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Giugno 1991, la tappa Savigliano-Sestriere del Giro d’Italia passa da Cumiana. Gino Bartali, il patron Vincenzo Torriani e la maglia rosa Chioccioli si fermano a salutare uno spettatore d’eccezione. È “Cichìn” Camusso, detto “il camoscio di Cumiana” non solo per l'assonanza del piemontese camùs con il suo cognome ma soprattutto per la sua grande abilità nelle corse in montagna.
Ha ragione Bartali ad abbracciarlo. Nel 1936 è il gregario di lusso che lo aiuta a vincere il Giro. Nel Tour de France del 1937, quando “Ginettaccio”, in maglia gialla, cade in un torrente gelido che gli porta una bronchite che lo costringe al ritiro, Camusso lo aiuta a rialzarsi e lo scorta al traguardo, accumulando minuti di ritardo, che in gran parte riuscirà comunque a recuperare arrivando quarto.
La sua vittoria al giro del 1931, il 3° posto al Tour del 1932, il 2° al Giro d’Italia del 1934 e il 4° posto al Tour del 1937, nonostante l’episodio che abbiamo visto, lo collocano nell’Olimpo dei campioni. Tra quegli scalatori, come Chiappucci, come Pantani, che avevano bisogno della montagna per esaltarsi ed esaltare le folle.
Francesco Camusso, nato a Cumiana il 9 marzo del 1908, è stato uno dei grandi del ciclismo italiano tra le due guerre. Scalatore puro, capace di imprese esaltanti, simpatico e modesto, si ritirò a soli trent’anni, appena capì che la carriera stava declinando.
Forse per questo è finito come Valetti in secondo piano, oscurato dai Coppi e dai Bartali, fortissimi in bici e fortissimi come personaggi delle cronache.
Eppure il primo a vincere il Giro in maglia rosa fu lui, nel 1931. La maglia simbolo era stata adottata quell’anno in omaggio al colore della carta della Gazzetta dello Sport, nonostante il malumore del governo fascista che giudicava il colore poco virile. La prima tappa la vinse Learco Guerra precedendo Alfredo Binda, ma a Milano fu Camusso a indossarla.
Tra i due litiganti, costretti al ritiro, a godere fu il “camoscio di Cumiana”, ma dopo una faticata epica. Alla partenza della penultima tappa, la Cuneo – Torino di 252 chilometri era in ritardo di oltre due minuti da Giacobbe, ma conosceva le strade e calcolò perfettamente il momento in cui girare la ruota (così si doveva fare allora!) per innestare il rapporto di salita e transitò sul Colle del Sestriere con un margine che incrementò in discesa, buttandosi a capofitto si strade che, ovviamente, conosceva alla perfezione
Arrivò al Motovelodromo di Torino con 3 minuti di vantaggio e sulle spalle la maglia rosa, che portò il giorno dopo a Milano.
Anche Giacobbe e Marchisio, secondo e terzo, erano piemontesi. La stampa e l’opinione pubblica infatuata dal duello Guerra – Binda, sminuì il successo di Camusso, attribuendolo al ritiro della coppia rivale.
Nel 1932 si ritira al Giro d’Italia ma partecipa al Tour de France che termina al terzo posto, penalizzato da un bizzarro regolamento che assegna ben quattro minuti di abbuono al vincitore di tappa (il vincitore André Leducq ne vincerà sei, guadagnando in questo modo ben 24 minuti sui rivali).
Cichìn è protagonista in tutte le tappe di montagna e, dopo aver sfiorato la vittoria nella Pau-Bagnères-de-Luchon vince in solitaria sei giorni dopo la tappa che da Cannes conduce a Nizza attraverso i colli che circondano la Costa Azzurra.
Fu ancora secondo al Giro d’Italia del 1934, dopo un epico duello con Learco Guerra, la Locomotiva Umana, che dominò un tracciato cucito su misura per lui vincendo parecchie tappe e portandosi a casa i relativi abbuoni.
Il colpo di scena si verificò nella tappa Firenze-Bologna, breve ma molto dura, con le scalate del Passo della Futa e del Passo della Raticosa. Sulla prima ascesa il Camoscio di Cumiana scatta e Guerra crolla, scende dalla bici e decide di ritirarsi, salendo anche sull’ammiraglia.
Gli organizzatori riescono però a fargli cambiare idea, e così riparte e conclude a cinque minuti e ventidue secondi da Camusso, che conquista la maglia rosa. Resterà sempre il sospetto che Guerra abbia percorso un buon tratto di gara in auto, ma gli organizzatori decidono di non penalizzarlo, e così Guerra si riprende il primato il giorno successivo, in una lunga cronometro di cinquanta chilometri che da Bologna porta a Ferrara.
Camusso è autore di un’ottima prestazione e si classifica al quinto posto. Ma non basta: Guerra vince e mette le mani sul Giro d’Italia. Cichìn chiude al secondo posto ad appena 51 secondi dal rivale.
Camusso e uno spettatore aiutano Gino Bartali, caduto in un torrente e poi costretto al ritiro.
Dopo alcuni anni difficili Camusso vive un’altra ottima stagione nel 1937, gregario di un giovane Gino Bartali che però, quando sembra ormai avere il successo in mano è costretto a ritirarsi dopo essere caduto in un torrente, fratturandosi alcune costole e prendendosi una bronchite.
Tocca quindi a Camusso prendere in mano le redini della squadra, ma Cichin ha perso molto tempo proprio per scortare Bartali in seguito al suo incidente, uscendo dai primi dieci in classifica. Recupera in salita, vince la tappa Montpellier-Narbonne e si classifica al quarto posto.
L’anno successivo decide di ritirarsi e di aprire un negozio di articoli sportivi a Torino. Morirà all’età di ottantasette anni il 23 giugno 1995.
Ampia biografia di Francesco Camusso, col dettagliato resoconto delle sue imprese, nel sito suiveur.it.
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1991: il Giro s’inchina alla prima maglia rosa, Francesco Camusso, il “camoscio di Cumiana”