Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Il riso è molto probabilmente il cereale più antico e conosciuto al mondo, anche più del frumento. Reperti archeologici risalenti a 15.000 anni fa hanno infatti dimostrato che il riso selvatico era già a quel tempo un'importante fonte di alimentazione in alcune zone delle odierne Thailandia, Vietnam, Corea, Cina e di alcune isole del Sud-est asiatico. I primi resti di riso coltivato venuti alla luce risalgono a 7.000 anni fa e sono stati trovati in Cina orientale e in India nord-orientale.
Sembra che siano stati gli arabi a portarlo in Europa intorno all'anno mille. In Piemonte in particolare la coltivazione del primo riso si deve, con molta probabilità, ai Saraceni, che trovarono negli acquitrini della “bassa” piemontese le condizioni ideali per il suo sviluppo.
Notizie certe della coltivazione del riso nella nostra regione si hanno già nel 1250, nella zona di Vercelli, però il fatto che venisse coltivato in zone paludose e negli acquitrini, suscitò nei secoli seguenti non pochi timori. Si pensava che la sua coltivazione favorisse il diffondersi di gravi malattie come la malaria o addirittura la peste, per questo spesso furono emanate leggi per vietarne la coltivazione in zone troppo vicine alle città o ai centri abitati.
Questa storia andò avanti almeno fino alla seconda metà dell'800, tanto che nel 1859 una lapide murata nel municipio di San Giorgio Canavese così festeggiava il decreto che vietava la coltivazione del riso nel Basso Canavese: “Il Canavese fu liberato dall'infausta cultura del riso che vi spargeva lo squallore e la morte...”. Nel contempo però era sempre più apprezzato: pochi alimenti hanno inciso tanto profondamente sulle abitudini alimentari dei piemontesi.
Il riso è stato per secoli un'importante fonte di nutrimento anche grazie al fatto che, contenendo più amido della pasta, durante la cottura assorbe notevoli quantità di acqua, fino a triplicare il proprio peso. Era presente sia sulla tavola dei contadini che su quelle più nobili, tanto che alla corte dei Savoia, alla fine del 1700, il risotto era il piatto tradizionale dei balli e delle feste di Carnevale a corte.
All'epoca il riso piemontese era considerato tanto pregiato che persino il futuro terzo presidente degli Stati Uniti Thomas Jefferson (al tempo ambasciatore a Parigi), nel 1787 partì da Nizza con una carovana di muli diretto a Torino e Vercelli per acquistare una macchina che scortecciava il riso, ma ne approfittò per nascondere nel suo bagaglio qualche sacchetto di riso locale, la cui esportazione era vietata, che era considerato di una qualità nettamente superiore a quello coltivato nella Carolina del Sud.
Il riso era conosciuto ed apprezzato anche per le sue virtù salutari; nel '400 il medico Antonio Guaineiro suggeriva “risum cum butyro coctum et zucharo aspersum” (riso cotto con burro ricoperto di zucchero) nella dieta degli infermi. È noto infatti che tra tutti i cereali il riso è quello dotato del minor potenziale allergenico e che la sua componente glucidica lo rende l'alimento ideale come primo rimedio nella cura dei disturbi a carico dell’apparato gastrointestinale sin dall'infanzia.
Il riso è considerato in molte parti del mondo simbolo di abbondanza, prosperità e fertilità; dalla Cina all'Italia, passando per India e Malesia è usanza lanciare il riso agli sposi dopo la cerimonia, in Corea, soprattutto nei villaggi, il riso è venerato come il dio della casa, il cui simbolo principale è un vasetto di vetro pieno di riso, che viene collocato nel cortile o all’interno della casa.
In cucina elencare tutti gli utilizzi del riso è quasi impossibile, protagonista di risotti, minestre, zuppe, timballi, lo ritroviamo in preparazioni sia salate che dolci.
In Piemonte il suo utilizzo più frequente è nei risotti, preparati con i condimenti più disparati: dal “ris an cagnon” tipico del biellese condito con burro e formaggio Maccagno al risotto al Barolo, dal riso e latte a quello con le castagne, dai risotti preparati con le erbe spontanee come le ortiche o gli luvertin al tipico risotto con le rane del vercellese e del novarese.
Oppure della stessa zona la paniscia e la panisa tipiche zuppe di riso, verdure e fagioli (entrambi i termini hanno nella loro radice la parola “pane”, quasi a sottolineare l'importanza di questi piatti e “andare a cercare la panisa” significava, nel dialetto di quelle zone, cercare un lavoro, un'occupazione dalla quale si sperava di ottenere benessere e ricchezza).
Risotto con spugnole e salsiccia
Le spugnole sono un tipico fungo primaverile che cresce sulle montagne della Valle di Susa in primavera e si presta bene alla preparazione di gustosi risotti.
Ingredienti:
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320 g di riso per risotti
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1 cipolla
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300 g di salsiccia di suino
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300 g di spugnole
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Olio extravergine d’oliva q.b.
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sale q.b.
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Ricotta di capra stagionata
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Burro e panna per mantecare
PROCEDIMENTO
Pulite bene le spugnole, lavandole e tagliandole a pezzetti (fate attenzione perchè all’interno del fungo, che è cavo, si annidano a volte piccoli insetti).
In una pentola con un filo d’olio fate rosolare la cipolla affettata finemente, finchè sarà imbiondita. Aggiungete quindi le spugnole e fate cuocere per una decina di minuti. Salate e unite la salsiccia spellata e spezzettata con le mani. Fate rosolare anche questa per cinque minuti quindi unite il riso.
Dopo averlo fatto tostare per un paio di minuti portate a cottura solamente con acqua bollente salata (non utilizzate brodo per non coprire il sapore dei funghi).
Quando il riso sarà cotto, regolate di sale e a fuoco spento procedete alla mantecatura con una noce di burro, quattro o cinque cucchiai di panna e una generosa manciata di ricotta di capra stagionata grattugiata.
Fate riposare il risotto con spugnole e salsiccia due o tre minuti e servite.
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