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La domus fortis di Chianocco si presenta come un castello romanico di forma quadrata, per metà occupato dalla corte murata, difesa da una torre d’ingresso, e per l’altra metà dalla residenza vera e propria, coronata di merli e con il consueto apparato di bifore, porte e, all’interno, camini monumentali: quello della sala sud a pianterreno presenta sulla cappa lo stemma dei Bertrandi, un leone nero rampante su fondo d’oro.
Fra i castelli della Valle di Susa è uno dei meglio conservati: fedele all’impianto architettonico originario è un esempio di architettura civile fortificata assai raro e soprattutto unico in area piemontese-valdostana.
Il buono stato di conservazione è dovuto ai lavori eseguiti dall’attuale proprietà privata. La casaforte è visitabile alcuni giorni all’anno durante manifestazioni e rievocazioni storiche concordate dal Comune con i proprietari.
La storia
Canusco, l’attuale Chianocco, è tra i beni che, nel 1029, Olderico Manfredi degli Arduinici dona all’abbazia di San Giusto. Qui nel periodo medievale i documenti registrano almeno tre diverse fortificazioni. Oltre alla casaforte di cui stiamo parlando ne vengono citate una superiore, ossia il castello, e un’altra appartenente ad Anselmo Provinciale. Nelle vicinanze vengono costruite le caseforti di Mattie, Meana, Villar Focchiardo e San Didero.
Tutto ha inizio verso il 1046 con il matrimonio di Adelaide con Oddone di Savoia, nozze volute fortemente dall’Imperatore Enrico III per porre il valico del Moncenisio e il territorio per accedervi sotto il controllo di famiglie a lui fedelissime.
Nel secolo XII, periodo di non poche tensioni per il nostro territorio, la parte superiore della Valle e il passo del Monginevro sono controllati dai conti d’Albon, i Delfini, mentre i Moriana-Savoia sono ben saldi al Moncenisio e nella parte centrale della Valle, fino a Sant’Ambrogio. Allo sbocco sulla pianura è invece forte il controllo patrimoniale e politico del vescovo di Torino.
Con il 1200 le attestazioni di castelli e di fortificazioni si fanno più frequenti e circostanziate: molte famiglie a cui i Savoia assegnano feudi emigrano dalla Francia nelle nostre terre e la casaforte diviene il simbolo di questo loro potere.
I Bertrandi, signori di Bruzolo, San Giorio, Chianocco e Villar Focchiardo, ne sono un buon esempio: per quasi tre secoli, fino a metà del XIV, sotto il motto “Sapient et confident – Simpliciter et confidenter”, affiancheranno i Savoia traendone prestigio e ricchezze: deterranno il controllo di un’area strategica in media Valle, direttamente sulla strada di Francia, che pur non costituendo un amplissimo patrimonio fondiario, fornirà loro importanti risorse economiche grazie alla riscossione dei pedaggi e dei redditi feudali.
Giungono da La Pèrouse, presso Montmèlian, ed al loro subentrare nella proprietà la restaurano nello stile architettonico delle loro terre d’origine. Tutto è realizzato con cura e con dettagli decorativi sconosciuti ad altri edifici medievali della valle di Susa. Il complesso è un semplice mastio, con pianta quadrata di 19 metri di lato, merlato e allungato in direzione nord-sud: la metà ovest è occupata dalla casa torre con funzione residenziale e quella est dalla corte cinta da mura e da una torre di avvistamento.
La parte abitativa, come d’uso negli edifici signorili medioevali, è su tre livelli. Nel secolo XVIII è menzionata nella cartografia sabauda come Torre di Ciauvè.
Nel 1294 la seconda generazione dei Bertrandi possiede ancora il feudo di Chianocco: la casaforte ha funzione residenziale e di prima difesa, non di protezione del territorio circostante e nemmeno di accoglienza della popolazione in caso di pericolo. Il sito rappresenta invece il potere della famiglia sulle brayde, le terre circostanti, e il dominio sulla popolazione.
Tutti i rappresentanti dei Bertrandi, nei documenti, sono citati come “di Chianocco” e non “di Bruzolo” apparentemente il primo castello ad essere loro infeudato, o di “san Giorio”, fonte della loro primaria ricchezza: il cuore del loro potere territoriale verosimilmente è proprio Chianocco. L’ultima attestazione della famiglia in paese è del 1473, protagonista Diderio Bertrandi, già identificato con il toponimico “de Secuxia”.
I possedimenti della casaforte si estendono fino a Bussoleno. La posizione geografica è decentrata dalla strada principale ma è collegata a percorsi secondari che uniscono Bussoleno, Chianocco e San Didero, di cui vi è ancora oggi traccia nelle strade di mezza costa che sopravvivono.
Fu costruita in pietra di Chianocco
Per quanto concerne i materiali impiegati e la loro posa in opera, la casaforte si distingue dagli altri edifici simili della Valle: per la costruzione vengono impiegati la “pietra blu” e il “marmo bianco”, entrambi di Chianocco o comunque del circondario.
La prima è dura, resistente all’usura ma tenera da spaccarsi e cavarsi. È poco pregiata: agevolmente reperibile nei molti depositi alluvionali del rio Prebec. La seconda è facilmente lavorabile e resistente alla compressione: se ne ottengono così sconci quadrati per spigoli ed elementi architettonici, come gli archi.
Il colore chiaro stacca nettamente dal paramento murario: queste inserzioni non sono una caratteristica della Valle di Susa, ma sono tipiche proprio della zona di Montmélian. Non è difficile reperire manodopera esperta per l’erezione dei muri: in quest’area le case dei contadini e i ripari dei pastori sono costruiti in pietra. La sbozzatura dei conci, in pietra bianca, al contrario richiede scalpellini esperti che, non si può escludere, provenire da Oltralpe.
A partire dal 1605, le ripetute alluvioni ed i conseguenti straripamenti del vicino torrente Prèbec ostruiscono l’accesso da levante e il crollo di alcune parti del lato nord-ovest. Si apre così un ingresso a sud e si introducono modifiche al fabbricato principale: i solai lignei sono sostituiti da volte leggere e si ricava un piano intermedio, con nuove aperture per la luce. L’assetto delle facciate è così modificato: la struttura è recuperata per fini abitativi.
Ad ovest gli si addossa anche un edificio coperto da un tetto a unico spiovente, di minore altezza e di aspetto modesto. Una scala in pietra conduce al primo livello dove, inserito nella muratura, appare un piccolo rosone in pietra: un fiore a cinque petali racchiuso in un cerchio che oggi dà luogo ad una finestrella tonda.
La consuetudine popolare vuole appartenga alla vicina chiesa romanica di San Pietro e Paolo, anch’essa in gran parte distrutta dalle alluvioni, che in effetti conserva ancora nelle parti superstiti analoghe finestrelle. Alfine gli è attribuita una destinazione agricola: è a questo punto che la torre diventa piccionaia.
Tra Ottocento e Novecento è oggetto di attenzione da parte degli studiosi: l’architetto Alfredo D’Andrade, responsabile della tutela del patrimonio artistico di Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria, nel 1887, ne studia l’evoluzione costruttiva. I suoi nove disegni del 1893, ricchi di annotazioni, conservati al Museo Civico di Torino, ne sono una efficace testimonianza.
Curiosi gli appunti per quanto riguarda il lato ovest: “…da questo lato pare non ci siano state altre finestre, forse questo pel motivo di evitare l’introduzione dei venti che da questo soffiano freddissimi. Io ne ho provato l’intensità quest’oggi.”
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Nel 1982 iniziano, da parte della proprietà, i lavori di restauro secondo le linee interpretative a suo tempo tracciate proprio dal D’Andrade: sulla facciata che dà sulla corte è così costruita una lobbia in legno di cui l’architetto, nei suoi schizzi, ha ipotizzato l’esistenza.
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La Casaforte di Chianocco (di Franca Nemo)
Le fotografie che corredano il testo sono di Claudio Rosa, Fulvio Giorgi e Mario Cavargna (queste ultime sono tratte da “La Casaforte romanica di Chianocco”, Mario Cavargna Bontosi, Graffio 2009).