Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
In Alta Valle, nell'arco dei secoli, si aprono molte cave: lasciano una traccia nel paesaggio e nei toponimi ma anche in racconti e leggende che favoleggiano di antiche miniere d’oro e d’argento. Rivestono un ruolo primario nell'economia, specialmente in tempi in cui la difficoltà dei trasporti induce a sfruttare tutte le risorse locali, anche quelle che oggi sembrano prive di qualsiasi importanza.
A Chiomonte, in località Maddalena, già nell'età del bronzo si levigano gneiss e micascisti d’Ambin (la "lauza grisa", pietra grigia): si realizzano asce, zappe, grandi anelli, macine e pavimentazioni in acciottolato. Con gli stessi si erigerà, nel 773, l’Abbazia della Novalesa e dal medioevo, per l’abbondante presenza, diverranno le pietre da costruzione, da taglio e per lastre più impiegate in area rurale.
Nel Basso medioevo largamente utilizzata, per la facile lavorabilità, è la pseudocarniola. Affiora solo in alcune aree ristrette del territorio e questo la destina ad un uso strettamente locale: Salbertrand, Exilles, Melezet, Oulx e Cesana. È adoperata da taglio e, in blocchi, nelle costruzioni come per la muratura della Torre Delfinale di Oulx edificata fra il 1350-77. Per la porosità non è adatta a decorazioni ricche di dettagli.
Tra le rocce di maggior pregio invece la Breccia del Melezet e di Beaulard nel comune di Bardonecchia: un marmo lucidabile, estraibile in lastre o piccoli blocchi ed estremamente decorativo per i frammenti bianco-grigi immersi in matrice rossa-viola. È impiegato tra il 1400-500 per il fonte battesimale della chiesa di Beaulard, nella chiesa e per la fontana del Melezet.
La Torre Delfinale di Oulx.
San Pietro a Rochemolles.
portale chiesa Savoulx.
Risale a questo periodo la scalinata d’ingresso in gneiss della chiesa di San Pietro a Rochemolles. Nel 1454 si innalza quella di Savoulx: il portale è in marmo cipollino locale, affiancato alla breccia del Melezet, ed entrambi si alternano alle diverse varietà di oficalce verde o rossa e al quasi onnipresente travertino o tufo: non è raro rinvenirne blocchi, anche di notevoli dimensioni, in corrispondenza dei depositi alluvionali dei fondivalle. È ampiamente sfruttato per murature, rivestimenti, portali e vari elementi decorativi.
Nel 1500 la fondazione di nuove parrocchie necessita di materiale per costruirle e decorarle: si ricorre alle pseudocarniole, alla breccia di Melezet e Beaulard, ai calcescisti grafitici per realizzare le tradizionali lauze neire o Peire Plate di Salbertrand, adoperate, ad inizio secolo, nel portale della chiesa di Bousson.
Il marmo verde di Cesana e Bardonecchia è usato soprattutto per acquasantiere e battisteri, ricavati da blocchi compatti e bocciardati. Esempi sono le acquasantiere delle parrocchiali di Bousson e Chiomonte e di San Giovanni Battista di Oulx. Il portale della parrocchiale di Cesana, datato 1518, è in calcescisto grigio con intarsiature circolari in oficalce verde di Cesana.
Tra il 1506-36 viene riedificata la Chiesa Parrocchiale di Salbertrand: alcuni elementi architettonici e le bifore del campanile sono in pseudocarniola, le murature e coperture in Peire Plate.
Il portale della chiesa di Bousson.
Il portale della chiesa di Cesana.
La chiesa di Salbertrand.
Nel 1660 il Console di Exilles Pierre Odiard fa erigere, a valle del paese, una cappella votiva per sé e la propria famiglia dedicandola a San Rocco e San Sebastiano: si impiegano gli gneiss locali e sono presenti lastre con sculture paleocristiane.
Nel secolo XVIII a Cesana si ricorre alle radiolariti, di colore rosso scuro, per innalzare delle colonne nella chiesa di Fenils e a pseudocarniole, calcescisti e filadi, aspetto e proprietà simili alla lavagna, per realizzare le lapidi iscritte dell'omonima Casa di Bousson.
Fra il 1734–62 nella muratura del Forte di Exilles sono impiegati gli gneiss; anche nel secolo successivo si continuano ad usare i calcescisti di Exilles e gli gneiss del comparto d’Ambin anche fra il 1818-29 per le trasformazioni del Forte.
Una cava di calcescisto marmoreo è stata appositamente aperta alle Grange Cravasse e sarà utilizzata alla fine del 1800 anche per i marciapiedi e le coperture della paesana Via Roma. Altri siti: Gravere, in borgata Madonna della Losa e dal 1883 in regione Mirdarello, Salbertrand e Moncenisio. Forniscono materiali per la manutenzione della strada del Colle, la costruzione della ghiacciaia di Salbertrand ad inizio 1900 e per pochi lavori a Torino: si preferiscono le pietre di Piasco e Pont.
L'Abbazia di Novalesa.
Per la pavimentazione e la copertura del Forte si ricorre, come all’Abbazia di Novalesa, alla quarzite: colore dal giallo al grigio, facilmente scindibile in lastre e molto resistente. È coltivata già nel secolo XVIII soprattutto a Oulx e a Salbertrand: il fronte di cava è tra gli abitati di Pont Ventoux e Baume. Un materiale assai sfruttato in Piemonte per questi scopi: tra il 1761 e il 1863 è adottata nella gradinata antistante il presbiterio e nella copertura della Parrocchiale di Oulx, nel 1884 nel Borgo del Valentino a Torino e nel 1894 nei chiusini, sedili da latrina e gradini del Carcere mandamentale.
Sulla sinistra del torrente Melezet, lungo il rio Fosse, Gustavo Christillin, dal 1890, apre una cava per sfruttare un vasto filone di gesso: 1750 m alla quota di 1.800-950 m. La zona è estremamente scoscesa, disagevole l’estrazione ed il trasporto del materiale a valle, che avveniva a dorso di mulo.
interno del Borgo medievale al Valentino.
Nel 1921 la ditta Selen di Torino, nuova proprietaria, impianta una teleferica con stazione di arrivo lungo la strada Les Arnauds-Melezet. I lavori proseguono fino 1929 quando il sito è abbandonato.
Nel 1881 a Savoulx nasce una Società Anonima per sfruttare un lungo filone di solfato di calcio situato tra i 1500-800 m: un fronte di circa 2 Km, parte a cielo aperto e parte in galleria.
Nei primi anni del 1900 viene poi costruita una teleferica: carrelli su rotaia collegano le aree di scavo con la partenza. La stazione di arrivo è poche centinaia di metri prima dell’abitato di Signols, sulla statale che da Oulx porta a Bardonecchia. Accanto edifici ove il solfato è macinato e confezionato in sacchi per il trasporto. Da qui parte una linea a scartamento ridotto: il collegamento con la stazione ferroviaria di Oulx. Ai lavori sono addette circa 40 persone tra tecnici e operai. L'estrazione cessa nel 1962: non è più remunerativa.
Gli gneiss sono ancora largamente estratti a partire dal 1893 e impiegati soprattutto per l’edificazione della ferrovia. Dallo stesso anno viene nuovamente cavato il marmo del Melezet e di Beaulard, dal 1887 risulta avviata una concessione per l'estrazione di filladi, di impiego sempre locale, attiva fino al 1915.
Diffuse le pseudocarniole: a Salbertrand sono estratte sia sulla sinistra orografica, presso il rio Secco sia, di migliore qualità, sulla destra ai 1.779 m della località Sëu. Tra i numerosi impieghi, nel 1826-29, il rivestimento e vari elementi decorativi della Chiesa di S. Ippolito al Melezet.
Il marmo verde di Cesana e Bardonecchia gode di una notevole fortuna: dal 1900 avrà una grande diffusione non solo in Piemonte.
A Signols, all’inizio del 1900 è attiva, per pochi anni, una piccola cava di calcare con annessa fornace per la cottura della calce: è di puro interesse locale.
L’archivio del Distretto Minerario di Torino ci racconta una curiosità: non una cava ma una miniera di ematite quella del Blanchet o Bancher all’estremità occidentale della Valle Stretta. La sua vita si protrae, fra alterne vicende, per oltre 110 anni.
I primi documenti risalgono al 1825: due gallerie aperte a quota 2.062 e 2.087 m di altitudine. Durante gli scavi si rinvengono tracce di sfruttamento precedente.
Giovanni Battista Bonetti, lo scopritore, il 26 giugno 1840 con Decreto Camerale ne ottiene la concessione. Gli subentrano Antonio Robbio e Luigi Balma a cui si associano i banchieri torinesi fratelli Sclopis: procedono alla costruzione di un impianto a 3 forni per la fusione del minerale: il ferro è avviato, a dorso di mulo, fino al Melezet, poi a Bardonecchia ed ai centri di utilizzazione.
Tra alterne vicende si giunge al 1937: le sanzioni economiche, emanate dalla Società delle Nazioni contro l’Italia, portano alle stelle il prezzo dei minerali ferrosi e la FIAT, il 1° ottobre, ottiene dal Ministero delle Corporazioni il permesso di riattivare la miniera.
Tra il 1939 ed il 1945, anni di guerra, il cantiere è smontato e rimontato per ben tre volte. Al termine del conflitto la miniera diventa territorio francese: l’azienda rinuncia alla concessione ed abbandona completamente gli impianti.