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Il 13 marzo a Novalesa si celebra la Festa di Sant’Eldrado, anticipata come da consuetudine dalla novena che nel 2022 si terrà nella chiesa parrocchiale.
Il momento clou è la processione con l’urna, che da alcuni anni non si organizza a causa delle restrizioni imposte dalla emergenza sanitaria. È sicuramente la più sentita delle ricorrenze per la popolazione della Val Cenischia e delle vicine valli, una festa che da secoli si tramanda e si celebra senza soluzione di continuità tra fede e tradizioni.
Chi era Eldrado? Eldrado, santo, era provenzale di origine e di famiglia nobile. Fu abate della Abbazia dei S.S. Pietro e Andrea di Novalesa in Val Cenischia, nella prima metà del sec. IX, l’apogeo novaliciense.
La ricostruzione della biografia di Eldrado è, come è stato ben puntualizzato a fine Ottocento da Carlo Cipolla, tra i massimi studiosi di tutti i tempi della Novalesa, piuttosto problematica.
Eldrado nacque nella antica Provincia Narbonensis, in una località bagnata dal “Dederadus flumen”, l’odierna Durance, importante affluente di sinistra del Rodano. Di questa località ignoriamo l’esatta ubicazione.
Le fonti non riferiscono la data di nascita di Eldrado né forniscono, per gli anni che precedettero il suo arrivo alla Novalesa, notizie più precise che non siano generiche attribuzioni di virtù che, secondo un canone agiografico stereotipo, si possono riassumere in austerità, pazienza, saggezza, nobiltà d’animo e d’intenti, magnanimità verso i poveri ai quali, dopo essersi fatto egli stesso povero, distribuì gran parte delle cospicue ricchezze avute in eredità.
Ci informano anche che mostrò sollecita attenzione verso i pellegrini per i quali fece costruire "alcune abitazioni" e "giardini molto belli" nel suo paese d’origine, dove fece pure innalzare una chiesa dedicata a s. Pietro, e narrano di un suo peregrinare attraverso la Gallia, la Provenza, l’Aquitania e la Spagna alla ricerca di una regola monacale che trovò infine, al di qua delle Alpi, nell’abbazia della Novalesa.
Gli affreschi della Cappella di Sant'Eldrado.
Vi restò come semplice monaco per sette anni e, dopo la morte dell’abate Ugo, figlio forse di Carlo Magno, divenne egli stesso abate, conservando tale carica fino alla morte.
In qualità di abate di un cenobio che si caratterizzava per rilevanza politica e culturale, ebbe rapporti con i sovrani franchi, riuscendo a mantenere, grazie forse alla nobiltà dei natali, una posizione di forza nei confronti del potere temporale: fu in virtù di essa che ottenne che Lotario, con diploma del 14 febbraio 825, concedesse all’abbazia della Novalesa il monastero di Pagno, nell’odierno Saluzzese, come ricompensa dei beni che le erano stati sottratti da Ludovico il Pio in occasione della fondazione dell’ospizio di S. Maria sul Moncenisio.
Eldrado morì il 13 marzo, verosimilmente del 840. A diffondere la fama di santità e il culto di Eldrado contribuirono certamente i numerosi miracoli a lui attribuiti in vita e post mortem. Tra i primi merita di essere ricordato il cosiddetto “miracolo dei serpenti”, grazie al quale l’abate aveva liberato dalla minaccia dei serpenti, che infestavano la valle di Briançon, il villaggio identificato con l’attuale Monêtier-les-Bains.
Cappella di Sant'Eldrado, abside esterno.
Tra i secondi, il cosidetto “miracolo del naufragio”, con il quale Eldrado aveva scampato da morte sicura un gruppo di crociati che, travolti da un fortunale mentre erano per mare, di ritorno dalla Terra Santa avevano invocato la sua intercessione, dopo aver invano implorato quella di s. Nicola da Bari. Questo ultimo episodio è stato interpretato dalla critica come segno di “rivalità” tra Eldrado e s. Nicola, una reliquia del quale era passata, con probabilità, in quegli anni, dalla Novalesa, e anche come segno di superiorità, come taumaturgo, del primo rispetto al secondo.
Della “posizione” di Eldrado tra gli abati del cenobio novalicense e dell’alta considerazione nel quale era tenuto, fa fede, tra l’altro, la dedicazione al suo nome di una cappella, entro il recinto dell’abbazia, riferibile, per la parte più antica, alla fine del sec. IX o all’inizio del successivo, e, per la parte più recente, all’inizio del sec. XI.
In essa un ciclo di affreschi della seconda metà del sec. XI (era allora abate Aldraldo di Breme), mal restaurati nel 1828, illustra scene della vita del santo: Eldrado nel “locus Ambillis” mentre coltiva le terre di famiglia; Eldrado in veste di pellegrino con bastone e bisaccia, accolto da un sacerdos; Eldrado che giunge al monastero della Novalesa; Eldrado che si china per indossare l’abito monacale offertogli dall’abate Amblulfo; Eldrado che compie il miracolo dei serpenti; Eldrado che muore attorniato da due fratres contristati.
La fama di Eldrado è legata, oltre che alla sua santità ed ai poteri taumaturgici che gliene derivavano, anche alla attività culturale da lui promossa durante gli anni in cui resse l’abbazia novalicense.
Nulla ci è dato sapere con sufficiente certezza sulla probabile attività letteraria di Eldrado: un generico riferimento ad essa si trova nell’espressione del Chronicon Novaliciense “in libris compositis”, che potrebbe però riferirsi ad un semplice incremento del patrimonio librario dell’abbazia, la cui notevole consistenza è evidenziata nell’iperbolico numero di 6666 libri che i monaci avrebbero portato con sé quando ripararono a Torino per sfuggire alle incursioni saracene.
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Comunque, al di là della paternità di opere letterarie, va sottolineato lo zelo di cui Eldrado ha dato costantemente prova nella difesa dell’ortodossia: proprio grazie a questa vigile opera pastorale gli furono attribuiti non solo i simboli propri degli abati, ma anche il bastone episcopale e le altre insegne proprie dei vescovi come risulta dal Chronicon.
Anche dopo la morte si volle testimoniare la grandezza di Eldrado, riponendone il corpo “infra techam dignissimam”, identificata dal Rochex con la “cassa di s. Eldrado” in argento sbalzato, a forma di sarcofago, conservata ancora oggi nella chiesa parrocchiale di Novalesa.
L'urna di Sant'Eldrado in processione.
Il culto di Eldrado è sopravvissuto nei secoli pur mantenendo un carattere strettamente locale, cosi come risulta dall’esame dei luoghi dove sono avvenuti i miracoli (Novalesa e villaggi circonvicini, zona del Moncenisio, valle di Bardonecchia, Torino, Asti, odierna Francia).
Ancora oggi alla Novalesa, nella cui chiesa parrocchiale il corpo del santo è stato trasportato nel sec. XVIII, viene celebrata il 13 marzo, o la domenica successiva, la festa di Eldrado con una solenne processione alla quale partecipano varie confraternite, gran parte della popolazione di Novalesa, di Venaus, della Val Cenischia e fedeli venuti dalla Moriana, dal Delfinato e dalla Savoia in un momento di simbolico raccordo tra gli abitanti delle terre al di qua e al di là delle Alpi, a ricordo del ruolo, in questo senso svolto dall’abbazia della Novalesa, nei momenti di maggiore splendore.
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Eldrado, l’abate dell’apogeo novaliciense (Claudio Bollentini)