Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
L'acqua è un bene prezioso: la consapevolezza dell'importanza di questo elemento affonda le sue radici in origini molto antiche. Senza andare troppo indietro nel tempo, tuttavia, è sufficiente percorrere la storia a ritroso di nemmeno un paio di secoli, per individuare una preziosa testimonianza di questo valore.
A Sangano si trova infatti una vera e propria cattedrale dell'acqua: l'acquedotto, realizzato nel 1860, fu costruito per far “affluire a Torino acque salubri, opportunamente incanalate con mezzi ed accorgimenti atti a preservarle da ogni possibile contaminazione”. L'acqua fornita dai pozzi torinesi, in special modo da quelli poco profondi, andava facendosi sempre meno buona per il forte inquinamento organico del sottosuolo dovuto alla grande espansione urbanistica della città.
Durante il primo trentennio del secolo XIX le acque di molti pozzi furono sottoposte ad analisi con risultati sempre meno favorevoli nei riguardi dell'igiene cittadina; a questo si aggiunse un'epidemia di colera che falcidiò la popolazione: nel capoluogo, negli ultimi quattro mesi del 1835, a causa di questa malattia persero la vita oltre 2200 persone. Fu allora che si iniziò a pensare all'attuazione di una serie di provvedimenti: innanzitutto vennero demoliti i rioni più degradati, quindi si provvedette a chiudere i canali della Dora Grossa, che scorrevano come fogne a cielo aperto. Ma soprattutto serviva acqua di sorgente.
Si prese inoltre in esame il progetto commissionato nel 1832 all'ingegner Ignazio Michela da Maria Cristina di Borbone, vedova di Carlo Felice: la richiesta della sovrana era quella di trovare una soluzione per far arrivare l’acqua in tutte le abitazioni, anche ai piani più elevati, dove fino ad allora doveva essere portata con i secchi. Maria Cristina donò sia il progetto che un cospicuo finanziamento economico alla società che si costituì nel 1847 e vide la partecipazione di 53 soci fondatori, incluso Camillo Benso Conte di Cavour, per fornire acqua potabile alla città, garantendo che gli istituti caritatevoli ne avrebbero potuto disporre perpetuamente senza alcun costo.
Vennero presi in esame i sei progetti presentati da Michela e si decise che quello che prevedeva l'uso delle risorse idriche della Val Sangone fosse il migliore: "l'acqua è potabile dolce, non cruda, non selenitosa, contiene appena 19 milligrammi di carbonato di calce, che l'acqua della sorgente del Sangone era acqua purissima e cuoceva i legumi in un'ora e mezza, mentre con quelle della fontana di Santa Barbara, dei pozzi di Torino e della Cossola ci volevano due ore". Si propose allora di fornire 66 litri al giorno per ciascun abitante, vale a dire 8.580 metri cubi per l'intera popolazione, che s'aggirava allora sulle 150.000 unità. Tale quantitativo, con l'ausilio delle fontane già esistenti avrebbe potuto raggiungere i 20.000 metri cubi, sorpassando largamente il fabbisogno preventivato.
Fu pertanto avviata la realizzazione del primo acquedotto piemontese: l'acqua zampillò in piazza Carlo Felice a Torino il 6 marzo 1859. Era l'acqua di Sangano, che tramite varie condutture e diramazioni giungeva fino al centro di Torino. L'impianto, che si estende nel sottosuolo ben oltre i dieci metri di profondità, capta l'acqua non dal Sangone, pur trovandosi alla sua sponda sinistra, bensì dalla falda acquifera.
Il primo acquedotto era costituito da alcune gallerie di attingimento poste sulla sinistra del Sangone che, unite a quelle della sponda destra sul territorio di Bruino (che intercettava le acque della sorgente Lilla), venivano convogliate in un canale in muratura che, transitando nelle vicinanze di Rivalta e Grugliasco, si spingeva, per una decina di chilometri, fino a Collegno, in località Regina Margherita. Qui l'acqua, raccolta in un serbatoio a forma di galleria della capacità di oltre 2 mila metri cubi, scorrendo sotto quello che oggi è corso Francia, scendeva attraverso una conduttura fino a Piazza Carlo Felice. E da lì, tramite le tubature secondarie, raggiungeva una zona piuttosto estesa del centro torinese.
L'impianto, che si avvale di una serie di gallerie filtranti situate ad una profondità variabile tra i 10 ed i 15 metri, ha una portata di oltre 600 litri al secondo ed è in piena efficienza. La temperatura sotto terra è costantemente intorno ai 15°. La struttura è visitabile soltanto in determinate occasioni (Fiera di Sangano, giornate del Fai), per intercessione della Smat, Società metropolitana acque Torino, che gestisce l’impianto.
L'acquedotto di Sangano, insieme alle fonti del Pian della Mussa, fornisce il 10% dell'acqua distribuita dalla Smat e rappresenta una testimonianza di grande opera ingegneristica, un vero e proprio gioiello architettonico. Sito al confine tra Sangano e Villarbasse, in Regione Moreschi 3, è in grado di affascinare chiunque vi faccia visita. Che, una volta conclusa l'esperienza, si rende conto di come, in questo caso, il detto "facile come bere un bicchiere d'acqua" sia solo il risultato finale di una gigantesca opera dell'ingegno umano ottocentesco.
Ringraziamo Isabella Atzori per le immagini e Lucilla Cremoni e il Comune di Sangano per le informazioni.