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Salendo lungo via Angelo Perodo, in quel di Condove, ad un certo punto, alzando gli occhi, si scorge sul muro di una casa la lapide commemorativa, inaugurata il 28 luglio del 1907, di uno degli insigni cittadini locali, il botanico Giovanni Francesco Re.
Re, cui è anche intitolata la scuola media locale, fu uomo di grande cultura e molteplici riconoscimenti. La sua famiglia, discendente di una stirpe di nobili di Mocchie, migrò in borgata Grangetta (Poisatto), dove Giovanni Francesco nacque il 27 settembre 1773, e poi si trasferì nella vicina Condove, nella parte alta del paese ove è visibile l'abitazione citata.
Nell’immagine sopra al titolo si può vedere lo stemma di famiglia, tratto da “Il botanico Giovanni Francesco Re. La vita, le opere, le onoranze”, dedicato allo studioso condovese nel 1909 da un gruppo di importanti storici piemontesi (Barraja, Mattirolo, Negri, Gola, Cassano, Couvert). Nel testo si può notare come all’epoca il “villaggio” di Mocchie, descritto come famoso per “le donne, le patate, le fresche caciuole e le guizzanti trote del suo torrente”, contasse ben 2611 abitanti!
La lapide commemorativa in via Perodo a Condove
Figlio di Giovanni Battista e della sua graziosa moglie di origini segusine, Lucia Fransone, dopo le scuole primarie Re proseguì gli studi a Susa e Giaveno, per poi approdare all'Università di Torino, dove si laureò in medicina. Affascinato dalle scienze naturali, dedicò parte degli studi alla mineralogia e zoologia, occupandosi in particolare di insetti ed uccelli, su cui svolse ricerca in valle di Susa. Il suo cuore però palpitava per la botanica: Giovanni Francesco frequentava l'orto del Valentino e raccoglieva specie che custodiva in un personale erbario.
Laureatosi in medicina nel 1797, iniziò a praticare la professione nella città di Susa. Benché giovane, Re fu eletto rappresentante del protomedicato per la città e la provincia di Susa, carica da cui però si dimise per una controversia avuta con le congregazioni di Carità. Si concentrò dunque sulla botanica medicinale dedicandosi in particolare a trovare rimedio alle febbri maligne che assediavano la valle: secondo lui, “dove Dio aveva provveduto a collocare il male si trovava anche il rimedio”.
Con il governo francese, instaurato nel territorio di Susa già nel dicembre del 1798, Re ebbe rapporti facili, anche se non fu mai apertamente giacobino, come il fratello Angelo. Nel 1801 fu nominato consigliere di sanità del circondario di Susa e nel 1803 membro del comitato del vaccino di Susa.
Nel 1804 Giovanni Francesco sposò Ermenegilda Bianco, figlia del cavaliere Vittorio di Revigliasco e della moglie Orsola Clapier, conosciuta a Susa, da cui nacque l’anno successivo Luigi, che fu sottoposto al vaccino, segno della fiducia che Re riponeva nel nuovo sistema di profilassi. Seguirono altri tre figli, Napoleone Federico, Lidia Pelagia Vittoria e Sofia.
Giovanni Francesco Re, “Flora Segusiensis”
Nel 1806 fu chiamato dal governo come docente di matematica e storia naturale nel collegio di Carignano. Ma fu anche primo professore laico, in mezzo a tanti sacerdoti, del collegio di Mondovì, nonché professore di medicina alla scuola veterinaria di Venaria. Proseguì a lungo la scrittura di pubblicazioni, saggi, trattati e conquistò l'affetto incondizionato dei suoi studenti, ognuno dei quali, affascinato dai suoi insegnamenti, possedeva un erbario.
Re si spense a Venaria il 2 novembre del 1833, pare per colpa di un catarro cronico che aveva contratto a causa della sua esposizione alle temperature rigide senza particolari attenzioni, impegnato come era nei suoi studi sul territorio.
Re contò in valle di Susa 1682 specie vegetali. La sua opera capitale, pubblicata nel 1805, è la Flora Segusiensis, scritta in latino, splendido saggio scritto nell'abitazione di via Perodo. Nel 1821 pubblicò l'Appendice alla Flora Pedemontana e, tre anni dopo, l'Appendix altera.
Re catalogò nel suo erbario 6000 specie, distribuite in 1200 generi e 200 famiglie. L’erbario fu poi donato all'orto botanico di Sassari dal dottor Maurizio Reviglio di Camerletto, prima allievo e poi assistente di Re alla scuola di Venaria, che concluse la sua carriera come rettore proprio all'Università di Sassari. Nel 1914 fece ritorno in Piemonte, ceduto all’Università di Torino.
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Ma le ricerche di Re non si limitarono alla botanica, e riguardarono anche insetti, uccelli e scienza agraria. Gli approfondimenti sulla flora alpina lo conducevano spesso in quota (salì al Rocciamelone, sul Musinè, allo Chaberton, sul Cenisio), munito di coltello, bastone e di due sacchetti di tela nei quali riponeva le piante rare da collocare nel suo erbario.
Poco espansivo e piuttosto taciturno, Re fu la classica dimostrazione del detto “l'abito non fa il monaco”: di modesto aspetto e di piccola statura nascondeva dietro quello che oggi chiameremmo un basso profilo una conoscenza immensa e doti straordinarie.
Il Giardino Botanico Rea a San Bernardino (Trana)
Le sue ossa furono confuse con altre durante il trasloco del cimitero di Venaria, avvenuto intorno al 1840, ma a ricordarcelo restano, oltre alla lapide sul muro dell’edificio condovese, la villa denominata "La Medica", sua casa di campagna a Pianezza poi venduta a privati, alcune intitolazioni di edifici e vie e la maestosità del giardino Botanico Rea di San Bernardino di Trana.
Un giardino “sperimentale di acclimatazione”, istituito nel 1967 da un collezionista privato e due anni dopo intitolato all’illustre studioso condovese.