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L’incastellamento della Valle di Susa si dispiegò su due fasi: una prima fase, dalla seconda metà del XI secolo a tutto il XII secolo, dove accanto alla presenza dei vecchi castelli (Susa), ne compaiono per la prima volta degli altri (Caselette, Exilles); una seconda fase, a cavallo tra XII e XIII secolo, nella quale si assiste ad una massiccia copertura di castelli su tutto il territorio, con la comparsa di caseforti e castelletti (domus fortis, Fortalicium) in mano ai signori locali.
L’affermarsi di minuscole ma compatte dominazioni locali moltiplicò i castelli e le caseforti: la presenza a Villar Focchiardo, Giaglione e Bardonecchia di diverse piccole fortezze lascia intendere che i contrasti nati all’interno di una stessa famiglia o tra famiglie concorrenti, unitamente al frantumarsi delle originarie signorie, abbiano innescato il moltiplicarsi delle piccole fortezze locali e a partire dalla seconda metà del XIII secolo. Per tutto il Trecento non si trattò di veri e propri castelli difensivi, bensì di modeste caseforti.
L’affermarsi delle signorie locali fu incentivata dall’azione dei conti di Moriana-Savoia, che infeudarono larga parte dei territori da essi controllati a famiglie dell’aristocrazia segusina o della nobiltà savoiarda che si era trasferita al di qua delle Alpi seguendo la corte sabauda.
Soprattutto con il conte Amedeo VI, nella seconda metà del Trecento, si consolidò un preciso piano di controllo delle fortezze signorili locali: si formò in quel periodo una solidarietà difensiva tra i singoli castelli e le caseforti e i centri di comando di Susa e Avigliana.
Nacque così, sotto l’egida del conte, un “sistema tattico” per coordinare la difesa di ampi tratti della valle. A tale scopo furono liberati dalle spese di fortificazione anche i membri dell’aristocrazia locale in possesso di caseforti, purché provvedessero a difendere con i loro uomini la terra affidatagli e munissero i sistemi difensivi esistenti secondo le disposizioni ricevute dai castellani, dai capitani e dai luogotenenti comitali.
Buona parte delle strutture fortificate della valle era controllata dalle fondazioni religiose: è questo il caso del castello di Sant’Ambrogio, dipendente dall’abbazia di San Michele, o dei castelli di Caprie, Mocchie e San Mauro dall’abbazia di San Giusto di Susa.
Una costante per tutto il XIV secolo in valle fu proprio la trasformazione dei castelli in edifici deputati a funzioni esclusivamente residenziali. Da un lato sorsero palazzi e case signorili (palacium domini, domus domini) abbinati a locali di rappresentanza quali la sala e l’aula, e a locali di servizio quali cantine (crote) o cucine e dispense. Nel castello meno angusto si poteva trovare anche qualche minuscolo orto, spesso uno spazio separato, in grado di raccogliere i rifiuti delle latrine e delle cucine.
Il “Castlass”
L’antica torre di Borgone, denominata localmente il Castlass, svetta su un poggio che domina l’abitato, ben visibile da ogni angolo del centro. Il termine dialettale, riscontrabile come Castellazzo nella cartografia settecentesca, ci indica che già in quell’epoca aveva perso l’originaria funzione e appariva, se non proprio un rudere, un edificio in via di decadenza.
Le origini di tale fortificazione sono molto incerte. Borgone, nel tardo Medioevo, era costituita da due insediamenti distinti, Villa Nova e Villa Vetula: Villa Nova, quello dominato dalla torre, si attesta già nel 1277, ma, prima del XIV secolo non vi è alcuna notizia a riguardo della costruzione del Castlass.
La validità difensiva di queste strutture, più che da articolati sistemi difensivi, era rappresentata dalla posizione in cui esse sorgevano, di solito un luogo dominante, su un roccione spesso isolato dal terreno circostante dal letto di un rio o di un torrente, che sostituivano il fossato.
Nel caso di Borgone la struttura a torre e la sua posizione isolata sul poggio roccioso fu ritenuta più che sufficiente per la difesa. In tempi successivi, come appare evidente dai ruderi murari posti presso il manufatto, alla torre iniziale si aggiunsero altri edifici orizzontali, destinati alla funzione residenziale.
Tuttavia per il Castlass di Borgone non si può parlare di un palazzo residenziale ma di una più semplice casaforte a torre, centro di una contenuta signoria locale che fu investita del luogo.
Le caseforti a torre erano molto diffuse, sia in Valle, come in tutta la campagna piemontese. Esse aggiungevano alla funzione difensiva tipica della torre verticale, funzioni abitative più o meno confortevoli a seconda che consistessero di un unico ed isolato edificio turrito o di più edifici bassi disposti attorno alla torre stessa: non è difficile, nel raggio di pochi chilometri, trovare esempi simili a quello che doveva essere in origine la casaforte di Borgone.
Il caso più vicino è costituito dalla ben conservata casaforte di San Didero, un corpo di fabbrica massiccio, a forma di torre, dotata superiormente di merlatura. Di struttura simile apparivano la torre delle Combe di Meana, le casaforti di Mattie e di Chianocco, anch’esse merlate, e la torre di Mompantero che, in un primo tempo fu ritenuta una semplice torre difensiva a guardia di un itinerario stradale, per essere poi proprio riconosciuta come una modesta casaforte di un piccolo signore locale.
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Qualche traccia in più si può ritrovare nei documenti: nel 1325 la casaforte dei visconti di Baratonia a Villar Focchiardo era descritta come una “casaforte a torre con il suo podere composto dal giardino, la vigna, la grangia col cortile, la tettoia magazzino e l’orto”.
Non molto diverse dovevano apparire le massicce dimore signorili nel Borgo dei Nobili a Susa, che erano sorte nelle immediate vicinanze delle mura cittadine, con apparati difensivi certamente più evidenti di quelli riscontrabili in altre strutture fortificate della zona. Tuttavia esse avevano ancora un aspetto molto rustico, funzionale alle necessità di feudatari minori, più attenti alla sopravvivenza di tutti i giorni che agli agi e al benessere tipici di una società affermata. Queste residenze erano composte da “cusina, camere, sale, loggia, piancale, colombaro, crotta, stalla, tenera, horto, corte con suo passo e toppie ed alcuni arbori”.
Ora che abbiamo inquadrato il Castlass in una ben precisa tipologia non resta che cercare di capire da chi fosse stato costruito e abitato.
Poiché anche Borgone faceva parte, fino alla metà del XIV secolo, dei possedimenti dei monaci di San Giusto, è lecito ipotizzare che la realizzazione della torre fu promossa da questo cenobio, con le stesse funzioni che avevano già gli altri castelli: centro amministrativo per la raccolta dei censi e delle decime che i contadini vi depositavano alla scadenza dei contratti agrari e per il momentaneo deposito dei prodotti agricoli.
Prima del Trecento, però, non abbiamo nessun documento che ne confermi l’avvenuta costruzione: le prime notizie risalgono al 1455, quando sappiamo che Bernardo Roero, esponente della famiglia segusina dei Roeri, già signore di San Didero, venne infeudato anche della stessa Borgone. È assai probabile dunque che possa risalire a tale epoca la realizzazione della casaforte, o meglio, il consolidamento di un manufatto precedente appartenuto a San Giusto o ai Beauvoir, i primi signori laici di Borgone. Dei quali, come sulla torre, si sa quasi nulla.
È molto probabile che, a partire dal XVII secolo, la casaforte medievale fu di fatto abbandonata a favore di una più comoda sistemazione residenziale all’interno della Villa Nova.
La torre è di pianta quadrata, con tipica tessitura medievale nella parte bassa delle murature. La porta, senza serramenti, si apre sul lato occidentale.
All’interno, ora completamente svuotato, si possono vedere i resti di due orizzontamenti, che dividevano l’edificio in più piani. Vi sono ampie aperture sul lato sud e su quello occidentale. Il restauro conservativo, intrapreso negli ultimi anni, ha creato una falsa inclinazione dei muri terminali che fanno sembrare l’edificio tagliato in linea obliqua, ma in realtà la torre possedeva murature della stessa altezza. Negli ultimi anni il monumento è stato anche dotato di illuminazione notturna.
Maggiori informazioni si trovano nel libro “Borgone, un paese tra la Dora e la Roceja”, di Mauro Minola e Elisa Bevilacqua, Susalibri, 2003.