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Nel mese di ottobre 2023 i guardaparco del Parco Nazionale Gran Paradiso hanno confermato l’avvistamento di una lince all’interno dell’area protetta, con l’ausilio di una fototrappola che ha immortalato l’animale, rendendo certa la segnalazione.
Si tratta, con ogni probabilità, di un individuo in dispersione, alla ricerca di nuovi territori e, per il momento, l’Ente Parco ha deciso di non rendere noto il luogo esatto dell’avvistamento per proseguire le verifiche sulla effettiva presenza.
Sin dagli anni ’80 si sono registrati avvistamenti dubbi e, nel tempo, sono pervenute all’Ente Parco segnalazioni di possibili osservazioni o di segni di presenza, ma è la prima volta che questa viene documentata con certezza.
L’ultimo dato di presenza certa della lince nel territorio del Parco risale infatti al 1916, quando l’area protetta non era ancora stata istituita. Ai tempi della Riserva reale di Caccia, frequenti sono stati gli abbattimenti attuati dalle guardie che erano incentivate al prelievo di quello che era considerato un nemico dello Stambecco. Sulle Alpi questa specie si è estinta agli inizi del ‘900, a causa della persecuzione dell’uomo, e solo recentemente è ricomparsa in Italia, con esemplari che probabilmente provengono da Svizzera e Slovenia.
Osservazioni di lince sono state di recente effettuate anche in Valle d’Aosta (a novembre 2022 un esemplare di lince è stato per la prima volta fotografato da alcuni cacciatori della zona di Brusson, in Val d'Ayas), e queste ripetute segnalazioni fanno presagire la possibilità di un ritorno di questa preziosa specie.
Bruno Bassano, Direttore del Parco: “Da molto tempo inseguiamo questo fantasma di boschi e rocce, senza mai aver avuto certezza del suo passaggio. Si tratta di una specie iconica spesso dimenticata ma che, in base ai dati storici, era l’unico grande carnivoro presente sul massiccio del Gran Paradiso, come descritto dagli zoologici della Commissione reale del Parco. Questa segnalazione apre la possibilità che si possa, nel tempo, insediare nel Parco almeno una coppia riproduttiva di questa specie. Sarebbe un prezioso ritorno che riempirebbe un vuoto che dura da oltre un secolo“.
Gli avvistamenti in Val Susa e Val Chisone
Anche nelle nostre zone la lince sembrava essere completamente estinta da più di un secolo, ma nel 2015 un progetto sperimentale dell’Università di Torino aveva raccolto una dozzina di segnalazioni relative alla presenza di questo animale in Valle di Susa e Val Chisone.
“Non abbiamo mai trovato prove – precisano alcuni guardaparco del Parco Orsiera Rocciavrè – della sua presenza sulle aree da noi monitorate. Non ci sono mai stati avvistamenti documentati con certezza, e l’eventualità che sia passata in zona non è suffragata da segni tangibili quali il rinvenimento di impronte. Tempo addietro ci era stato segnalato che fosse stata scorta sulla strada che saliva a Città di San Giorio, ma non fu mai dimostrato”.
L’indagine non proseguì, ma è possibile che qualche animale abbia periodicamente scorrazzato sul territorio: una segnalazione di qualche anno fa a Bobbio Pellice sosteneva che una questo animale avesse predato due capre.
Un tempo la lince era presente in tutta Europa. A partire dalla metà del XX secolo si è via via estinta sia nel centro che nell’occidente europeo ed a tal proposito si è proceduto con delle reintroduzioni mirate nell’ambiente. Si tratta di un grande gatto selvatico, dalle dimensioni simili a quelle di un cane di taglia media, come può essere ad esempio un pastore tedesco. Rapidissima negli spostamenti, ha un peso che oscilla tra i 25 ed i 33 kg, con un’altezza, al garrese, di circa 70/80 cm, per una lunghezza complessiva che va da un metro e 10 centimetri a 150 centimetri.
La lince
Particolarmente agile, il che le facilita la caccia, si caratterizza per un mantello che cambia colore dal grigio scuro al bruno rossiccio, con due folti ciuffi di pelo sulle guance che paiono delle basette. Anche le zampe, dotate di aguzze unghie retrattili, sono molto pelose: ciò le consente di camminare con scioltezza sulla neve e di avvicinarsi silenziosamente alle prede. Fornita di 28 denti, ha una coda corta che termina con una punta nera.
Vista ed udito sono eccezionali, così come la capacità di salto: riesce infatti a raggiungere i 3 metri in altezza, ed effettua balzi lunghissimi. Preda abitualmente animali di dimensione contenuta: roditori, volpi, uccelli invertebrati, ma non disdegna daini, caprioli, cervi, cinghiali, e greggi al pascolo. Mediamente, la sua vita in libertà può arrivare ai 10/15 anni.
Dopo l’attacco, la lince si nutre dei muscoli della sua preda, lasciando gli organi interni intatti. Tornerà in seguito a cibarsi dell’animale, se non disturbata, nascondendone i resti sotto le foglie. Il suo habitat ideale è rappresentato da boschi con terreni rocciosi: l’areale di caccia si estende su territori ampi compresi tra i 2/300 kmq. Si accoppia tra dicembre e marzo ed i cuccioli, in genere da 1 a 4, nascono dopo due mesi e mezzo. Sembra quasi un controsenso il termine abituale “occhio di lince” che sta a raffigurare un’ottima vista, in quanto i cuccioli in realtà nascono completamente ciechi.
Cucciolo di lince (foto Wikipedia)
Effettivamente, ad aiutarla durante la caccia, è, pur avendo una vista eccezionale, lo spiccato udito, mentre il fiuto non è particolarmente sviluppato. I cuccioli, dotati di pelliccia fin dalla nascita, hanno una crescita molto lenta, anche per quanto concerne la dentatura: per questo, senza il supporto della mamma, non supererebbero il primo inverno. Restano pertanto a lungo nella tana, dalla quale usciranno solo una volta acquisita la necessaria indipendenza.
Per segnare il territorio, che difende con caparbietà, la lince orina sui tronchi d’albero e graffia le cortecce: qualsiasi animale osi avventurarsi per cacciare nella sua zona viene attaccato. La lince non ha molti nemici: tolti i branchi di lupi, che di solito hanno la meglio su di lei in quanto la lince conduce vita solitaria (ma se riesce a mettersi in fuga su una pianta il gioco è fatto), è in competizione, per la caccia, con volpi e faine, su cui comunque primeggia.
A differenza di quanto si pensi, per il suo comportamento schivo non crea pericolo all’uomo, nei confronti del quale non sono segnalati attacchi. Può però farlo indirettamente, predando le greggi intente a pascolare. Causando in tal modo un danno patrimoniale agli allevatori che, come è comprensibile, non la vedono pertanto di buon occhio.