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I boschi piemontesi paiono tornare graditi all'orso bruno: già nel 2019 erano state segnalate alcune impronte nella neve tra la Bocchetta di Vald e il Moncucco, tra la Valle Loana e la Val Grande, e nel 2020, dopo la denuncia di un agricoltore che aveva trovato le sue arnie distrutte, un esemplare venne immortalato a Villadossola da alcune fototrappole posizionate dalla polizia provinciale. Gli indizi portavano tutti ad una predazione da parte dell'animale ed i sospetti furono confermati dalle immagini.
L'orso si è poi stabilito nella zona del Parco Nazionale Val Grande, tra Verbano ed Ossola. Da qualche tempo è monitorato dall'Ente Parco che lo ha battezzato M29: ha oltre dieci anni di età ed è arrivato in Italia passando dalla Svizzera, dopo essere andato in dispersione dal Trentino.
Orso sorpreso dalla fototrappola in Val d'Ossola.
L'animale - spiega il presidente del parco Luigi Spadone - non ha mai dimostrato comportamenti "problematici" e, in tutti questi anni, gli avvistamenti sono stati pochi, a testimonianza del suo carattere schivo".
Da Spadone, poi, l'invito agli escursionisti affinché continuino a frequentare il parco senza timore, evitando però di andare a caccia delle impronte dell'animale. "Evitiamo questo tipo di turismo, che non ha senso e non c'entra nulla con il rispetto della natura", le sue parole al quotidiano La Prealpina 1.
Un orso che arriva dal Trentino
L'orso, mammifero onnivoro che apprezza particolarmente la frutta (mele, pere e frutti di bosco) oltre che bulbi, radici, piante, funghi e naturalmente il miele, è un predatore che prima di andare in letargo si nutre con voracità.
Tra il 1999 ed il 2002 dieci esemplari, quattro maschi e sei femmine, furono prelevati dalle foreste slovene per essere reintrodotti in Trentino, dove oggi gli orsi presenti sul territorio sono almeno 70.
A darci qualche informazione sul monitoraggio di questo animale è l’ultimo rapporto disponibile sui Grandi Carnivori, datato 2021, che parla di un numero minimo certo di 69 giovani adulti, cuccioli esclusi.
Dalla quota minima certa si passa poi alle stime, basate sulla cattura di peli mediante filo spinato, su “esche olfattive” o sul controllo dei “grattatoi”, in primis tronchi d’albero, utilizzati dagli orsi per grattarsi la schiena. Altro metodo è quello di seguire le tracce, comprese quelle lasciate da eventuali danni causati dagli stessi animali.
Secondo il "Report Grandi Carnivori 2021" l'area frequentata dall'orso è di 30.550 km.
Secondo le stime il numero minimo certo di 69 orsi passerebbe così a un range dai 73 ai 92 esemplari, “senza considerare i cuccioli dell’anno, stimati in 12-14, per un totale che si aggira quindi attorno ai 100 esemplari”.
E, come dimostra M29, l’orso “piemontese”, la distribuzione degli animali negli ultimi anni non riguarda più soltanto il Trentino. Tra le segnalazioni individuate sono coinvolte infatti le zone del Tirolo a nord, del Piemonte a ovest, e del Friuli Venezia Giulia, nelle prealpi Carniche, a est.
Nel periodo 2005-2021, spiega ancora il report, è stato possibile poi documentare la “dispersione” di 51 orsi. 15 di questi (29%) sono morti o scomparsi, 6 (12%) hanno avuto un comportamento di dispersione negli ultimi anni e non si hanno informazioni recenti, 14 (27%) sono rientrati, 2 (4%) sono emigrati, 1 (2%) è in cattività; infine 13 (26%) sono ancora in dispersione 2.
"Report Grandi Carnivori 2021", l'esito della dispersione.
L'orso è molto difficile da incontrare perché teme l'uomo, ma può rappresentare un vero e proprio rischio qualora lo si incontri con i cuccioli, per l'istinto difensivo che contraddistingue ogni madre.
In tal caso, meglio evitare di farsi prendere dal panico ed indietreggiare lentamente, senza voltargli le spalle. Normalmente, così come il lupo, l'orso viaggia per la sua strada e resta a debita distanza dagli umani.
I toponimi del territorio
Più semplice invece incontrarlo nei numerosi toponimi diffusi sul territorio valsusino e valsangonese che individuano cime, edifici e fontane.
Pian dell'Orso (Andrea Bassignana).
Ad esempio citiamo il monte Orsiera, vetta principale del gruppo Orsiera-Rocciavrè, ma anche il grosso masso "Ròc dl'Ursi", ricco di incisioni rupestri, che si trova sotto il picco Tana dell'Orso nel vallone della Balma, in val Sangone.
Sul territorio di Villarfocchiardo, a quota 1900 metri, è meta di escursioni il Pian dell'Orso, mentre a monte dei laghi noti come Paradiso delle rane ci si può abbeverare alla Fontana dell'Orso. Per concludere, sulla sterrata che dal Frais sale al Gran Serin, poco a valle del Monte Serra dell'Orso si trova l'edificio noto come Casa Orsiera.
Sino a metà '800 circa le presenza dell'orso era documentata anche nel vallone di Vallorsera, una valle che parte ai circa 1900 metri di quota del colle di Colombardo, tra i comuni di Condove in val di Susa e Lemie in Val di Viù, e arriva sino ai 900 metri di Lemie. Su diversi testi storici è menzionata la presenza dell'orso con tanto di ripartizione dell'animale cacciato ai vari feudatari 3.
Nei Rendiconti della castellania di Caprie (1385) si parla "della quarta parte di un orso ucciso al Magnoletto nel territorio di Condove", di cui però "non tiene conto alcuno perché quella quarta parte fu portata al suo signore a San Mauro", alla Rivera di Almese ("De uno quarterio ursi capti in Mallioley finis Condoviarum nihil computat quia dictum quarterium fuit portatum domino ad Sanctum Maurum").
All'orso si ispirano anche molte leggende e tradizioni. Nel primo fine settimana di febbraio, in frazione Urbiano di Mompantero, si celebra la festa tradizionale nota come "ballo dell'Orso" o "Fora l'Ours", miscela di leggenda, culto religioso e folklore.
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Tutto trae spunto dalla narrazione leggendaria di un barbaro, rozzo e ricoperto di peli, che una volta giunto alle pendici del Rocciamelone, dopo aver terrorizzato la popolazione, venne catturato. Poichè non parlava la lingua locale, per farlo integrare nella comunità venne ammansito con vino rosso e poi invitato a ballare con la più bella ragazza del paese.
Oltre che a Urbiano, l'orso fa la sua comparsa anche nei proverbi. Un noto detto piemontese recita infatti che il 1 febbraio, “se l’orso fa seccare la sua paglia, non esce più per 40 giorni”.
In parole povere significa che, se il giorno di festa il tempo è bello, l'inverno proseguirà per altri 40 giorni. Viceversa, se quel giorno il tempo sarà brutto, la paglia non potrà seccare e quindi la primavera farà presto capolino. Favorendo, proprio come accade all'orso, il risveglio dal lungo letargo invernale.
1 ANSA, Orso M29 in Val Grande, "mai avuti segnali problematici"
2 Open online, Non solo Trentino, la migrazione degli orsi fino in Piemonte e Friuli nell’ultimo report della provincia sui Grandi carnivori, 2023.
3 Ad esempio "Valli di Lanzo", di Giovanni e Pasquale Milone, Viglongo.