Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Adorna i viali, svetta sulle piazze e, grazie alla sua ampia e folta chioma, offre una piacevole frescura quando il sole picchia duro. Il nome dell’ippocastano, Aesculus hippocastanum, deriva dal fatto che i suoi frutti, noti come castagne d’india o castagne matte, venissero utilizzati per ridurre i sintomi di raffreddore e di asma nei cavalli (dal greco appunto hippos, cioè cavallo e castanon, castagno).
Originario del Caucaso, nel 1591 fu introdotto nei giardini imperiali viennesi. Qualche hanno dopo approdò a Parigi, dove fu piantato nei “Jardins de Luxembourg” ed anche a Versailles, e si diffuse poi in tutta Europa come pianta ornamentale in giardini, viali e piazze.
Ippocastano (WikimediaImages - Pixabay).
Dall’aspetto imponente, la pianta può raggiungere i 30 metri di altezza, mentre la sua chioma, fitta e compatta, può estendersi in ampiezza fino a 10 metri di diametro. Resistente anche alle basse temperature, è caratterizzato da una corteccia bruna e liscia che tende a desquamarsi col passare del tempo.
Le foglie dell'ippocastano, che possono arrivare ad oltre 20 cm di lunghezza, sono costituite da 5-7 lamine con apice acuminato e base stretta, dal margine seghettato e con numerose nervature. Di un verde vivace nella parte superiore, hanno un colore più tenue nella parte sottostante.
I fiori, ermafroditi e visibili tra aprile e maggio, sono raggruppati in pannocchie che possono raggiungere anche in questo caso i 20 centimetri, e radunare anche una cinquantina di esemplari, costituiti ciascuno da un piccolo calice ed una corolla di petali bianchi. Sono fiori melliferi, amati dalle api, che ne trasformano il polline e il nettare in miele chiaro.
I fiori dell'ppocastano (Alicja - Pixabay).
Il frutto è tossico, ma ha virtù fitoterapiche
Le castagne dell’ippocastano, racchiuse in un riccio di colore verde con corti aculei, a differenza delle castagne comuni sono molto amare, e non commestibili per gli umani. Se consumate possono avere effetti tossici, oltre a diffondere un odore sgradevole durante la cottura.
Tuttavia, il principio attivo dell'escina, mistura di saponine presenti nei semi, nella corteccia e nelle foglie dell'ippocastano, è utile in ambito fitoterapico, in virtù della sua azione antinfiammatoria, antiedemigena e vasocostrittrice. L’estratto di ippocastano, da utilizzare sempre sotto controllo medico, è consigliato per trattare i disturbi circolatori, la fragilità capillare, le insufficienze venose e dare sollievo alle gambe pesanti, migliorando il drenaggio linfatico.
Oltre a patire l'inquinamento, la vita dell'ippocastano è messa a dura prova da due agenti: un lepidottero, la Cameraria ohridella, che indebolisce la pianta scavando dei cunicoli interni alle lamine fogliari, ed un fungo, la Guignardia aesculi, che provoca il precoce disseccamento delle foglie e la loro successiva caduta.
Castagne d'India (Free-Photos - Pixabay).
Una castagna in tasca e niente raffreddore?
Secondo la tradizione le castagne d’India gettate nel fuoco portano fortuna e fertilità, ma in realtà l’unico effetto certo è uno scoppio molto rumoroso. Di qui prendono il nome le “castagnole”, assordanti botti pirotecnici.
Si dice inoltre che una castagna d’india in tasca tenga lontani i malanni, in particolare il raffreddore. Molti bambini hanno giocato nei giardini pubblici e delle scuole con questi frutti, e li hanno conservati a lungo nelle tasche del cappotto. E anche se, ovviamente, non vi è alcun beneficio scientifico ricollegabile a questa abitudine, in questo modo si può carezzare una superficie liscia e molto lucida, piacevole al tatto. Magari non fa bene, ma non fa nemmeno male.
Castagne d'India e ricci (Alicja - Pixabay).