Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Nel 1586 il Duca Carlo Emanuele I, detto il Grande ma anche “Testa di Fuoco” per le manifeste attitudini militari, e della sua consorte Caterina Michela d’Asburgo, secondogenita di Filippo II di Spagna ed Elisabetta di Valois, compiono il primo soggiorno estivo a Giaveno. Da allora il Castello, oggi divenuto un grande condominio residenziale, diviene meta delle villeggiature fuori porta della coppia.
La sposa è di piccola statura, esangue e malaticcia. A lei il Duca fa dono, come pegno d’amore, della tenuta Spinetta, appena acquistata nella pianura torinese, sulla sponda del Sangone, e in onore alle sue origini ne muta il nome in Miraflores, Mirafiori.
Così scrive Carlo Emanuele a Caterina “L’ho chiamata Miraflores perché Voi, mia cara sposa, vi possiate sentire come a casa vostra”. Caterina, orfana di madre ad appena dodici mesi, ha infatti trascorso l’infanzia nella Certosa di Santa Maria di Miraflores nei pressi di Burgos.
L'attuale condominio ex castello (foto di Claudio Rosa)
Carlo Emanuele I
Caterina Michela D'Asburgo
Il desiderio di allontanarsi di tanto in tanto dalla calura torinese e dalle nebbie che spesso avvolgono Mirafiori è però molto forte, e il capoluogo della Val Sangone è l’ideale. L’edificio è anche una tappa obbligata per raggiungere l’Abbazia di San Michele della Chiusa: dalla borgata Sala parte l’impervio sentiero che vi sale attraverso la valletta della Mortera.
L'ultimo tratto, dalla borgata Mortera di Avigliana, oggi ha il nome di Strada dei Principi: nella notte del 25 ottobre 1836, per volere di Carlo Alberto, la percorrono le salme di 27 nobili di casa Savoia, fino ad allora inumate nel Duomo. Sono scortate da un corteo funebre proveniente da Giaveno e saranno tumulate nei sotterranei di San Michele.
LEGGI ANCHE: Il Sentiero dei Principi, da cui furono trasportate alla Sacra le salme dei Savoia
Il sentiero è sempre tenuto in buono stato: dame e uomini della Corte Sabauda lo risalgono senza eccessiva fatica a bordo delle sedie sorrette dalle robuste braccia dei marrons, i portatori del Moncenisio, fatti arrivare appositamente da Novalesa.
Il Cardinale di Milano, oggi Santo, Carlo Borromeo, nell'ottobre 1578 si reca a piedi a Torino per venerare la Sindone che Emanuele Filiberto Savoia ha fatto trasportare in gran segreto da Chambery, con l'intenzione di trattenerla: Torino è la nuova capitale del Ducato dal 1563. Il 16 ottobre è a Giaveno, e da qui parte per salire all'Abbazia, invitato dall'Abate Commendatario Guido Ferrero di Masserano. Il pellegrinaggio del Santo rilancia l'interesse di principi e principesse sabaude per il monastero, che proprio in quegli anni attraversa un difficile momento della sua vita millenaria.
Vittorio Amedeo I
La tradizione va avanti fino alla fine del 1700, ma è con la ristrutturazione del castello, voluta dal Principe-Cardinale Maurizio di Savoia, eletto Abate Commendatario di San Michele nel 1611, che l’attenzione della casata si concentra su Giaveno, che diviene la meta estiva preferita dalla Corte.
I lavori iniziano ad ottobre del 1620 e nel settembre del 1622, attirata dalla curiosità, arriva Madama Reale Cristina Maria di Borbone-Francia (nella foto sopra al titolo), presto raggiunta dal consorte, il futuro Duca Vittorio Amedeo I. Per accogliere degnamente la giovane cognata, Maurizio si affretta ad arredare alcune sale.
LEGGI ANCHE: Il Cardinal Maurizio di Savoia, il castello di Giaveno e il Mascherone
Il principe di Piemonte e Maria Cristina vi soggiornano anche l'estate successiva, dal 2 luglio al 26 agosto: il Cardinale è impegnato a Roma nel conclave che porta all’elezione di Urbano VIII, Maffeo Barberini.
Entrambi appagati dal luogo e dalla residenza, scrivono entusiasti a Ludovico San Martino Marchese di Agliè, aiutante di camera e consigliere di Maurizio: “qua stiamo con gran fresco in fare qualche cosa alla fabbrica che troverete quando venerete”.
La risposta del Cardinale, per mano del Marchese, non si fa attendere: egli si sente “indicibile contento che la stanza di Giaveno sia di gusto a Madama Serenissima e a vostra altezza et che disegnino d’abbellire quel loco, il quale dalla splendidezza di vostra altezza non avrà un giorno ad invidiare le delizie delle vigne di questa città”, Roma.
La permanenza dei principi è poi allietata da giochi, spettacoli e banchetti: un documento dell’archivio comunale risalente al 1628 riporta un’erogazione di denaro a beneficio di una giovane venuta a portare funghi, destinati a un banchetto organizzato da Madama Reale.
Nell'estate dello stesso anno, in occasione dell'arrivo delle sue sorelle Maria e Caterina, terziarie francescane, il Cardinale fa rappresentare un balletto sulla piazza di fronte al palazzo che da allora prende il nome di Piazza del Balletto.
I preparativi dello spettacolo sono laboriosi e soprattutto costosi: 1300 fiorini. Si pagano i calzolai che forniscono le scarpe, i sarti per la “fattura di 14 vestiti da maschera”, altri artigiani, i musicisti, nonché gli artisti impegnati nella rappresentazione.
Carlo Emanuele II
Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours
Nel settembre del 1656 soggiorna nel maniero Carlo Emanuele II: in occasione della sua venuta il comune organizza, nel giardino, un concerto con musici del paese e violoni giunti apposta da Torino con grande esborso di denaro.
L’anno successivo si spegne l’ormai ex cardinale Maurizio di Savoia, ma la sua morte non pone fine al periodo d’oro del Castello e del paese.
nel 1659 alloggia nell'edificio la seconda Madama Reale, Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, figlia primogenita di Carlo Amedeo di Savoia, duca del Genevese e di Nemours e di Elisabetta di Vendôme e moglie del Duca Carlo Emanuele II. Viene accolta con gioia dalla popolazione anche per la sua attitudine alla beneficenza: riceve in dono alcuni caprioli catturati nei boschi e varie ceste di funghi della Val Sangone.
La duchessa trascorre un soggiorno ricco di impegni: si reca in portantina ad assistere al “Gioco dell’Archibugio o Tavolazzo”, una sorta di tiro a segno a squadre, sale devotamente a San Michele, visita cappelle e chiese della valle.
Lascia ovunque generose offerte, anche all'eremita che vive presso la cappella della Madonna del Bussone in borgata Villa.
Madonna del Bussone (foto di Claudio Rosa).
Tra la fine del XVII secolo e l’inizio del XVIII si fermano al castello anche il duca Vittorio Amedeo II e suo cugino il Principe Eugenio di Savoia-Soissons, comandante dell'armata imperiale, ma non sono soggiorni di piacere: la guerra incalza e il Piemonte è messo a ferro e a fuoco dagli invasori.
Il Principe, per nomina di Papa Innocenzo XI, è Abate Commendatario di San Michele, oltre che dell'Abbazia di Santa Maria di Casanova nelle campagne di Carmagnola, dal 1688 al 1736: 48 anni.
Pur avendo i requisiti per ottenere la prebenda ecclesiastica e nonostante abbia ricevuto la tonsura e gli ordini minori, in quanto destinato dalla famiglia alla vita religiosa sin dai suoi 15 anni, non ha alcun diritto a esercitare funzioni spirituali, per cui ad affiancarlo sono nominati Priori per il governo religioso delle Abbazie e Vicari Generali per la tenuta contabile delle rispettive rendite economiche.
Eugenio di Savoia-Soissons
L'ultimo Savoia a pernottare nel maniero, il 23 luglio del 1787, è il Principe di Piemonte Carlo Emanuele, il futuro sovrano Carlo Emanuele IV, accompagnato dalla moglie Maria Clotilde di Francia: l’indomani si recano in preghiera a San Michele. Per commemorare l’avvenimento i giavenesi costruiscono un arco in prossimità della Chiesa di San Rocco che riporta la scritta, ormai sbiadita: “Adventui Felicissimo/Caroli Emanuelis Regis Vict. Amedeo Filii/Mariae Clotildis Borboniae Coniugis Eius/Pedemontium Principum/Ordo Populusque Iaveni”.
Nel corso del 1700 però al castello di Giaveno la Corte preferisce la Venaria Reale e Rivoli. L'edificio continua comunque a servire come base per salire all’Abbazia e per rifuggire dalla calura che nei mesi estivi soffoca Torino e dintorni.