Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
"Fomne, a j'è rivaj 'l mulita!". Ovvero "Donne, è arrivato l'arrotino!". Alle nuove generazioni questo richiamo non evoca nessun ricordo particolare, tutt'al più può far pensare alla parodia comica di un noto personaggio di Zelig.
Ma chi è da tempo entrato negli "anta" individuerà immediatamente, dietro l'appello, la figura di colui che si occupava di affilare le lame. Coltelli, forbici, falci, mezzelune, tutto ciò che passava sotto la mola dell'arrotino tornava presto come nuovo.
In sella alla bici o trainando un carretto
L'arrotino si muoveva di paese in paese con il suo carretto ambulante, sostando in piazze o slarghi, richiamando con il suo grido e con il passaparola quanti avessero bisogno dei suoi servizi.
Spesso annunciato dall'abbaiare dei cani e seguito da un codazzo di bambini festosi, per i quali ogni movimento rappresentava una novità, l'arrotino non aveva un giorno fisso. Si spostava con il buono ed il cattivo tempo, muovendosi anche su lunghe distanze.
La concorrenza era piuttosto alta, e bisognava garantire un buon servizio mantenendo un prezzo accettabile, per non correre il rischio che qualche collega, non esistendo monopolio delle varie zone, gli rubasse i clienti.
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Le sue mani nodose non avevano segreti: la mola silicea girava e l'arrotino muoveva abilmente la lama da ambo i lati, per riportarla alla funzione originaria. Talvolta si occupava anche di riparare cucine a gas, evitando pericolose dispersioni, o di sistemare intelaiature e meccanismi di apertura degli ombrelli.
Insomma, per le massaie del tempo l'arrotino era una figura di riferimento, in grado di trovare la soluzione ad ogni problema domestico. Così come lo stagnino, che interveniva sulle pentole in rame mettendole praticamente a nuovo, o il rimpagliatore, che restituiva giovinezza alla seduta delle "cadreghe", l'arrotino, pigiando con il piede sul pedale, era la figura tanto attesa da chi, nel tempo in cui tutto si riutilizzava e poco o niente si buttava, aveva necessità di affilare vecchie lame per renderle nuovamente taglienti.
La mola, azionata da una ruota
La mola impiegata dall'arrotino veniva fissata alla ruota del carretto o della bici che fungeva da alimentatore tramite una cinghia di trasmissione. Con il pedale, agganciato alla ruota con vari snodi, l'uomo imprimeva la forza necessaria per azionare la mola con cui, mediante l'ausilio di gocce d'acqua impiegate come lubrificante, si provvedeva ad affilare la lama.
L'arrotino in una incisione dell'800.
Con il passare degli anni il carretto e la bici vennero sostituiti da veicoli a motore: la mola veniva collegata all'albero di trasmissione e quello che era originariamente un lavoro prettamente artigianale veniva in parte snaturato dall'impiego di un motore.
Oggi il richiamo dell'arrotino è pressochè scomparso, anche se il mestiere sopravvive come supporto di alto livello al servizio di aziende che usano lame e coltelli a livello professionale: macellerie, ristoranti, centri estetici, aziende agricole...
Talvolta lo si sente nelle vie cittadine, proveniente da auto brandizzate sulle quali siedono eredi di un mestiere che fu. Il richiamo resta nei ricordi di chi ha avuto modo di udirlo dal vivo, mentre la figura di questo prezioso artigiano rimane un elemento caratteristico dei presepi che riproducono l'operosità dei borghi di un tempo.