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Secondo la "Canzone della battaglia delle Grange Sevine", a fare la differenza fu un attimo di abbassamento della guardia da parte dei nazifascisti, sorpresi mentre si riposavano dopo la dura salita.
"Il 26 d'agosto - dice la canzone - nessun se l'aspettava, un gruppo di fascisti a Sevine arrivava, ma stanchi nel salir si misero a dormir godendo quel bel sole per farsi rinvenir. Ma il partigiano all'erta in postazione entrava, l'allarme poi lui dava a tutto il battaglion". Il seguito è presto detto: "Con slancio da leon ci siam precipità incominciando il fuoco, per lor, senza pietà. Ma il sole di montagna per lor non è cortese: è meglio in paese, in braccio alla lor bella. Arriverà quel dì che canterem così: abbasso la Repubblica (la Repubblica sociale di Salò), evviva i partigian".
La realtà fu però un po' più complicata. Ai tedeschi bruciava ancora la recente sconfitta subìta a Balmafol: per questo avevano progettato un nuovo attacco dal Colle della Croce di Ferro, dove si sarebbero dovuti ricongiungere con altre compagnie che avrebbero dovuto rastrellare la Valle di Viù.
La zona era presidiata dalla IV Divisione G.L. Stellina, il cui comandante era Giulio Bolaffi (Aldo Laghi). Cittadino di religione ebraica, dopo l'8 settembre fu partigiano prima nelle valli di Lanzo e poi in Valle di Susa: il 28 aprile 1945 sarà uno dei comandanti che entreranno in Susa e nel dopoguerra riavvierà a Torino l'attività filatelica fondata dal padre, portandola ad un successo mondiale.
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Il 26 agosto 1944 una squadra partigiana di guardia ad Urbiano avvistò all'alba uomini armati che salivano da Susa. Erano due compagnie italiane agli ordini di ufficiali tedeschi (oltre 200 uomini): Bolaffi ed i suoi, messi in allarme da due staffette, decisero di lasciarli avanzare per poterli attaccare sul terreno a loro più favorevole.
Li lasciarono arrivare indisturbati fin nella conca delle Grange Sevine (1750 metri), dove li accerchiarono. I fascisti, colti di sopresa, si rifugiarono nelle baite dei pastori in quel momento occupate da donne e bambini, utilizzandole come piccoli fortini e spostando alcune lose in pietra per realizzare delle rudimentali feritoie, che consentivano loro di sparare rimanendo al riparo. In questo modo, e grazie anche all'utilizzo di un mortaio, i partigiani riuscirono a far credere al nemico di essere circondato da forze molto superiori a quelle reali.
Aldo Laghi (Giulio Bolaffi) parla dal Municipio di Susa dopo la Liberazione (foto di Giacinto Contin, detto Nino).
La divisione Stellina, infatti, poteva contare su soli 70 uomini armati, tre mitragliatrici pesanti fisse e un mortaio. Per questo Bolaffi aveva deciso di chiedere aiuto alla 42ma Brigata Garibaldi, che intorno alle 18 riuscì a far arrivare in zona una trentina di partigiani: due squadre di garibaldini, una delle quali composta da partigiani russi.
La battaglia fu estenuante e durò tutta la giornata: ecco come Bolaffi descrive le fasi finali dello scontro nel suo rapporto al comando militare piemontese. "Il combattimento si trascinava ormai da ore, con pressochè ininterrotto scambio di colpi, ed aveva portato i nostri uomini a distanza utile per l'assalto. La situazione, verso le ore 20,45, si presentava nel modo seguente: l'assediato aveva l'impressione di avere di fronte forze preponderanti, soprattutto per il fuoco preciso del nostro unico mortaio, ma continuava a difendersi accanitamente".
Il terreno per attaccare era scoperto, e ciò in caso di attacco avrebbe causato perdite gravi nelle fila dei partigiani. Inoltre, aggiunge Bolaffi, in caso di attacco "il nemico si sarebbe reso conto della propria superiorità numerica" e le 20 donne con i bambini presenti nelle Grange "difficilmente avrebbero potuto sfuggire ad un massacro".
Il comandante Laghi, preceduto da una bandiera bianca, si avvicinò allora alle case intimando la resa. Ma anche questa non fu facile: ci vollero 40 minuti di trattativa prima che il nemico concordasse la consegna di tutti gli uomini, armi e materiali, ottenendo in cambio la salvezza della vita di tutti e la libertà agli ufficiali tedeschi con l'onore delle armi.
Il monumento ai partigiani della Divisione Stellina (Dany Bi).
"Le condizioni di resa – conclude Bolaffi - , apparentemente blande, sono invece da considerarsi per noi oltremodo favorevoli in relazione alla situazione reale delle forze". Il comandante nel rapporto chiede anche istruzioni sulla gestione di prigionieri, e comunica che alcuni di loro "hanno chiesto ed ottenuto di partecipare ad azioni al nostro fianco, dimostrandosi valorosi combattenti".
I partigiani contarono sette feriti, di cui due gravi, ed un tenente russo, Arcaij Zucov, morto pochi giorni dopo, in onore del quale alle Grange Sevine è stata eretta una lapide. Ben più elevate le perdite tedesche: due morti ed una ventina di feriti, oltre 150 prigionieri ed un ricco bottino composto da due mitragliatrici con munizioni, 18 fucili mitragliatori, 26 mitra, 150 fucili, bombe a mano e munizioni.
Su queste montagne, alle pendici del Rocciamelone, dal 1988 si corre il Memorial Partigiani Stellina, manifestazione fortemente voluta da Alberto Bolaffi, figlio di Giulio.
Per motivi organizzativi il Challenge Stellina 2024 si prende una pausa, e non si disputerà. Il Comitato Organizzatore, guidato dai campioni olimpici Livio Berruti e Maurizio Damilano, con l’Atletica Susa Adriano Aschieris, ha infatti ritenuto che non ci fossero le condizioni per quest’anno per allestire la manifestazione internazionale di corsa in montagna, tornata nelle ultime edizioni ad essere Trofeo per Nazioni. Il memorial partigiani Stellina tornerà dunque nel 2025.
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