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Le origini del castello di Exilles sono confuse: c'è chi attribuisce ad Exilles e alle sue fortificazioni un'origine celtica, ma i riscontri archeologici che dimostrerebbero la provenienza preromana sono tutt'altro che chiari. Il problema dell'origine resta probabilmente insolubile anche perché i primi documenti delfinali relativi ad Exilles risalgono al 1155 e al 1193, quando cioé i custodes castri operavano a nome dei conti d'Albon, signori del Delfinato.
La prima completa e attendibile descrizione del castello risale al 1339; da essa la costruzione risulta essere un'opera di notevole complessità sul piano difensivo. Per la prima volta compaiono un dongione (torre fortificata) a pianta quadrangolare e due distinti ambiti di difesa: il più esterno poteva essere occupato in caso d'assedio dagli abitanti del borgo, con il bestiame e le masserizie, mentre nel ricetto intermedio si elevava una torre a due piani, dove si trovava la cappella dedicata a Santa Caterina ed un ambiente di servizio.
La struttura di questo castello era notevolmente diversa da quella delle caseforti dell'alta Val di Susa e differiva molto anche dal coevo castello di Briançon: a Exilles, infatti, mancavano completamente i locali destinati alla residenza confortevole del castellano e del suo seguito. Risulta quindi evidente la sua funzione, niente affatto residenziale, ma di difesa del confine del principato delfinale e di controllo strategico della strada che conduceva al valico del Monginevro.
Al controllo militare si affiancava poi il controllo del traffico mercantile e il castello fu dunque, a partire dal 1200, luogo di riscossione di pedaggi. Inoltre, la sua posizione arroccata sul roccione impedì che tutt'intorno si concentrasse quel villaggio che, pur nascendo nello stesso periodo, fu meno legato alla fortezza di quanto si possa credere.
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La guarnigione ai tempi dei Delfini era molto contenuta: il castellano, quattro soldati e due sentinelle. Al castellano incombeva il governo civile della comunità della castellania, il controllo del rispetto dei diritti del signore (caccia, pesca, uso delle acque e dei boschi, manutenzione delle strade e dei ponti) e l'amministrazione della giustizia. Quando nel 1569 il castello fu attaccato dai riformati del Colombin, questi vi trovarono solo 20 uomini a presidio.
Lo stemma del Delfinato.
Durante la guerra per il marchesato di Saluzzo, il forte venne espugnato il 23 maggio 1593 dalle truppe di Carlo Emanuele I, che sconfissero le truppe del Lesdiguières, che però si riprese il forte due anni dopo, nel 1595.
Con la pace di Lione del 1601, quando governatore era Antoine d'Yze, venne decisa la sua trasformazione da castello medievale in moderna fortezza. Anche Vauban ci mise mano tra il 1692 e l'inizio del 1700, con l'aggiunta di un nuovo corpo detto "dehors" dotato di vani per la lavorazione e il deposito delle attrezzature connesse con l'attività militare. Ma nel 1708 il Duca Vittorio Amedeo II conquistò la Piazza di Exilles, che passò definitivamente ai Savoia, cinque anni prima del trattato di Utrecht.
Nel 1711 il forte venne distrutto da un incendio e ricostruito nel 1726, per ordine di Carlo Emanuele III, dall'ingegnere militare Ignazio Bertola che, come ricompensa per l'ardito progetto, riceverà il titolo di conte di Exilles. In pratica per il Bertola si trattò di ribaltare le difese della fortezza, rivolgendole verso il lato francese secondo lo studio dell'ingegnere De Willencourt del 1717.
La vera innovazione però la apportò Lorenzo Bernardino Pinto nel periodo seguente, con la compartimentazione dei diversi organismi: ogni corpo assunse caratteri di fortezza autosufficiente, strutturata in settori indipendenti, secondo una progressione difensiva dall'esterno verso l'interno.
Forte di Exilles, il "Cortile dei Cavalieri".
L'unico elemento di comunicazione tra i vari corpi era costituito dalla strada interna con ingresso dal lato del Piemonte. La fortificazione del Pinto, completata nel 1780, fu fatta minare dai francesi a seguito del Trattato di Cherasco nel 1796 e demolita negli anni 1800-1802.
Nel 1818 Vittorio Emanuele I ordinò la ricostruzione della fortezza, che si compì nel 1837 sulla falsariga dei disegni del Bertola, da cui si deduce che, nonostante gli incendi e le demolizioni, la forma del forte rimase uguale, ricalcando dunque la stuttura difensiva del 1500.
Quando nel 1837 il forte tornò in piena efficienza con un presidio di 800 uomini, assunse però un ruolo meno strategico a favore di una connotazione di caserma, magazzino e prigione militare.
Nel 1872 vi fu installata la colombaia per le comunicazioni con Susa e Torino, e neppure la Triplice Alleanza valse a ridare al forte il suo prestigio, quando attribuì alla fortezza di Exilles la funzione di caposaldo di un sistema di sette opere di difesa comprendenti i forti dell'Assietta, il Sapé, il Fenils, le batterie Case Garde e Galambra con la ridotta Serre La Garde. Infine nel 1889 assunse una posizione ausiliaria.
Come lo Chaberton fu disarmato nel 1915 per utilizzare le artiglierie sul fronte italo-austriaco e divenne stanza del battaglione alpini Exilles fino all'8 settembre 1943, quando venne definitivamente abbandonato.