Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Nei vicoli e nei cortili di Vaie, che nei cartelli d’ingresso al paese ricorda con orgoglio il suo antico nome francoprovenzale “Vayes”, il profumo dei giorni di festa è quello del canestrello, un biscotto dal colore dell’oro cotto sulla fiamma in pesanti ferri di ghisa, strumenti che le famiglie vaiesi si tramandano di generazione in generazione.
Farina, zucchero, burro, uova, scorza di limone e lievito: quella del Canestrello di Vaie è una ricetta oggi ben identificata da un marchio collettivo che ne definisce con precisione la composizione e l’aspetto, ma la storia che sta dietro a questo piccolo biscotto è lunga e comune a preparazioni simili non solo del Piemonte ma di mezza Europa.
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Il nome deriva probabilmente dal piemontese "canesterlè" (che significa "ingraticolare con canne", in riferimento al disegno dello stampo), oppure dai canestrelli di vimini nei quali il dolce veniva deposto dopo la cottura.
Quest’ultima, molto particolare, viene ancor oggi eseguita con attrezzi nati originariamente per confezionare le ostie da Messa: il ferro più antico in Italia è conservato infatti in un museo presso Pescara e risale al 1132.
Quando la produzione di ostie da Messa passò dai monaci ai laici, verso il XV secolo, le decorazioni impresse dai ferri cominciarono a comprendere, oltre a simboli sacri, stemmi araldici e motivi geometrici: tra i più comuni, proprio i tipici “quadretti” dei Canestrelli vaiesi.
Mutò poi nel tempo anche la composizione dell’impasto, che si diversificò di zona in zona: al composto base di farina ed acqua vennero aggiunti uova, zucchero, cacao e aromi. Restò immutato invece l’antico metodo di cottura, rimasto identico e assai artigianale.
Così, mentre in alta Val Susa e Val Chisone il “gofri” continua ad avere una funzione simile al pane, il cui sapore neutro è da accompagnare ancora caldo a salumi, formaggi, miele o marmellate, in bassa valle di Susa convivono ancora oggi sia il canestrello a cialda, diffuso a San Giorio, sia la varietà più spessa, tradizionalmente prodotta a Vaie, ma anche a Chiusa San Michele, Villarfocchiardo e nelle frazioni Poisatto e Grangetta di Condove. Nulla a che vedere, se non nel nome, col canestrello ligure di forma circolare e guarnito di zucchero a velo.
Un’importante ricetta dei “Canestrelli alla piemontese”, del tutto simile a quella odierna, nel 1854 è riportata nel “Trattato di cucina” di Giovanni Vialardi, pasticcere personale dei re Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II.
“CANESTRELLI ALLA PIEMONTESE”: LA RICETTA DEL PASTICCERE DEL RE
Impastate sul tavolo 4 ettogr. di farina bianca con 2 ettogr. di zucchero bianco pesto, 2 ettogr. di butirro (burro) fresco, un po’ di scorza di limone trita, 2 uova intere, rotolata in forma di bastoni grossi il dito pollice, tagliati a fuso, lunghi 4 o 5 centim. Indi avrete sul fuoco un ferro a canestrelli ben netto e caldo, unto di butirro chiarificato col pennello, posto un pezzo di pasta lungo nel mezzo, chiudete il ferro, fatelo cuocere sul fuoco ardito, finchè sia di bel colore dorato d’ambe
le parti, rivolgendo il ferro sovente, levatelo dal ferro, piegatelo sopra un bastone a forma d’un tetto, tenetelo al tiepido finché son tutti fatti e serviteli.
Sempre nell’ottocento il canestrello venne celebrato dal poeta piemontese Angelo Brofferio, che dedicò alcuni versi al Cuciniere del Conte di Cavour, probabilmente per la sua bravura nel prepararli: “Evviva il dio dei Canestrelli! Lux perpetua luceat ei...”
La preparazione dei canestrelli
Ingredienti:
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1 kg di farina di grano tenero tipo 00
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4 uova intere
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400 gr di burro
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400 gr di zucchero
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2 limoni (solo la scorza grattugiata)
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1 bustina di lievito
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1 bustina di vanillina
In in grosso contenitore sbattete bene le uova, aggiungete lo zucchero, la scorza di limone grattugiata, il lievito, la vanillina, la farina e il burro fuso.
Lavorate l’impasto fino ad ottenere un composto omogeneo e lasciatelo riposare 1-2 ore, poi suddividete l’impasto in piccole parti e cuoceteli con i ferri da canestrelli sulla fiamma, esponendo entrambi i lati.
Il prodotto finito secondo il disciplinare dovrà avere uno spessore di circa 1 cm e un diametro variabile da 6 a 9 cm, ma questo dipende anche dallo strumento che avete a disposizione per la cottura.
Per il gusto quello che fa la differenza non è tanto la forma (che nel mio caso, come si vede dalle immagini, è a cuore) quanto lo spessore e i tempi di cottura: spessori minori e cotture più lunghe conferiranno al biscotto una consistenza più dura e croccante.
Dopo i primi tentativi potete sbizzarrirvi in base ai vostri gusti, aggiungendo ingredienti particolari: tenete però presente che se l’impasto risulterà troppo liquido o particolarmente appiccicoso sarà difficile da cuocere.
Se volete acquistare i ferri per la cottura potete rivolgervi ai negozi di casalinghi/ferramenta della zona: alcuni hanno in vendita i classici ferri in ghisa, ancora oggi prodotti da alcuni fabbri, in particolare del pinerolese, altri in alternativa offrono delle più economiche pinze in alluminio, sia in versione da fiamma che elettriche.
Per maggiori informazioni potete contattare l’Associazione Linea d’Ombra (lineadombravaie@gmail.com), che a Vaie custodisce le tradizioni del canestrello ed ogni anno organizza, in occasione della festa, una lezione aperta a tutti sulla preparazione di questo biscotto.