Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
La natura offre molteplici esempi di perfezione estetica. Uno di questi è senza dubbio il faggio selvatico (Fagus sylvatica), probabilmente la specie forestale più diffusa nei boschi italiani.
Appartenente alla famiglia delle Fagacee, diffuso sulle Alpi e sugli Appennini, vegeta di norma oltre i 500 metri di altitudine, benchè non sia raro incontrarlo anche a quote più basse. Provate ad osservarne, d'estate, la cupola fruttifera aperta: noterete quattro valve che racchiudono due noci a base triangolare, disposte in perfetta simmetria, vero e proprio esempio di architettura naturale. Questi acheni, frutti eduli noti con il nome di faggiole o faggine, nutrono molti animali del bosco: ne sono particolarmente ghiotti scoiattoli e cinghiali.
Faggiole (Probodue - wikipedia).
Grazie alla sua capacità di espandere le radici in estensione più che in profondità, abitualmente il faggio forma boschi puri, chiamati faggete (nella foto sopra al titolo una faggeta a Chianocco fotografata da Dante Alpe). Più raramente lo si incontra in boschi misti, dove in genere è abbinato a castagni, betulle ed abeti.
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Di dimensioni variabili, il faggio può raggiungere i 15 metri di altezza ma anche arrivare ai 40: ha un lento accrescimento ma è particolarmente longevo, riuscendo a superare i 200 anni di vita.
Fusto grigio, foglie verdi e un legno molto forte
La corteccia grigia e le foglie ovate di colore verde lucido con sottile peluria sulle nervature che contraddistinguono la chioma folta e globosa, si accompagnano ad un tronco tra i più resistenti in natura.
Il legno di faggio non è elastico, ma è ideale per lavori di mobileria e tornitura: con questo materiale vengono realizzate, ad esempio, le forme per calzature e alcuni utensili da cucina.
Un tempo veniva usato per produrre traversine ferroviarie, ma ha trovato largo impiego anche nella realizzazione di violini, pianoforti, calci dei fucili, pavimenti, oltre che come legna da ardere e per affumicare pesci ed insaccati. Il faggio fu utilizzato anche per la realizzazione dei remi della Serenissima Repubblica di Venezia.
Lo spettacolo di un faggio secolare in autunno (Valerio Minato).
Lo scrittore Mario Rigoni Stern definiva questo albero "costruttore e conservatore della foresta", grazie al fatto che si insedia in terreni freschi e sciolti, corroborandoli di nutrienti. Non a caso la terra che circonda la pianta, molto ricca di humus, viene spesso impiegata come fertilizzante. L'olio estratto dai suoi frutti, invece, in passato veniva destinato alla produzione di saponi e utilizzato come combustibile per illuminazione.
Usi alimentari e medicinali
Le foglie di faggio bollite somigliano molto alle foglie di cavolo, senza averne lo stesso odore: per questo, in cucina vengono utilizzate come ingrediente di gustosi risotti, mentre le gemme della pianta, dopo essere state bollite in aceto, possono essere conservate sott'olio.
Benchè i frutti, crudi o tostati, possano essere consumati a fini alimentari come succedanei di castagne, nocciole o mandorle, e tostati siano un surrogato del caffè, è bene sapere che contengono saponine ed un alcaloide e quindi potrebbero risultare tossici, in particolar modo per i bambini.
Faggeta a Chianocco (Dante Alpe).
Le gemme sono invece consigliate per l'effetto benefico sui reni, ed a tal proposito viene impiegata per contrastare insufficienza renale, litiasi e obesità da ritenzione idrica.
Nella tradizione popolare, veniva raccomandato il consumo di un infuso di vino bianco e cenere di legno di faggio quale toccasana per gli affetti da calcolosi urinaria, ma le foglie venivano impiegate con uso topico anche contro gengiviti e stomatiti.
Priva di fondamento è invece una diceria che affonda le sue radici nella tradizione popolare: si narra che la mancanza di vegetazione nel sottobosco delle faggete sia da ricondurre alla danza delle streghe che calpestando il suolo lo rendono improduttivo. Un'affermazione ampiamente smentita dai fungaioli più esperti, che potranno testimoniare come sovente, entrando in una faggeta, non se ne esca a mani vuote, giacchè spesso i ricercatissimi boletus edulis (porcini) abbondino proprio ai piedi di queste piante.
Porcino tra le foglie di faggio.