Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
La Riserva, o Lago Borello, interessa una piccola superficie tra i 1.063 e i 1.249 metri di quota sul fondovalle dell’Alta Val Susa, a ridosso del centro abitato di Oulx, e oltre al lago comprende aree a canneto, piccole pozze, ruscelli, risorgive e bosco. È suddivisa in due zone: a sud i ripidi versanti del Monte Cotolivier e a nord, a destra della Dora, il pianoro.
Ottantatré ettari stretti tra circonvallazione autostradale e ferrovia: una delle più piccole aree protette del Piemonte, poco nota al grande pubblico, e una delle poche zone paludose di fondovalle rimaste su tutto l’arco alpino occidentale. La sua posizione la rende facilmente accessibile per piacevoli passeggiate a piedi nella bella stagione, con le ciaspole o gli sci da fondo in quella invernale.
L'interesse naturalistico dell'area è già manifestato, nel 1805, nella “Flora Segusina” di Giovanni Battista Re; nel 1995 la Regione Piemonte la include nell'elenco dei Siti di Importanza Comunitaria Europea nato per proteggere i luoghi che ospitano specie animali e vegetali rare e in via di estinzione.
La presenza, nei canali irrigui che circondano lo stagno, del gambero di acqua dolce, specie altamente protetta e unica originaria del Piemonte, ne ha determinato la designazione. La posa di mattoni forati, usati dai crostacei come rifugio, ha permesso di censirne un centinaio.
La Provincia, nello stesso anno, vi istituisce l'Oasi di Protezione dalla caccia e vi crea una Riserva Naturale Speciale per la salvaguardia dei sistemi ambientali di torbiera e lago, consentendone però un’ampia fruizione: grazie al Progetto Europeo “Una montagna per tutti”, un sentiero, adeguato alla percorrenza di disabili in carrozzina e famiglie con passeggini, costeggia un tratto di lago.
Ci troviamo in un’antica torbiera d’altitudine: tale habitat in Piemonte ha una diffusione piuttosto limitata. Negli anni ’60 del XIX secolo vi vengono prelevate grandi quantità di materiale per produrre mattoni: ricoprono le volte della galleria del costruendo traforo ferroviario del Frejus.
La depressione venutasi a creare è presto colmata dalle acque che provengono delle sorgenti del Monte Cotolivier, che formano un piccolo lago utilizzato anche come ghiacciaia: per molti secoli il ghiaccio è stato l’unica risorsa per la conservazione degli alimenti.
La ghiacciaia di Oulx è eretta, ai margini dello specchio d’acqua, a fine 1800: un edificio a pianta circolare, ombreggiato dalla vegetazione e da un portico chiuso: serve anche ad isolare il deposito dalla luce e dagli sbalzi di temperatura.
La ghiacciaia in una foto d'epoca.
Quando la superficie dello specchio d'acqua gela, le lastre vengono spaccate e adeguatamente stipate all’interno. Sul pavimento probabilmente, come è consuetudine, vengono distribuite fascine per favorire il drenaggio dell’acqua di scioglimento, mentre le pareti laterali sono ricoperte di paglia per isolare il ghiaccio, evitando umidità e muffe causate dal contatto diretto con i muri. La paglia separa anche gli strati di ghiaccio per facilitarne il prelievo.
Per molti decenni garantisce il fabbisogno di gran parte delle industrie, soprattutto di prima trasformazione della carne, nella Media e Bassa Valle. Dagli anni trenta del 1900, con l’avvento dei frigoriferi e delle nuove tecnologie di conservazione del cibo, l’edificio è abbandonato.
L’area con i suoi resti è stata ripulita: emerge ora una porzione superstite del muro perimetrale in pietra.
Al suo abbandono coincide anche quello delle pratiche agricole e dello sfalcio dell'erba: il lago, grande circa 4 campi da calcio, lentamente si colma ed evolve naturalmente fino alla condizione di stagno. La vegetazione colonizza l'area e riduce lo specchio lacustre alle dimensioni attuali: circondato da estesi canneti di Cannuccia di palude, da torbiere, da prati igrofili e da piante ed animali tipici delle zone umide.
Cannuccia di palude
Il lago subisce un lento ma inesorabile processo di interramento, dovuto soprattutto all’abbondante deposito di materiale vegetale morto. Nelle sue acque e in quelle della pozza più piccola, situata nei pressi del viadotto autostradale, si può osservare una comunità di Chara, un’alga verde considerata da alcuni botanici l’anello di congiunzione fra le alghe vere e proprie e le piante terrestri.
I pesci sono rappresentati dalla tinca, che si è naturalizzata dopo essere stata introdotta artificialmente.
Tra gli steli delle canne s’insediano specie vegetali oggi rare in tutto l'arco alpino come alcune orchidee: l’elleborina palustre, la sanguigna dalle delicate sfumature rosa violacee e le orchis. Poi la gramigna liscia, l'aglio romano, in estinzione a causa dell’ormai in disuso sfalcio dei prati, il giunco nero delle paludi e una rarità vera e propria: l’iris siberiano, dalle grandi foglie e dagli splendidi fiori violacei. Sono presenti in tutto 59 specie floristiche a priorità di conservazione.
In ogni stagione lo stagno ha il suo fascino: uno specchio d’acqua che in inverno è bianco e ghiacciato, ed in estate è illuminato dai riflessi del sole. Circondato da un bel bosco: composto per più della metà da pino silvestre.
Poi conifere e latifoglie: le più diffuse della zona ma anche biancospino, frangola, salicone e salice strisciante, che qui trova l’ambiente a lui più adatto.
Fra le fronde degli alberi si arrampica lo scoiattolo rosso e si aggirano i grandi mammiferi: caprioli e cervi. Passeggiando non è raro trovare i loro palchi. In autunno, al momento della riproduzione, il bosco si riempie dei bramiti dei cervi: ciascun maschio segnala così la propria presenza alle femmine e ai rivali.
Nel sottobosco scorrazzano la volpe e il cinghiale.
Sono segnalate 80 specie di uccelli acquatici, stanziali e di passo che vi sostano e trovano rifugio, tra cui il martin pescatore, il picchio nero dall’inconfondibile macchia rossa sul capo, il merlo dal collare e nei pressi dello specchio d’acqua l’airone cinerino dal piumaggio grigio, becco lungo e giallo. Non mancano le specie tipiche dell’area, predatori compresi.
Uccelli acquatici e girini.
Il luogo è anche un importante posto tappa nelle rotte migratorie di diversi uccelli che durante il corso dell’anno effettuano grandi spostamenti tra Europa settentrionale e meridionale.
La Riserva permette la coesistenza faunistica di specie alpine e della pianura che qui trovano il loro limite di distribuzione: tra gli anfibi, ad esempio, oltre alla rana temporaria, ampiamente diffusa sull’arco alpino e la salamandra pezzata, è presente il rospo comune tipico delle basse quote, estinto in molte aree della Bassa Valle, che trova qui il sito riproduttivo valsusino più interno. Una popolazione isolata, la cui conservazione riveste un particolare interesse su scala regionale: in tarda primavera è possibile osservare numerosi girini.
L’area è interessante anche per la presenza di una varia popolazione di : 23 specie sinora segnalate.
È ospitata anche una discreta comunità di rettili: vipere, lucertole e ramarri e la Natrice dal collare: serpente innocuo per l’uomo, con una dieta basata principalmente sugli anfibi. Attorno al collo ha un caratteristico anello arancione, giallo o bianco. Ormai piuttosto rara in Valle, è una buona nuotatrice: entra in acqua per cacciare le sue prede che ingoia vive.
Sulla superficie delle acque volano le libellule. Ben 18 le specie censite, tra cui il raro Simpetro volgare: torace bruno, zampe nere con striature gialle e ali con una piccola macchia gialla alla base. È localizzato sopra i 1000 metri: questo sito rappresenta l’unica stazione conosciuta in Piemonte. Ad esse si accompagna una variegata comunità di farfalle, circa 300 specie, cavallette e affini, 56 varietà di coleotteri alcune rare, tra cui il Philochthus mannerheimii, rarissimo in Italia.
Un vecchio stagno, un po' sornione che pigramente riflette i colori stagionali della vegetazione circostante: figure tremule, in un’acqua sovente increspata da una leggera brezza, che sfumano nel canneto. Un habitat piccolo, piccolo, che racchiude un grande mondo.
Le foto di questo articolo sono di Claudio Rosa