalle immagini della Storia d’Italia a Fumetti di Enzo Biagi, che raccontava di fatti così lontani nel tempo, ma accaduti così vicino a casa.
Poco importa se in seguito ho scoperto che tutto questo è più leggenda che storia. Il fatto che sulle mappe sia indicato un Sentiero chiamato dei Franchi e che nei boschi ci siano delle paline con le iniziali SF non può che significare una cosa sola: davvero i Franchi sono passati da lì!
Nella "Storia d'Italia" si parla di Chiusa e della nostra Valle di Susa, e si vede una fortificazione in cima a una montagna che, in realtà, non può che essere la Sacra di San Michele.
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Dopo averlo incrociato innumerevoli volte e dopo averne percorso diverse sezioni in bike e a piedi, mi sono finalmente deciso ad affrontarlo tutto, da Oulx alla Sacra di San Michele, nei giorni prima di Pasqua. Mi terranno compagnia le mie due fidate compagne a quattro zampe, Iride e Skye. Dovremo superare 75 km, 2.800 m di dislivello positivo e 3.000 m di dislivello negativo (più altri 500 m per scendere a Sant’Ambrogio). Bivaccheremo in tenda due notti, in modo da suddividere in tre tappe il cammino.
GIOVEDÌ: OULX - PIAN DEL FRAIS
Lascio l’auto a Sant’Ambrogio, per dirigermi in treno a Oulx. Devo partire dopo le 9, dato che nell’ora di punta, dalle 7 alle 9, non è permesso viaggiare coi cani.
A dirla tutta, in realtà potrei portare con me solamente un cane. Alla biglietteria automatica, infatti, non posso comprare il biglietto per il secondo cane. Non potendolo abbandonarne a Sant’Ambrogio, acquisto un biglietto normale per un secondo adulto e salgo sul treno sperando di non essere redarguito o, peggio, multato.
Dalla stazione di Oulx mi dirigo verso il Borgo Alto e inizio da lì il Sentiero dei Franchi. Voglio infatti percorrerlo integralmente e non ho intenzione di perdermi la sezione iniziale. Inoltre, in questo modo, per superare Gad evito la Statale 24 e il passaggio davanti al centro commerciale delle Baite, che non è un tratto piacevole, soprattutto con due cani al seguito.
Il versante orografico destro dell’alta valle sopra Salbertrand e Exilles è caratterizzato da boschi di abete bianco, alberi che raramente si incontrano nelle nostre zone. Quando il bosco si apre si intravedono i torrioni dolomitici del Seguret sull’altro versante e, guardando indietro, il gruppo della Grand Hoche.
La grandiosa abetaia dopo Serre Moutoun.
Ci si sente veramente soli, perché, a parte Sapè di Exilles, gli altri piccoli insediamenti che si incontrano sono tutti abbandonati. Sembra di essere in territori remoti, anche se il rumore che arriva dall’autostrada ci ricorda che siamo in Valle di Susa.
Avevo sempre percorso questi sentieri in mountain bike e non avevo mai notato questo incessante rumore di fondo, ma nella tranquillità del camminare a piedi si sente eccome.
Sapè di Exilles si trova in una bellissima posizione e viene tenuta come un gioiello.
Avvicinandomi alla zona del Pian del Frais i pendii diventano più dolci e comincio a pensare a dove trascorrere la notte. Voglio un posto pianeggiante, nel bosco e isolato. È ancora presto però e mi conviene camminare ancora un po’, superando il Frais. Poco dopo il bivio per Case Carboneri individuo un piccolo pianoro che sembra fare al caso mio. Pulisco bene la piazzola in cui posizionerò la tenda e la monto.
Solo più tardi mi accorgo che il posto non è proprio perfetto: a pochi metri c’è un piccolo ruscello. Sono fortunato che non è ancora periodo di zanzare e l’aria è estremamente secca, quindi non avrò problemi di condensa nella tenda. Ma se avessi scelto un punto solo poco più distante avrei dormito forse leggermente più al caldo.
Di giorno le temperature sono molto alte, ma di notte raffredda parecchio. Peggio ancora, una zona fangosa è divertimento assicurato per Skye e io non so come pulirla prima di farla entrare in tenda.
Un chiot dove sono ricresciuti gli alberi, vicino a Case Carboneri, sembra il luogo ideale dove sistemarsi per la notte.
VENERDÌ: PIAN DEL FRAIS - RIFUGIO AMPRIMO
Dopo aver superato la panoramica frazione della Losa, la seconda tappa prevede la discesa su Meana di Susa. Si scende un po’ a fatica per una ripida mulattiera, completamente ricoperta dalle foglie dei faggi. L’inverno è stato avaro di acqua e tutte le foglie cadute sono ancora lì e, in alcuni punti, il vento è riuscito a accumularne una cinquantina di centimetri.
Sono molte le mulattiere in questo stato su questo versante. Sotto le foglie e i rami si scopre che sono ben lastricate, larghe, delle vere opere ingegneristiche che garantivano gli spostamenti tra il fondovalle e le alture. Oggi, che non sono più utilizzate, tenerle pulite è un lavoro impossibile.
Dopo Meana scopro il magnifico vallone pianeggiante della Cianonia, dove non ero mai passato in vita mia. È verde, gli alberi sono in fiore e la strada è pianeggiante. Il riposo dura poco, però: in breve devo riprendere la salita in mezzo ai faggi, per raggiungere la Cappella delle Toglie.
Il vallone della Cianonia, nei pressi di Meana di Susa.
Questa mulattiera che sale senza sosta fa vincere alla seconda tappa il premio di tappa più dura delle tre: è Venerdì Santo, quindi è una sorta di Via Crucis. Fa caldo e finiamo presto l’acqua. Tutti e tre vorremmo bere. A Pra la Grangia troviamo una fontana da cui non zampilla quasi più nulla, ma è meglio che niente.
Sono stanco e avrei una mezza idea di fermarmi alle Toglie, ma la fontana che ricordavo è completamente asciutta, quindi non posso prendere acqua per la notte. Per rifornirmi devo continuare fino al Rifugio Amprimo.
Poco prima di arrivare al rifugio individuo il posto perfetto per passare la notte: un boschetto di larici su un piccolo altopiano, riparato da un masso. Dopo essermi caricato di tre litri d’acqua, tornerò lì a montare la tenda e poi andrò a cenare a metà strada dall’Amprimo, su una piccola cresta erbosa che si affaccia su uno splendido vallone spianato da un piccolo ghiacciaio. Questa zona è talmente bella che è amata da tutti. Ora, che è sera e tutta la folla che è venuta a godersi una giornata al rifugio è rientrata a casa, è ancora più affascinante.
Il largo pianoro poco prima del Rifugio Amprimo.
È anche un luogo ricco di fauna. Ci sono tracce di capriolo ovunque e, mentre ci rilassiamo davanti alla tenda, ne compare uno che si piazza a pochi metri da noi e ci guarda. Ne arriva un secondo poco più in là, bramiscono a turno, penso infastiditi dalla nostra presenza, e infine corrono via. Per fortuna Skye è legata, anche se inaspettatamente mantiene la calma, mentre Iride, libera, mi sorprende per come risponde perfettamente al mio comando resta.
Il mio sonno notturno sarà frequentemente interrotto dalle corse dei caprioli di fianco alla tenda o dai loro improvvisi bramiti. Gli uccelli, coi loro canti, segnaleranno la fine della notte troppo in fretta, ma, incredibilmente, la mattina mi sentirò comunque riposato.
SABATO: RIFUGIO AMPRIMO - SANT’AMBROGIO
Sto sorseggiando il tè quando il lontano scrosciare d’acqua del Rio Gerardo è sovrastato da un suono che non avevo mai sentito prima dal vero, ma che è inconfondibile: l’ululato di un lupo. I cani si rivolgono verso la direzione da cui proviene il suono e io resto fermo per capire se si ripeterà. Dopo poco mi accorgo che gli ululati sono tanti, sono quelli di un intero branco, si fanno sempre più insistenti e diventano simili a dei guaiti.
Finalmente mi decido a prendere la fotocamera nel tentativo di catturare alcuni di questi suoni spaventosi e attraenti al tempo stesso. Avrei voluto avere un microfono di qualità, ma mi devo accontentare dell’audio della GoPro e il risultato è abbastanza scarso. Non ho paura, ma provo una sensazione di inquietudine. Dopo un po’ di minuti penso che sia meglio sbaraccare e liberare il territorio per gli animali del luogo.
Dopo essermi rifornito nuovamente d’acqua all’Amprimo, mi dirigo verso il Rifugio Valgravio. Quella di oggi è la tappa più lunga, ma mi sento riposato e sono ottimista che patirò meno del giorno precedente. Inoltre, dovrò fare molta più discesa che salita, anche se sono preoccupato che 9 kg sulle spalle renderanno la discesa molto più impegnativa che una rilassante passeggiata.
Il Rifugio GEAT Valgravio è immerso nei larici.
Dopo una sosta per prendere altra acqua e bermi l’unico caffè di questa tre giorni, che il Rigugio Valgravio gentilmente mi offre, attraverso un bel bosco reso magico dalla luce del mattino e arrivo all’Alpe Fumavecchia. Subito dopo si comincia a faticare, visto che inizia la salita per Pian dell’Orso, il punto più alto dell’intero itinerario.
Arriviamo in cima calpestando le ultime piccole lingue di neve e, per la prima volta, mi concedo il lusso di una pausa pranzo: tiro fuori il mini fornello a gas e mi preparo l’ultimo pasto liofilizzato che mi è rimasto. Un piatto caldo con la vista impressionante sul Rocciamelone è un puro piacere.
Pian dell’Orso è una meta escursionistica molto popolare.
Da Pian dell’Orso in poi è praticamente tutta discesa. Si sconfina sul versante della Val Sangonetto, dove soffia il vento e il paesaggio cambia: non ci sono alberi, ma erba alta ancora secca che cresce tra grossi massi, da cui Iride e Skye si affacciano per godersi lo spettacolo su Pian Goraj, Coazze e Giaveno.
Quando passo sopra una piccola vipera, immobile in mezzo al sentiero, capisco che è ora di tenere Skye legata, con Iride che mi segue dietro obbediente. Batto continuamente coi bastoncini da trekking sulle rocce, ma non serve a molto: poco più avanti quasi calpestiamo un’innocua biscia, che è ancora lì ferma sul sentiero, nonostante tutto il rumore che stiamo facendo. I serpenti sono appena usciti dal letargo e non hanno avuto il tempo di termoregolarsi, quindi non sono affatto reattivi.
Corriamo verso il Colle Bione.
Verso il Colle Bione il paesaggio si addolcisce e, con un po’ di pazienza, possiamo dissetarci alla fontana ormai quasi secca: in 5 minuti non sono riuscito a riempire completamente nemmeno la borraccia da 500 ml. In molti sono venuti a pranzare al sacco vicino alla chiesetta e diversi di loro osservano divertiti gli zainetti arancioni indossati da Iride e Skye.
Proseguiamo per lo spartiacque tra Val di Susa e Val Sangone fino ai Tre Roc. Da lì si scende alle borgate La Mura e Folatone, dove i prati sono verdi e curati e si ha l’impressione che si stia rientrando nel mondo.
Non è ancora finita, tuttavia, e devo stare attento a non sbagliare strada perché, curiosamente, questa è la sezione dove il Sentiero dei Franchi mi è sembrato indicato peggio. A Basinatto sbaglio, perché imbocco il sentiero che scende a Chiusa San Michele, ma mi salva una chiacchierata sui cani che faccio con un simpatico signore del posto, che è molto contento nell’apprendere che sto per terminare il Sentiero dei Franchi e che mi avverte del mio errore. Devo andare a prendere la strada asfaltata che scende da Colle Braida. Sono poche centinaia di metri di asfalto, ma brutte, visto il traffico del sabato pomeriggio.
Arrivo alla Sacra, fine del Sentiero dei Franchi.
Arrivo all’affollato piazzale davanti alla Sacra e non mi sento completamente a mio agio: sono vestito diversamente da tutti gli altri, sono sporco e sono visibilmente affaticato. Tuttavia, imbocco la mulattiera che mi riporta a Sant’Ambrogio sentendomi soddisfatto della mia piccola impresa: ho ufficialmente completato il Sentiero dei Franchi, dall’inizio alla fine! Era una vita che avevo in mente di farlo tutto e, finalmente, ce l’ho fatta!
Dormire in tenda ed essere autonomo col cibo, sentire e vedere gli animali così da vicino, essere così a stretto contatto con la natura ha reso davvero emozionante questa breve avventura a due passi dalla civiltà.
Per maggiori informazioni, il video e le note tecniche dell'escursione leggi l'articolo completo sul sito "Solitone"