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Nata nel 1434, quartogenita del Sovrano di Francia Carlo VII di Valois e di Maria d'Angiò, Jolanda il 16 aprile 1436 è promessa al futuro Duca Amedeo IX di Savoia, che ha appena un anno. L'unione, voluta e preparata da Amedeo VIII, nonno del futuro sposo, è stabilita il 16 agosto e ratificata il 26: la bambina è subito condotta negli Stati sabaudi ed educata alla corte della sua nuova famiglia.
Il matrimonio è celebrato a Chambéry nel 1452 e da allora, soprattutto dal 1461, con l'avvento al trono di Francia del fratello Luigi, Iolanda si trova al centro di un'intensa attività diplomatica e militare che gravita intorno al Ducato.
Amedeo è epilettico e alla morte del Duca Ludovico, il 29 gennaio 1465, le sue condizioni morali e psichiche proiettano Iolanda alla guida del governo: nei documenti è da subito citata quale parte attiva nelle decisioni.
Donna vitale ed energia sa amministrare il potere con rara intelligenza: nell'assemblea degli Stati di Savoia, riuniti a Losanna nel maggio-giugno 1469, secondo il volere del consorte ottiene il riconoscimento esclusivo della reggenza dello Stato, scatenando le ire dei cognati che rivendicano il loro diritto nel partecipare all’esercizio del potere.
Iolanda Valois
Amedeo IX
Filiberto I
Il 30 marzo 1472, alla morte di Amedeo IX, il primogenito della coppia, Filiberto, ha 7 anni: Iolanda si fa ancora conferire la reggenza dagli Stati convocati a Vercelli dove è deceduto il marito e, il 21 aprile, giura nelle mani del Vescovo, rappresentante imperiale.
L'attraversamento del Moncenisio
Sul finire del 1475 Iolanda è al castello di Rivoli, in procinto di trasferirsi a Ginevra. I conti della Tesoreria Generale dei Savoia, conservati presso l’Archivio di Stato di Torino, permettono di ricostruirne preparativi e viaggio.
Nei giorni precedenti i messi sono stati spediti nelle Valli di Lanzo, di Susa e di Pinerolo: hanno a requisito 200 bestie da soma per il trasporto del bagaglio e della Corte. Rivoli è in fermento: gli alberghi sono pieni di mulattieri, portatori e uomini in arme.
Ai primi di gennaio del 1476 inizia a muoversi il bagaglio: se ne vanno anche le tende e il mobilio della camera della Duchessa. Un sergente a Sant'Ambrogio è delegato a controllarne il passaggio.
Ora è tempo di pensare al corredo di Iolanda e della sua corte: la stagione rigida, si è nel cuore dell'inverno, l’età dei principini, l'ultimo ancora affidato a una nutrice, la presenza di 23 dame con una cameriera ognuna, impongono accurati preparativi per difendersi dai gelidi venti del Moncenisio e dal freddo della Vanoise.
Per riparare il capo si confezionano grandi cappucci in panno nero di Rohan, foderati di velluto in tinta, che scendono fin sulle spalle: a doppio pelo dal collo in su e di pelliccia sotto. Con lo stesso tessuto si cuciono i pettorali, sempre foderati di pelliccia. Il sarto prepara poi abiti “de fin drap gris daubeuille” per la Duchessa e le Principesse e “iaquetes de bon drap pur passar les montaignes” per i Principini: corpetti e maniche sono rivestiti di penne bianche.
I mantelli sono in drappo di Borgogna e per Iolanda se ne imbastiscono due. Uno bianco, impreziosito da 24 fibbie d'argento dorato, e l'altro nero e amplissimo: lo userà in caso di gran freddo. Le calzature sono foderate della stessa stoffa e gli spessi guanti in lana sono lavorati ai ferri, “fais a la gueulhe”.
La donna è minuta e piccolina: pesa a malapena 44 chili se si deve dar credito alla donazione di cera equivalente al suo peso, 136 libbre, fatta nel 1469 in favore di un santuario.
Il 12 febbraio la Corte si mette in viaggio. Accompagna la duchessa lo scudiere Ugonino di Montfalcon.
Iolanda, con le figlie Maria e Ludovica-Luisa, sono portate in lettiga, l’undicenne Filiberto, i suoi fratelli Carlo e Giacomo-Luigi, le Dame e il resto del seguito salgono sui carri, “charios branlans”, o montano a cavallo.
Seguono 34 muli carichi di tutto, dall’argenteria e dagli arredi sacri agli utensili per la panetteria e la cucina:
“viures vayselles d’argent joyauix tante de madame de monseigneur de mes mademoyselles et des dames de la maison, reliques de la chapelle, toutes choses dangereuses, et aussi choses necessaires pour officiers de panaterie cousine et boteillerie fait marche aucques eulx”.
Ad ogni paese attraversato si aggiunge una scorta di uomini che accompagna il corteo fino al borgo successivo. Il corteo, nei luoghi destinati al pernottamento, è preceduto da due camerieri ducali con l'incarico di predisporre ogni cosa al meglio per l’arrivo dei Signori.
Il primo giorno alloggiano ad Avigliana e il secondo a Susa. Qui trovano i muli giunti da Termignon: trasporteranno chi ha viaggiato sui carri.
Per il Duca e i suoi fratelli il Maestro dei Lavori del castello di Rivoli, Giovanni Menier, aiutato da falegnami locali, nei 10 giorni precedenti ha costruito tre comode ed eleganti lettighe. Gli interni imbottiti sono foderati con panni della “fabbrica di Pinerolo”.
Si riparte il 14: lo stato della strada fino a Novalesa permette a Iolanda, alle figlie e ai figli di procedere accomodati proprio in lettiga. La Duchessa e il Duca sono affiancati ognuno da 16 uomini, da 8 ognuna delle Principesse e dei Principini. A questi ultimi per passare il tempo è fornito un mazzo di carte.
Dame, cameriere e seguito sono issati su cavalcature tenute al freno dai mulattieri.
A Novalesa attendono 87 marrons: i portatori del Moncenisio. Iolanda e le figlie salgono sui mansueti e robusti muli di Lanslebourg. Come i portatori della Novalesa sono ritenuti i migliori, così è per i muli di quel paese:“Marrons de la Novalaise, mulets de Lanslebourg”.
Novalesa, Casa degli Affreschi (Foto Franca Nemo)
Il lungo corteo si inerpica lungo la ripida e stretta strada che, “costeggiando il profondo burrone della Cenischia”, porta alla Ferrera: ai fianchi i marrons pronti al soccorso.
La marcia, non funestata da incidenti, è molto lenta. Le lettighe del Menier però sono troppo voluminose per quei sentieri, ed i marrons si rifiutano di valicare il Moncenisio con esse.
Alla Ferrera la Corte alloggia in parte negli alberghi del Montone e della Croce Bianca e in parte è ospitata dagli abitanti.
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Giovanni Menier, aiutato da due garzoni, improvvisa tre cassoni, “troys caysses”. L'oste del Montone è spedito a Susa a cavallo: mancano ferramenta e chiodi. Il Maestro intanto mette sottosopra l’albergo staccando dalle pareti le lunghe “pertiche” a cui si appendono tovaglie, lenzuola e i mantelli dei pellegrini e raccogliendo corde. Al mattino seguente tutto è pronto: si riparte.
I tre maschietti di Casa Savoia sono sistemati nei cassoni: ognuno sorretto da 4 marrons e scortato da altrettanti per il ricambio.
Affreschi e stampe d'epoca che rappresentano i "Marrons" del Moncenisio.
Le cavalcature, su cui monta la Corte, sono condotte dai mulattieri. Quattro marrons affiancano la Duchessa, 2 ognuna delle Principesse ed uno ogni dama. Altri 14 sono destinati a soccorrere i muli in pericolo.
Non sostano probabilmente all'Ospizio del colle: nel conto non si accenna a spese o elemosine.
Alla sommità del valico trovano le slitte “pour ramasier”. Da Lanslebourg sono state trascinate su da buoi: lo scudiere paga i bifolchi che li hanno condotti.
La discesa porta il gruppo nei pressi di Termignon dove pernottano. Il 21 la Corte è a Chambery e il giorno seguente i portatori, i mulattieri e i marrons di Lanslebour, Ferrera e Novalesa sono licenziati: con le loro cavalcature fanno ritorno a casa.
Iolanda deve destreggiarsi nella lotta fra il fratello, che vuole fare della Savoia un protettorato francese, e il Duca di Borgogna, Carlo “il Temerario” che, meditandone la conquista, la fa prigioniera il 27 giugno 1476. La rinchiude a Rouvres, da cui ad ottobre riesce a scappare: si rifugia proprio da Luigi XI e riottiene i pieni poteri sulle sue terre.
Minata nel fisico a causa della gotta e dei disturbi alle vie biliari, Iolanda si spegnerà il 29 agosto 1478 nel castello di Moncrivello: le sue spoglie sono inumate nella chiesa di Sant’Eusebio, ai piedi di quelle del marito.